Emigranti italiani - Fonte: UCR/California Museum of Photography Ellis Island photographs from Keystone-Mast Collection |
Dopo la Guerra Civile si osserva negli Stati Uniti un vero boom economico generato dalla seconda rivoluzione industriale. La colonizzazione del West stimola lo sviluppo. Vengono costruiti oltre 200 mila chilometri di ferrovia. Gli Stati Uniti sorpassano, come potenza industriale, Gran Bretagna Francia e Germania.
Uno dei fattori critici di questo sviluppo fu la disponibilità quasi illimitata di mano d’opera immigrata. Se gli immigrati rappresentavano nel 1910 il 14% della popolazione, contribuivano il 50% dei lavoratori dell’industria.
Gli immigrati prendevano spesso il primo lavoro gli si presentasse. I livelli salariali erano bassi, e consentivano a malapena la sussistenza del nucleo familiare. Questo fino a che il precario equilibrio non veniva rotto da una malattia invalidante o dal licenziamento del capofamiglia.
Questa precarietà porta le diverse comunità a stringersi, per facilitare il mutuo soccorso. Si creano quartieri "etnici" ed anche le professioni ed i settori industriali divengono appannaggio di specifici gruppi nazionali.
Gli Scandinavi andarono verso il Minnesota e si dedicarono all’agricoltura, gli Slavi andarono nelle miniere in Pennsylvania e nei macelli di Chicago.
Gli Ebrei dell’est si orientarono su New York e sul settore tessile. Nel 1897 i tre quarti dei lavoratori edili di New York erano italiani, sostituendo gli Irlandesi che avevano un tempo dominato questo settore.
A New York i napoletani si concentravano attorno a Mulberry Bend mentre i genovesi erano a Baxter St. ed i siciliani a Elisabeth St. In queste oasi gli immigrati potevano parlare la loro lingua, trovare i loro cibi e conservare le loro tradizioni.
Se questi quartieri fornivano un’atmosfera di supporto reciproco e di "comunità", nondimeno le condizioni di vita erano difficili. Sporcizia, sovraffollamento, rumore erano la regola nei "tenements" la base dell’edilizia residenziale ad alta intensità.
Gli Scandinavi andarono verso il Minnesota e si dedicarono all’agricoltura, gli Slavi andarono nelle miniere in Pennsylvania e nei macelli di Chicago.
Gli Ebrei dell’est si orientarono su New York e sul settore tessile. Nel 1897 i tre quarti dei lavoratori edili di New York erano italiani, sostituendo gli Irlandesi che avevano un tempo dominato questo settore.
A New York i napoletani si concentravano attorno a Mulberry Bend mentre i genovesi erano a Baxter St. ed i siciliani a Elisabeth St. In queste oasi gli immigrati potevano parlare la loro lingua, trovare i loro cibi e conservare le loro tradizioni.
Se questi quartieri fornivano un’atmosfera di supporto reciproco e di "comunità", nondimeno le condizioni di vita erano difficili. Sporcizia, sovraffollamento, rumore erano la regola nei "tenements" la base dell’edilizia residenziale ad alta intensità.
La legge sugli alloggi di New York del 1901 prevedeva un gabinetto e acqua corrente per ogni unità ma, prima che venisse fatta rispettare, ogni piano divideva due latrine. Molti inquilini, per aiutare a pagare l’affitto, subaffittavano il proprio appartamento, aggravando il problema del sovra affollamento.
TBC, colera e tifo dilagavano ed a farne le spese erano spesso i più piccoli.
Alcuni emigranti, detti gli "uccelli migratori" lavoravano a contratto per alcuni mesi per poi tornare in patria. Questi come gli altri immigrati erano spesso vittime di intermediari che procuravano posti di lavoro speculando su una serie di servizi che fornivano ai lavoratori (alloggio, trasporto etc.).
Le fabbriche di abbigliamento riducevano il costo di produzione terziarizzando il lavoro a piccoli laboratori familiari. Questi lavori, pagati a cottimo, erano compiuti da ebrei e, dall’inizio del 900, dagli italiani. Quasi sempre in questi lavori venivano impiegati tutti i membri della famiglia, compresi i bambini.
Donne e bambini non si limitavano a lavorare in casa ma erano occupati anche nelle fabbriche, in condizioni terribili. Il tasso di incidenti sul lavoro per i bambini era triplo rispetto a quello degli adulti.
Donne e bambini non si limitavano a lavorare in casa ma erano occupati anche nelle fabbriche, in condizioni terribili. Il tasso di incidenti sul lavoro per i bambini era triplo rispetto a quello degli adulti.
In seguito alla campagna iniziata nel 1904 dal National Child Labor Committee, nel 1914 34 Stati proibirono il lavoro di minori di 14 anni e portarono a 8 ore la giornata di lavoro dei minori di 16 anni.
Le donne lavoravano prevalentemente nelle lavanderie, come domestiche e nelle industri tessili. Al 1923 39 Stati avevano introdotto norme che limitavano l’orario di lavoro delle donne. Questa che voleva essere una conquista si tradusse spesso in un aggravamento delle condizioni di vita in quanto ad un orario di lavoro ridotto equivale una paga minore.
I nuovi arrivati non erano ben visti in quanto considerati in concorrenza con i lavoratori nati o di più antica residenza ñ negli Stati Uniti. Il sindacato vedeva gli immigrati, in particolare gli stagionali, come una grave minaccia.
Nei settori dove gli stranieri erano più numerosi i sindacati dovettero aprirsi alle esigenze di questi immigrati. Non fu facile mettere insieme uomini e donne divisi da lingue e tradizioni secolari. Il sindacato tessile fu uno dei primi a mobilitare gli immigrati, fra cui spiccavano gli italiani. Il disastro dell’incendio del Triangle Shirtwais Company (1911) dove morirono 140 operaie immigrate rafforzò la partecipazione al sindacato.
Entro gli anni 1930 gli immigrati rappresentavano la spina dorsale del movimento sindacale americano.
Nonostante le difficilissime condizioni, dall’inizio le comunità furono capaci di esprimere una ricca vita culturale e politica. La stampa etnica raggiunse l'apice durante la prima guerra mondiale. Sono oltre 1300 i giornali in lingua stranieri pubblicati negli Stati Uniti. I giornali in italiano avevano una diffusione di 700 mila copie mentre quelli in tedesco, Yiddish e Polacco superavano, ciascuno, il milione di copie vendute.
Lentamente gli immigrati iniziarono a farsi strada nel nuovo paese, raggiungendo in alcuni casi posizioni di prestigio. La progressiva integrazione ed il succedersi delle generazioni tendono a sfumare i caratteri nazionali.
da Cultura-Barocca