Una Cappella all'interno della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maddalena a Bordighera (IM) |
Un tempo con la definizione di CAPPELLA [sostiene nel suo volume al capitolo XI il Dulphus]
si era soliti nominare una CHIESA MINORE di quelle per la precisione
che nel corso di spedizioni, viaggi e quindi realizzazione di
accampamenti di tende erano fatte col tetto di pelli di capre ed in cui
si celebravano le Messe: per essere più precisi era detto in verità
tugurio il tetto realizzato con pelli caprine e di lì quelle particolari
strutture religiose presero la nominazione di Capelle. Per conseguenza i
loro amministratori sono tuttora detti Cusstodi e Ministri Cappellani (glossa
c concedimus de consecrat. distinctione I $ ibi Turrecremata n.4 &
melius in cap. Ecclesia ead. distinctione I n.10, Paulus de Cittadinis
in tract. de Iure patronat. in r, parte n. 43).
Secondo altre etimologie col termine CAPPELLA si vorrebbe indicare Cappella questa Chiesa perché contiene il Laos che al modo dei Greci indica il popolo, od ancora per il fatto che è destinata a capere cioè contenere le lodi a Dio od ancora, secondo altra versione, la si dovrebbe chiamare più pertinentemente CAPANNA per il fatto che può contenere solo poche persone e su tale ipotesi si legge in d. c. concedimus stando a quanto afferma Archidiaconus n.2.
Secondo molti il termine deriva dal fatto che col termine CAPPELLA si indica un luogo di proprietà privata eretto entro una CHIESA, luogo che deve essere consacrato a Dio e che dipense come elemento accessorio dalla stessa fabbrica religiosa che lo ospita: quando la Chiesa si arricchisce di tale struttura o per edificazione o per donazione a siffatta CAPPELLA spetta il diritto di GIUSPATRONATO [Per GIUSPATRONATO (regionalistico GIUSPADRONATO) si intende nel Diritto canonico l'insieme dei diritti e dei doveri che competono ad una famiglia che a proprie spese abbia eretto una chiesa o fondato un'opera pia o un beneficio ecclesiastico: si tratta di una voce semidotta -come scrive il Battaglia- composta dal latino giuridico JUS PATRONATUS] lla maniera che scrivono gli interpreti del diritto canonico: Paulus de Cittadinis de Iure Patronatus 3, parte nu. 43, Borell. in controvers. 25, n. 2, Lambertinus de iure patronat. lib I, 6 art. 11 quaest. quaest. princi. 1 par. n.2.
Data tale condizione una CAPPELLA può essere edificata pure in un'abitazione privata come sostiene Innoc. in c. ex litteris, extra de Iure patronatus: è tuttavia necessaria l'autorità del vescovo come sostiene Lambertinus praedicto loco.
Nel caso che una CAPPELLA sia stata edificata per saldare una qualche forma di debito non potrà giammai esser venduta dai suoi edificatori e/ o dai rispettivi eredi secondo l'interpretazione di Bart. in l. Aufidius, ff. de previl. credit.
Ai giorni odierni sono dette CAPPELLE queste strutture architettoniche che si riscontrano all'interno delle Chiese e vengono concesse dai Religiosi e sono definite parti della Chiesa (così dopo Rotam Bertachin. in repert. in verb. Ecclesia): in svariate circostanze esse vengono utilizzate come un luogo sacro in cui effettuare una sepoltura al modo che sostengono tanti autori: Petrus de Ubaldus de Canonica Episcop. & parochiali in cap. decimo Canonicae Parochialis, n.5, Medices in tract. de sepulturis p.1, quaest. 18, nu. 2, Angel. Calvas. in verbo sepultura nu. 41, vers. Utrum illi qui habent Capellas, Armil. in verbo sepultura nu. 24 e finalmente Grilezonius cons. 154 nu. 13.
In tempi successivi i Religiosi non avranno alcuna facoltà di sopprimere tali cappelle e di stornare la loro dunzione quale luogo di sepoltura visto che questa nostra prerogativa in alcun modo ci può esser tolta senza nostra autorizzazione (l. id quod nostrum ff. de reg. Iur. atque Petrus de Ubaldus d.c. 10, nu. 4, Medic. in d. p. I quaest. 9, num 4, Paul. Layman. in Morali Theolog. in verbo sepultura vers. si quispiam pag. 782, Calvas. et Armilla locis supra citatis).
Ciò ha vigore anche maggiore nell'evenienza che nelle Cappelle loro concesse dei laici abbiano fatto un sepolcro per sè e per i loro di casa: la loro Insegna od il loro stemma di famiglia giammai potranno vinir erasi, Bart. in l. qui liberalitate ff. de oper. publ. precisando in merito a tale argomento che bisogna registrare che i Frati o i Religiosi non possono attribuire altra nominazione alla cappella di alcun defunto. Cepol. in tit. de servit. urb. praediorum cap. 71, n. 10, Lambert. in d. tract. de iure patron. lib.3, 4 art., quintae quaestionis princip. in fine dove così risulta scritto: 'troppe volte ho visto e ne sono rimasto impressionato che i resti dei fondatori di qualche Cappella vengono esumati e dispersi senza alcun rito e nella mancanza di ogni diritto. Questo autore sostiene quindi che coloro i quali compiono tali azioni incorrono in quel tipo di censure in cui cadono tutti coloro che esumano illecitamente le ossa dei defunti dai sepolcri di lloro pertinenza.
Una volta poi che il Testatore avesse ordinato di erigere una Cappella si deve presumere che allude che tale onere debba essere sostenuto dai suoi eredi, al modo che interpretano Alex. post alios in l. com servis nu. 4, ff. de verb. oblig., Mantica de tacitis et ambiguis lib. 12, tit. 16, nu, 3.
Si riscontra altresì in decis. 598 p. I, divers. num. 6 che è cosa di estrema giustezza che le insegne e/o gli stemmi dei primigeni fondatori non vengano mai tolti da una cappella, come di comune accordo approvò dopo Anehar., Medices in d. tract. de sepulturis p. I, quaest, 16, nu. 38 sin alla fine del testo, laddove si afferma parere avverso contro quanti ritengono che si possano rimuovere le insegne dei Nobili per concedere il sito religioso ai non Nobili.
Per ultimo si può ancora menzionare Giovagn. cons. 8, lib.2, nu.22 nel punto in cui dice che tale operazione è severamente proibita agli stessi Rettori di tutte le chiese.
Nel caso dunque che ai membri di un casato sia stato concesso di avere le loro Insegne o stemmi dipinti nella cappella di una chiesa o di una cappella, la rimozione di siffatti ornamenti deve essere considerata alla stregua di un'ingiuria. Tutto questo si legge in una vasta letteratura: Roman. sing. 480, Menoch. in tract. de praesumpt. praesumpt. 59, n.2, lib.2, Barbos. de officio atque potest. Parochi cap. 26, num. 15, Lavor. de prisco atque recenti funerandi more tit.2 cap. 18, nu.19 che, in dettaglio, afferma che non solo tali insegne debbono rimanere onde permettere attraverso i secoli il riconoscimento della famiglia e per commemorarne i meriti ma anche allo scopo che quando amici e consanguinei vadano a visitare tale cappella presso Dio possano giustamente elevare le loro preghiere tenendo ben saldo il nome del casato e i suoi connessi diritti. E si vedano, per le identiche conclusioni sull'argomento, anche Menoch. de recuper. possess. remed. 15, nu. 48, quaest. 7 in fine, Gratian. in discept. c. 210, nu 32, 44, 49 e 49.
Approvano il concetto di dominio autori come Butr. cons. 6, nu. 13, Cassan de gloria Mundi p. I, quaest. 55, Seraphin. decis. 652, nu.2 inoltre affermano che in forza dell'Araldica e delle Insegne di famiglia sussista per i fondatori primigeni il diritto di tramandare il proprio ricordo fra le genti altri scrittori ancora come Molina post plures de primogen. lib. 2, cap. 14, num, 5, Fusar. cons. 175, nu. 10, Rpta penes Mart. And. decis. 5, nu. 11.
Dunque, nella circostanza che una CAPPELLA sia stata concessa quale sito di sepoltura entro una chiesa, resta lecito a chi ha ricevuto in godimento tale concessione di realizzarvi una sepoltura decorosa ornata anche con statue e immagini onorifiche anche nell'evenienza che nell'atto di concessione ciò non sia stato specificatamente espresso, alla maniera che sostengono vari interpreti tra cui Odofr. & Castr. in l. statuas, C. de relig. & sumpt, fun..
Tutto ciò può esser fatto per meoria di siffatto o siffatti benefattori come ancora si annota in l. I § sed & si servus, ff. de ventr. insp. Io. de Anania cons. 86, nu.2.
Sulla questione il Bolognin. in addition. nu. 3 aggiunge che tutto quanto deve essere perseguito tenuto conto dell'aspetto dell'architettura dei Templi eretti a Dio: Rustic. in tract. an & quando liberi in condit. positi sint cocati lib. 2, cap. 6, nu. 2.
Ancora più recentemente si è espresso sulla questione Baptista Charlinus in contr. forensibus cap. 37, nu. 17: e peraltro dalle antiche iscrizioni si può dedurre il suddetto diritto di giuspatronato alla maniera che viene ripresa in altri volumi di diritto canonico come glos. in c. cum causam, de probat. cap. ad audientiam de praescript. Lambert de Iure patr. lib. 2, p. 2, quaest. 10, ar. 9, Medic. d. quaest. 16, nu. 28, Mart. And. d. decis. 5, nu. 11.
Di conseguenza non risulterà giammai consentito al Rettore della chiesa od a chiunque altro alterare il prospetto della Cappella gentilizia o togliere da essa quelle insegne araldiche che rammentano attraverso il tempo la memoria dei defunti e quindi dei suoi edificatori: così almeno scrive Genuens. in praxi Archiepiscopali cap. 109, nu. 2 & 3.
Nelle Stature, negli Epitaffi possiamo constatare che restano documentate le dignità, le onoranze, le eccellenti gesta e le importanti imprese dei defunti, così ci ricorda Frac. Porcachus de funeralibus antiquis cap.7: in tale opera sono registati molti antichi epitaffi.
Presso Ezechiele cap. 26, n. 11 si legge che 'Le tue nobili statue sono disposte in varie parti della terra conosciuta. Cicerone all'inizio della seconda Orazione sulla Legge agraria, che riporta Tiraq. de nobilt. cap. 6, nu. 15, rammenta che non a tutti presso i Romani spettava il diritto di essere punbblicamente effigiati e ricordati tramite statue e dipinti ma soltanto a quelli che avessero meritato di ricoprire qualche magistratura.
Tiraquel nel luogo prima citato della sua opera così scrive e ciò sembra da iontendersi secondo i dettami del tex. in l. si staua, ff. de iniuria & famosis libellis e lì in particolare tenendo conto della glos. & DD: & in l. Iniuriarum la prima, § si quis in honoribus ff. eod..
Stando a queste menzionate fonti era lecito muovere causa per ingiuria contro chi asportasse dai sepolcri siffatti ornamenti commemorativi.
Per quanto una CAPPELLA non fosse dotata di un altare, per tutelarne i sacri diritti ed oneri sarebbe solo bastante che di altare risultasse fornita la chiesa ospitante come si evince da Io de Anan. cons. 24 e nelle stesso luogo Bologn. nu. 7, Roch. de Curte de Iure patr. in verbo construxit, nu. 11: queste fonti narrano che ha vigore la regola -a proposito di dette Cappelle e di siffatti altari- che aveva vigore al tempo della fondazione ad opera dei Patroni o comunque dall'epoca della costruzione od ancora della dotazione, quando non richiedano dotazione alcuna e possano essere realizzati senza alcuna dote: come scrive Lambert. de Iure patronatus, lib. I, 3 principali quaest. primae partis nu. 5.
I monaci al pari degli altri religiosi non hanno facoltà alcuna di impedire che in una qualche chiesa vengano riposti o ridipinti non solo il Santo Crocifisso ma anche qualsiasi altra venerabile pittura che concerna l'ornamento e non l'alterazione estetica della chiesa medesima: come bene precisa Cepol. de servit. urban. praed. cap. 71, nu. 6
Secondo altre etimologie col termine CAPPELLA si vorrebbe indicare Cappella questa Chiesa perché contiene il Laos che al modo dei Greci indica il popolo, od ancora per il fatto che è destinata a capere cioè contenere le lodi a Dio od ancora, secondo altra versione, la si dovrebbe chiamare più pertinentemente CAPANNA per il fatto che può contenere solo poche persone e su tale ipotesi si legge in d. c. concedimus stando a quanto afferma Archidiaconus n.2.
Secondo molti il termine deriva dal fatto che col termine CAPPELLA si indica un luogo di proprietà privata eretto entro una CHIESA, luogo che deve essere consacrato a Dio e che dipense come elemento accessorio dalla stessa fabbrica religiosa che lo ospita: quando la Chiesa si arricchisce di tale struttura o per edificazione o per donazione a siffatta CAPPELLA spetta il diritto di GIUSPATRONATO [Per GIUSPATRONATO (regionalistico GIUSPADRONATO) si intende nel Diritto canonico l'insieme dei diritti e dei doveri che competono ad una famiglia che a proprie spese abbia eretto una chiesa o fondato un'opera pia o un beneficio ecclesiastico: si tratta di una voce semidotta -come scrive il Battaglia- composta dal latino giuridico JUS PATRONATUS] lla maniera che scrivono gli interpreti del diritto canonico: Paulus de Cittadinis de Iure Patronatus 3, parte nu. 43, Borell. in controvers. 25, n. 2, Lambertinus de iure patronat. lib I, 6 art. 11 quaest. quaest. princi. 1 par. n.2.
Data tale condizione una CAPPELLA può essere edificata pure in un'abitazione privata come sostiene Innoc. in c. ex litteris, extra de Iure patronatus: è tuttavia necessaria l'autorità del vescovo come sostiene Lambertinus praedicto loco.
Nel caso che una CAPPELLA sia stata edificata per saldare una qualche forma di debito non potrà giammai esser venduta dai suoi edificatori e/ o dai rispettivi eredi secondo l'interpretazione di Bart. in l. Aufidius, ff. de previl. credit.
Ai giorni odierni sono dette CAPPELLE queste strutture architettoniche che si riscontrano all'interno delle Chiese e vengono concesse dai Religiosi e sono definite parti della Chiesa (così dopo Rotam Bertachin. in repert. in verb. Ecclesia): in svariate circostanze esse vengono utilizzate come un luogo sacro in cui effettuare una sepoltura al modo che sostengono tanti autori: Petrus de Ubaldus de Canonica Episcop. & parochiali in cap. decimo Canonicae Parochialis, n.5, Medices in tract. de sepulturis p.1, quaest. 18, nu. 2, Angel. Calvas. in verbo sepultura nu. 41, vers. Utrum illi qui habent Capellas, Armil. in verbo sepultura nu. 24 e finalmente Grilezonius cons. 154 nu. 13.
In tempi successivi i Religiosi non avranno alcuna facoltà di sopprimere tali cappelle e di stornare la loro dunzione quale luogo di sepoltura visto che questa nostra prerogativa in alcun modo ci può esser tolta senza nostra autorizzazione (l. id quod nostrum ff. de reg. Iur. atque Petrus de Ubaldus d.c. 10, nu. 4, Medic. in d. p. I quaest. 9, num 4, Paul. Layman. in Morali Theolog. in verbo sepultura vers. si quispiam pag. 782, Calvas. et Armilla locis supra citatis).
Ciò ha vigore anche maggiore nell'evenienza che nelle Cappelle loro concesse dei laici abbiano fatto un sepolcro per sè e per i loro di casa: la loro Insegna od il loro stemma di famiglia giammai potranno vinir erasi, Bart. in l. qui liberalitate ff. de oper. publ. precisando in merito a tale argomento che bisogna registrare che i Frati o i Religiosi non possono attribuire altra nominazione alla cappella di alcun defunto. Cepol. in tit. de servit. urb. praediorum cap. 71, n. 10, Lambert. in d. tract. de iure patron. lib.3, 4 art., quintae quaestionis princip. in fine dove così risulta scritto: 'troppe volte ho visto e ne sono rimasto impressionato che i resti dei fondatori di qualche Cappella vengono esumati e dispersi senza alcun rito e nella mancanza di ogni diritto. Questo autore sostiene quindi che coloro i quali compiono tali azioni incorrono in quel tipo di censure in cui cadono tutti coloro che esumano illecitamente le ossa dei defunti dai sepolcri di lloro pertinenza.
Una volta poi che il Testatore avesse ordinato di erigere una Cappella si deve presumere che allude che tale onere debba essere sostenuto dai suoi eredi, al modo che interpretano Alex. post alios in l. com servis nu. 4, ff. de verb. oblig., Mantica de tacitis et ambiguis lib. 12, tit. 16, nu, 3.
Si riscontra altresì in decis. 598 p. I, divers. num. 6 che è cosa di estrema giustezza che le insegne e/o gli stemmi dei primigeni fondatori non vengano mai tolti da una cappella, come di comune accordo approvò dopo Anehar., Medices in d. tract. de sepulturis p. I, quaest, 16, nu. 38 sin alla fine del testo, laddove si afferma parere avverso contro quanti ritengono che si possano rimuovere le insegne dei Nobili per concedere il sito religioso ai non Nobili.
Per ultimo si può ancora menzionare Giovagn. cons. 8, lib.2, nu.22 nel punto in cui dice che tale operazione è severamente proibita agli stessi Rettori di tutte le chiese.
Nel caso dunque che ai membri di un casato sia stato concesso di avere le loro Insegne o stemmi dipinti nella cappella di una chiesa o di una cappella, la rimozione di siffatti ornamenti deve essere considerata alla stregua di un'ingiuria. Tutto questo si legge in una vasta letteratura: Roman. sing. 480, Menoch. in tract. de praesumpt. praesumpt. 59, n.2, lib.2, Barbos. de officio atque potest. Parochi cap. 26, num. 15, Lavor. de prisco atque recenti funerandi more tit.2 cap. 18, nu.19 che, in dettaglio, afferma che non solo tali insegne debbono rimanere onde permettere attraverso i secoli il riconoscimento della famiglia e per commemorarne i meriti ma anche allo scopo che quando amici e consanguinei vadano a visitare tale cappella presso Dio possano giustamente elevare le loro preghiere tenendo ben saldo il nome del casato e i suoi connessi diritti. E si vedano, per le identiche conclusioni sull'argomento, anche Menoch. de recuper. possess. remed. 15, nu. 48, quaest. 7 in fine, Gratian. in discept. c. 210, nu 32, 44, 49 e 49.
Approvano il concetto di dominio autori come Butr. cons. 6, nu. 13, Cassan de gloria Mundi p. I, quaest. 55, Seraphin. decis. 652, nu.2 inoltre affermano che in forza dell'Araldica e delle Insegne di famiglia sussista per i fondatori primigeni il diritto di tramandare il proprio ricordo fra le genti altri scrittori ancora come Molina post plures de primogen. lib. 2, cap. 14, num, 5, Fusar. cons. 175, nu. 10, Rpta penes Mart. And. decis. 5, nu. 11.
Dunque, nella circostanza che una CAPPELLA sia stata concessa quale sito di sepoltura entro una chiesa, resta lecito a chi ha ricevuto in godimento tale concessione di realizzarvi una sepoltura decorosa ornata anche con statue e immagini onorifiche anche nell'evenienza che nell'atto di concessione ciò non sia stato specificatamente espresso, alla maniera che sostengono vari interpreti tra cui Odofr. & Castr. in l. statuas, C. de relig. & sumpt, fun..
Tutto ciò può esser fatto per meoria di siffatto o siffatti benefattori come ancora si annota in l. I § sed & si servus, ff. de ventr. insp. Io. de Anania cons. 86, nu.2.
Sulla questione il Bolognin. in addition. nu. 3 aggiunge che tutto quanto deve essere perseguito tenuto conto dell'aspetto dell'architettura dei Templi eretti a Dio: Rustic. in tract. an & quando liberi in condit. positi sint cocati lib. 2, cap. 6, nu. 2.
Ancora più recentemente si è espresso sulla questione Baptista Charlinus in contr. forensibus cap. 37, nu. 17: e peraltro dalle antiche iscrizioni si può dedurre il suddetto diritto di giuspatronato alla maniera che viene ripresa in altri volumi di diritto canonico come glos. in c. cum causam, de probat. cap. ad audientiam de praescript. Lambert de Iure patr. lib. 2, p. 2, quaest. 10, ar. 9, Medic. d. quaest. 16, nu. 28, Mart. And. d. decis. 5, nu. 11.
Di conseguenza non risulterà giammai consentito al Rettore della chiesa od a chiunque altro alterare il prospetto della Cappella gentilizia o togliere da essa quelle insegne araldiche che rammentano attraverso il tempo la memoria dei defunti e quindi dei suoi edificatori: così almeno scrive Genuens. in praxi Archiepiscopali cap. 109, nu. 2 & 3.
Nelle Stature, negli Epitaffi possiamo constatare che restano documentate le dignità, le onoranze, le eccellenti gesta e le importanti imprese dei defunti, così ci ricorda Frac. Porcachus de funeralibus antiquis cap.7: in tale opera sono registati molti antichi epitaffi.
Presso Ezechiele cap. 26, n. 11 si legge che 'Le tue nobili statue sono disposte in varie parti della terra conosciuta. Cicerone all'inizio della seconda Orazione sulla Legge agraria, che riporta Tiraq. de nobilt. cap. 6, nu. 15, rammenta che non a tutti presso i Romani spettava il diritto di essere punbblicamente effigiati e ricordati tramite statue e dipinti ma soltanto a quelli che avessero meritato di ricoprire qualche magistratura.
Tiraquel nel luogo prima citato della sua opera così scrive e ciò sembra da iontendersi secondo i dettami del tex. in l. si staua, ff. de iniuria & famosis libellis e lì in particolare tenendo conto della glos. & DD: & in l. Iniuriarum la prima, § si quis in honoribus ff. eod..
Stando a queste menzionate fonti era lecito muovere causa per ingiuria contro chi asportasse dai sepolcri siffatti ornamenti commemorativi.
Per quanto una CAPPELLA non fosse dotata di un altare, per tutelarne i sacri diritti ed oneri sarebbe solo bastante che di altare risultasse fornita la chiesa ospitante come si evince da Io de Anan. cons. 24 e nelle stesso luogo Bologn. nu. 7, Roch. de Curte de Iure patr. in verbo construxit, nu. 11: queste fonti narrano che ha vigore la regola -a proposito di dette Cappelle e di siffatti altari- che aveva vigore al tempo della fondazione ad opera dei Patroni o comunque dall'epoca della costruzione od ancora della dotazione, quando non richiedano dotazione alcuna e possano essere realizzati senza alcuna dote: come scrive Lambert. de Iure patronatus, lib. I, 3 principali quaest. primae partis nu. 5.
I monaci al pari degli altri religiosi non hanno facoltà alcuna di impedire che in una qualche chiesa vengano riposti o ridipinti non solo il Santo Crocifisso ma anche qualsiasi altra venerabile pittura che concerna l'ornamento e non l'alterazione estetica della chiesa medesima: come bene precisa Cepol. de servit. urban. praed. cap. 71, nu. 6