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mercoledì 24 ottobre 2018

1856: progetto di ferrovia da Savona a Fossano

 

    

"Estratto della Gazzetta Piemontese" del 25 luglio 1856, n. 181 contenente l'Appendice alla Relazione letta al Consiglio delle Strade ferrate il 12 giugno 1856 intorno al progetto della strada ferrata da Savona a Fossano: il documento è importante in quanto vi è motivata con dettagli di particolari la scelta di realizzare un TRONCO FERROVIARIO MARE-MONTI che congiungesse TORINO-SAVONA e non TORINO-ONEGLIA (PORTO MAURIZIO) come da parecchi caldeggiato. La scelta fu notevole per la storia della viabilità del Ponente Ligure, che solo molto tempo dopo, e sempre perigliosamente, avrebbe avuta una sua linea ferrata, passando per Tenda, verso il cuore del Piemonte: conseguenza ciò, senza dubbio, di interferenze negative sull'evoluzione industriale (con penalizzazioni pure di tipo commerciale-mercantile) delle CITTA' PONENTINE a fronte di SAVONA, indubbiamente privilegiata da questa pur ponderata scelta del Governo Sabaudo

da Cultura-Barocca

sabato 20 ottobre 2018

I Longobardi

Le principali tappe della migrazione dei Longobardi - Fonte: Wikipedia
Fibula longobarda, 600 circa - Fonte: Wikipedia
I LONGOBARDI  erano una popolazione germanica forse proveniente dall'area inferiore dell'Elba: esiste un breve testo del VII secolo che tratta dell'ORIGO (ORIGINE) di queste genti e che qui viene proposto nell'originale.
Il nome alludeva probabilmente alle lunghe barbe. Forse sotto la spinta d'altri invasori nel II sec. questo popolo prese a premere sempre più sui confini della Pannonia.
In questa regione, ai tempi del re Audoino, il cui figlio ALBOINO sconfisse i Gepidi, guidò i Longobardi alla conquista dell'Italia (peraltro provata da un'epidemia che non aveva affatto risparmiata la Liguria come scrisse Paolo Diacono in H.L., II,4) ma forse anche per sottrarsi all'incalzare degli Avari.
Figure di sante in stucco nel Tempietto longobardo di Cividale del Friuli, VIII secolo. Il Tempietto costituisce una delle meglio conservate testimonianze del fiorire artistico proprio della Rinascenza liutprandea - Fonte: Wikipedia
L'invasione dell'Italia iniziò nel 568 portando alla presa di Forum Iulii (Cividale del Friuli) ed alla seguente conquista dell'Italia settentrionale, della Toscana (Tuscia), dei ducati di Spoleto e Benevento: ma, come sempre si apprende da Paolo Diacono, ALBOINO non riuscì a sottrarre ai Bizantini né l'Esarcato né la Pentapoli né la LIGURIA COSTIERA.
Il territorio conquistato fu diviso in ducati e Pavia fu fatta capitale.
L'invasione longobarda, avvenuta a differenza di quella ostrogota, contro l'Impero d'Oriente ebbe pesanti ripercussioni sulla popolazione italica assoggettata a costumanze germaniche (anche per gli effetti dell'applicazione di LEGGI BARBARICHE) e privata degli apparati superstiti del sistema amministrativo tardo romano.
Ad Alboino nel 572 succedette Clefi poi ucciso con una congiura nel 574. Da questo periodo, per 10 anni, i duchi longobardi non elessero più un Sovrano e scelsero la via d'una autonomia che spesso si tramutò in anarchia. Furono questi gli anni più pesanti per gli Italici, per quanto si può ricavare dalla lettura della Storia dei Longobardi di PAOLO DIACONO.
Poi nel 584 venne fatto re Autari, figlio di Clefi, che organizzò una sorta di tesoro della corona esigendo dai duchi metà delle terre loro assegnate preponendovi come governatori dei gastaldi da lui stesso nominati. Per gli Italici, questa forma di governo, fu un vantaggio in quanto la stabilizzazione del potere condusse ad una graduale cessazione degli abusi e ad un lento accostarsi della popolazione "romana" a quella "germanica".
La Corona Ferrea - Fonte: Wikipedia
Alla morte di Autari la vedova Teodolinda, cattolica e figlia del duca di Baviera Garibaldo, sposò AGILULFO che, divenuto re, continuò le gesta del predecessore con nuove conquiste nel Veneto ed un'ulteriore accentrazione del potere. 

Croce di Agilulfo (inizio VII secolo): Monza, Museo e tesoro del Duomo - Fonte: Wikipedia
Agilulfo non abbandonò la religione dei padri ma permise che un figlio fosse battezzato con rito cattolico e che grazie all'opera di Teodolinda, assistita da Papa Gregorio I Magno, procedesse una graduale conversione del popolo dall' arianesimo al cattolicesimo. 

Il processo di integrazione fra Longobardi ed Italici continuò nonostante l'opposizione di alcuni duchi ed una prova ne è costituita dall'EDITTO (643) del re Rotari che fu scritto in latino ed impostato sui fondamenti del diritto romano-giustinianeo.
Il re ROTARI (636-'52) fu colui che estese la dominazione sin alle coste liguri e ai territori del Veneto ancora in mano a Bisanzio, che era in estrema difficoltà per dover fronteggiare altre invasioni ai suoi vasti confini settentrionali: ed in ciò la fonte basilare resta ancora Paolo Diacono che ne descrisse l'impresa nel LIBRO IV della sua H. L. (sempre dalla stessa fonte e dallo stesso libro apprendiamo poi della menzionata e importante opera legislativa e giuridica, appunto l'EDITTO DI ROTARI, palesemente volta alla ricerca di una conciliazione superiore fra leggi romane e diritto dei barbari). 

L'opera dei BENEDETTINI portò quindi ad un ulteriore avvicinamento tra Longobardi e Italici.

L'espansionismo militare di LIUTPRANDO in forza di una serie di fortunate campagne militari e di ripetuti successi respinse i greci dell'Esarcato entro uno spazio estremamente ristretto cui, all'importante base di Ravenna, non restava che il centro di Faenza (così nel 744, alla morte di Liutprando la dominazione greca in Italia poteva dirsi pressoché soppressa).
L'incivilimento della popolazione germanica e il forte accostamento alla chiesa romana è confermato altresì dal fatto che quando LEONE III L'ISAURICO, imperatore di Bisanzio bandì la guerra iconoclasta, il re longobardo LIUTPRANDO (712-'44) si propose come difensore del Pontefice romano.
Tremisse aureo di Liutprando: al dritto (sinistra) il busto del re; al rovescio (destra), l'arcangelo Michele - Fonte: Wikipedia
Liutprando, anche per cautelarsi con nuove basi militari, dai preoccupanti avanzamenti dei Saraceni, si spinse allora, come si legge in VI, 48-450 della H.L. di Paolo Diacono, ... fin al confine gallico approfittando del momentaneo impegno dei FRANCHI sul fronte spagnolo.

... inoltre avvicinandosi minaccioso a Ravenna ed a Roma: il Pontefice temendo che, dall'impresa vittoriosa, potesse perdere la propria autonomia a scapito di un re padrone dell'Italia intera spinse gli autonomisti duchi di Spoleto e Benevento a ribellarsi al loro Sovrano: per evitare un conflitto entrò in atto la diplomazia che portò alla donazione al papa del castello di Sutri che daterebbe l'inizio del potere temporale dei Pontefici. 

Umbone longobardo proveniente da Fornovo San Giovanni (Bergamo), Museo civico archeologico - Fonte: Wikipedia
La politica espansionistica di LIUTPRANDO tuttavia non si fermò ed il papato continuò a temere per la propria autonomia invocando spesso l'intervento dei FRANCHI per un po' impediti ad intervenire in massa nella penisola italiana, avendo dovuto concentrare a occidente le loro armate per fermare l'invasione araba dalla Spagna. 

Superato questo pericolo Pipino il Breve, re dei Franchi compì una prima ed una seconda spedizone contro i Longobardi (che rimandano ad simili esperienze militari più antiche di circa 2 secoli) in Italia su invito di papa Stefano II e costrinse ASTOLFO (m. 756), re longobardo, che aveva occupato l'Esarcato ed era giunto fin sotto le difese di Roma, a riconsegnare al papa i territori strappatigli (Promissio Carisiaca del 754): di molte di queste note si è debitori a FREDEGARIO, (FREDEGARII SCHOLASTICI CHRONICUM CUM SUIS CONTINUATORIBUS, SIVE APPENDIX AD SANCTI GREGORII EPISCOPI TURONENSIS HISTORIAM FRANCORUM, CXXI).
 
Il re DESIDERIO che succedette ad Astolfo tentò di indebolire il papato con una trama di accordi matrimoniali fra le dinastie dei Franchi e dei Longobardi e favorendo ora questa ora quella tra le fazioni di patrizi che si contendevano il controllo di Roma. Morto però il fratello Carlomanno (771), tuttavia Carlo Magno ripudiò la moglie Ermengarda, figlia di desiderio, e riprese la politica filopapale del padre Pipino il Breve. 

Al contrario, tentando di prevenire gli accordi tra il Papato ed il forte regno transalpino, Desiderio invase ancora i territori del soppresso Esarcato e prese a marciare su Roma. A capo d'un formidabile esercito che valicò le Alpi tenendo base al cenobio di Novalesa donde poi mosse, in un'impresa meno facile del previsto, per sbaragliare i Longobardi, peraltro disuniti da defezioni e tradimenti, alle Chiuse sella Dora: la capitale Pavia, dopo un assedio, si consegnò nel 774. 

Carlo Magno assunse allora il titolo di rex Francorum et Langobardorum: ai Longobardi vinti fu concesso di conservare le antiche usanze e le proprie leggi ma presto si assimilarono pacificamente alla popolazione italica ed alle sue usanze (solo il ducato di Benevento ebbe scampo dalla conquista franca).

da Cultura-Barocca

giovedì 11 ottobre 2018

Sui Papi in Avignone







da: PIER DELLE VILLE, "MATHEO DE VITERBO PICTOR PAPE" - ED. GRIBAUDO, CAVALLERMAGGIORE, 1995

in  Cultura-Barocca

giovedì 4 ottobre 2018

Qualcosa sul Piemonte del Theatrum Sabaudiae

Da Theatrum Statuum Sabaudiae, Amsterdam, 1682, in B. Durante-R. Capaccio "Marciando per le Alpi..." , Cavallermaggiore [Gribaudo-Paravia], 1993


Da Theatrum Statuum Sabaudiae, Amsterdam, 1682, in B. Durante-R. Capaccio "Marciando per le Alpi..." , Cavallermaggiore [Gribaudo-Paravia], 1993
Demonte

Da Theatrum Statuum Sabaudiae, Amsterdam, 1682, in B. Durante-R. Capaccio "Marciando per le Alpi..." , Cavallermaggiore [Gribaudo-Paravia], 1993
Cuneo

da Cultura-Barocca


lunedì 1 ottobre 2018

Ludovico Antonio Muratori

Fonte: Wikipedia


Ludovico Antonio Muratori nacque a Vignola nel 1672.
Di famiglia modesta, si laureò in filosofia e diritto canonico.
Sotto la guida di Benedetto Bacchini, studiò la storia ecclesiastica venendo a contatto con la tradizione bollandista e maurina.
Nel 1695 si trasferì a Milano come prefetto della Biblioteca Ambrosiana; nello stesso anno fu ordinato sacerdote.
Nel 1700 tornò a Modena (dove morirà, nel 1750), nominato da Rinaldo I Este bibliotecario e archivista di corte.
 
Fonte: Wikipedia

Nel 1708-1720 intervenne più volte in difesa degli Estensi in contrasto con la Santa Sede a proposito di Comacchio ("Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio", 1712; "Ragioni della Serenissima Casa d'Este", 1714).
Fu allora che cominciò a approfondire i suoi interessi di storico ("Delle antichità estensi", I parte 1717, II parte 1740).
Erudito di straordinaria capacità e tenacia, volse i suoi studi al medioevo che era stato fino a quel momento poco studiato e ritenuto indegno di attenzione.
Ricercò e adunò da solo le fonti della storia d'Italia a partire dal 500 fino al 1500, e le pubblicò nella monumentale raccolta "Scrittori di cose italiche" ("Rerum italicarum scriptores", 1723-1751) in 25 volumi.
 
La fiaccola della Verità, dall'opera Antiquitates Italicae Medii Aevi - Fonte: Wikiedia
A commento di questo materiale redasse le sue maggiori opere storiche: "Antichità italiche del medioevo" ("Antiquitates italicae medii aevi", 1743) sulle istituzioni e i costumi di quell'epoca, "Nuovo tesoro di antiche iscrizioni" ("Novus thesaurus veterum inscriptionum", 1738-1742), e in italiano gli "Annali d'Italia" (1744-1749) in 12 volumi, in cui ordinò e espose annalisticamente, con amore per la chiarezza e passione per la verità, la materia storica degli "Scrittori".
Fonte: Wikipedia
 
 Ludovico Antonio Muratori nel suo trattatello Del governo della peste (Modena, per i tipi del Soliani, 1714) [in cui affronta temi fondamentali per la lotta contro la PESTE (VEDANSI STAMPE ANTICHE) - ma presto sarebbe stata surrogata dal COLERA - quali i possibili RIMEDI, la terribile questione degli UNTORI, l'uso di AMULETI protettivi, il comportamento che debbano tenere i RELIGIOSI e soprattutto i PRELATI] al capitolo ESPORRE LA VITA PER GLI APPESTATI scrisse riprendendo certe considerazioni di Teofilo Rinaldo (Rainaldo) di Sospel:
"Ma il più eccellente atto di carità che possa farsi in tempo di peste verso il prossimo, e per conseguenza verso Dio, da cui vien ricevuta come fatta a sè ogni opera di misericordia che esercitiamo verso il prossimo nostro, purché accompagnata da essa carità e dall'intenzione di piacere allo stesso Dio, si è l'esporre la propria vita in soccorso degli appestati, e spezialmente nei lazzeretti, o per medicargli, governargli e cibargli, o per aiutar l'anime loro alla pazienza, ovvero al passaggio dell'eternità coi sacramenti e con altri mezzi della pietà e carità cristiana. Certo che di un sommo merito presso Dio si è ancora l'attendere con indefesso studio alla preservazione dei sani e del povero popolo e il sovvenir loro con aiuti temporali o spirituali; e massimamente perché ciò non può farsi d'ordinario senza esporsi a molti rischi di lasciarvi un giorno o l'altro la vita. Ma il vedere allora persone non solamente ecclesiastiche, ma ancora secolari, che volontariamente, e senza obbligo, rinunziano a tutte le speranze della vita terrena e, lasciata al Signore la cura della lor sorte, corrono piene d'allegrezza e di coraggio, e accese del fuoco celeste della carità, al governo e soccorso o temporale o spirituale degl'infetti: questo è uno spettacolo degno degli occhi del paradiso e che supera tutti gli altri, e che non si può abbastanza lodare da noi, ma si saprà ben premiare infinitamente ed eternamente da Dio.
Quando anche la morte accada in così eroico e santo ministero
[scrive Ludovico Antonio Muratori], il morire, quantunque non sia propriamente un martirio, pure è una similitudine o spezie di martirio, siccome il p. Teofilo Rinaldo mostra in un suo trattato. E S. Bernardino coll'autorità delle scritture pruova in una delle sue prediche quaresimali che se un assassino, un ladro o altro più gran peccatore corresse in soccorso di qualche appestato abbandonato dai suoi e in pericolo di perdere per la disperazione il corpo e l'anima, a fine di confortarlo e di aiutarlo a salvarsi, mosso a ciò da vera carità cristiana, cioè da un eroico amore di Dio, e costui in sì pio ufizio venisse colpito dalla peste e tanto improvvisamente morisse che non potesse pensare a' suoi peccati, nè confessarsi, egli si salverebbe, mercè di quell'atto coraggioso di santissima carità, tanto commendata da Cristo e contenente in sè virtualmente anche la contrizione".

da Cultura-Barocca