Moshe Maimon, Cerimonia segreta dei Marrani in Spagna, 1893 - Fonte: Wikipedia |
I neo-cristiani erano odiati molto più che gli ebrei, ed erano perseguiti, con la stessa durezza con cui lo erano stati i loro ex correligionari.
La prima rivolta contro di essi esplose a Toledo nel 1449, e venne accompagnata da omicidi e saccheggi.
Istigata da due canonici, Juan Alfonso e Pedro López Gálvez, la folla saccheggiò e diede fuoco alla casa di Alonso Cota, un marrano benestante, e guidata da un manovale attaccò similarmente le residenze dei Neo-Cristiani facoltosi del quartiere di La Magdelena.
I marrani, capeggiati da Juan de la Cibdad, si opposero alla folla, ma vennero respinti e, assieme al loro capo, appesi per i piedi.
Come conseguenza immediata di questa rivolta, i marrani Lope e Juan Fernández Cota, i fratelli Juan, Pedro, e Diego Núñez, Juan López de Arroyo, Diego e Pedro González, Juan González de Illescas, e molti altri, vennero deposti dal loro incarico, in obbedienza ad un nuovo statuto.
Un altro attacco venne fatto ai danni dei neo-cristiani di Toledo nel luglio 1467.
Il capo magistrato ("alcalde mayor") della città era Álvaro Gómez de Cibdad Real, che era stato segretario privato di re Enrico IV di Castiglia, e che, se non egli stesso un "converso", come è probabile, era almeno un protettore dei neo-cristiani.
Egli, assieme agli eminenti marrani Fernando e Álvaro de la Torre, desiderava vendicarsi di un insulto inflitto dai Conti di Fuensalida, capi dei cristiani, e prendere il controllo della città.
Ne scaturì un conflitto selvaggio.
Le case dei neo-cristiani vicine alla cattedrale vennero incendiate dagli avversari, e la conflagrazione si diffuse così rapidamente che 1.600 case vennero arse dal fuoco, compreso il bel palazzo di Diego Gómez.
Molti cristiani e molti più marrani perirono nelle fiamme o furono uccisi; i fratelli De la Torre vennero catturati e impiccati.
Rivolte a Cordova.
L'esempio portato da Toledo venne imitato sei anni dopo da Cordova, città nella quale cristiani e marrani formavano due partiti in lotta.
Il 14 marzo 1473, durante una processione in onore della dedica di una società formata dal fanatico vescovo Don Pedro, e dalla quale vennero esclusi tutti i "conversos", sembra che una ragazzina gettò accidentalmente dell'acqua sporca dalla finestra della casa di uno dei più ricchi marrani della città.
Acqua che andò a finire sull'immagine della Vergine.
A migliaia si unirono immediatamente nel grido di vendetta che venne sollevato da un fabbro a nome Alonso Rodríguez; e la folla rapace si gettò subito sui marrani, denunciandoli come eretici, uccidendoli, e saccheggiandone e incendiandone le case.
Per fermare questi eccessi, l'altamente rispettato Don Alonso Fernández de Aguilar, la cui moglie apparteneva alla famiglia marrana dei Pacheco, assieme al fratello Don Gonzalo Fernández de Córdoba ("el gran Capitán"), gloria dell'esercito spagnolo, e a un gruppo di soldati, si affrettò per proteggere i neo-cristiani.
Don Alonso invitò la folla a ritirarsi, ma invece di obbedire, il fabbro insultò il conte, che immediatamente lo abbatté con la sua lancia.
La gente, accecata dal fanatismo, guardò al capopopolo ucciso come ad un martire.
Incitata dal nemico di Alonso de Aguilar, il cavaliere Diego de Aguayo, la folla prese le armi e attaccò nuovamente i marrani.
Ci furono stupri, e uomini, donne e bambini vennero uccisi senza pietà.
Il massacro e il saccheggio durarono per tre giorni; gli scampati trovarono rifugio nel castello dove anche i loro protettori avevano dovuto ritirarsi.
Venne quindi decretato che, allo scopo di prevenire il ripetersi di tali eccessi, nessun marrano doveva più vivere a Cordova o nelle sue vicinanze, ne doveva mai più ricoprire un incarico pubblico.
Come per la persecuzione degli ebrei nel 1391, l'attacco ai marrani del 1473 si diffuse ad altre città.
A Montoro, Bujalance, Adamuz, La Rambla, Santaella, e altrove, essi vennero uccisi, e le loro case saccheggiate.
A Jaén la popolazione era così risentita nei loro confronti, che il conestabile Miguel Lucas de Iranzo, che si impegnò a proteggerli, venne ucciso lui stesso in chiesa dai capi dei rivoltosi (21/22 marzo).
I marrani vennero attaccati selvaggiamente anche dalle popolazioni di Andújar, Úbeda, Baeza, e Almodóvar del Campo.
A Valladolid la popolazione si accontentò di saccheggiare i neo-cristiani, ma a Segovia il massacro fu feroce (16 maggio 1474).
Qui l'attacco, istigato da Don Juan Pacheco, egli stesso membro di una famiglia marrana, fu terribile; i cadaveri giacevano accatastati in tutte le strade e le piazze, e non un neo-cristiano sarebbe scampato, se non fosse stato per l'interferenza dell'alcalde Andrés de Cabrera.
A Carmona tutti i marrani vennero uccisi.
L'introduzione dell'inquisizione spagnola, caratterizzata da una specificità che si manifestava anche nell'applicazione di metodiche investigative ignorate o trascurate dalla Inquisizione Romana, venne duramente contrastata dai marrani di Siviglia e di altre città della Castiglia, e in particolare dell'Aragona, dove essi rendevano un notevole servizio al re, e occupavano importanti posizioni legali, finanziarie e militari.
Allo stesso modo in cui Don Miguel Lucas de Iranzo, conestabile di Castiglia, era stato ucciso nella cattedrale di Jaén, l'inquisitore Pedro de Arbués venne assassinato dodici anni dopo nella cattedrale di Saragozza, il primo dai cristiani, quest'ultimo dai marrani.
Gli assassini di De Iranzo rimasero a piede libero, mentre quelli dell'inquisitore vennero puniti crudelmente.
Assieme all'introduzione dell'Inquisizione, venne emanato un editto secondo cui gli ebrei dovevano vivere all'interno del loro ghetto e restare separati dai marrani.
Nonostante la legge, comunque, gli ebrei rimasero in contatto con i loro fratelli neo-cristiani.
"Essi cercarono modi e mezzi per strapparli al cattolicesimo e riportarli al giudaismo. Essi istruirono i marrani nei fondamenti e nelle cerimonie della religione ebraica; tennero incontri, nei quali gli insegnavano cosa dovevano credere e osservare secondo la legge mosaica; e permisero loro di circoncidere sé e i propri figli. Fornirono loro dei libri di preghiere; spiegarono i giorni di digiuno; lessero con loro la storia del loro popolo e della sua legge; gli annunciarono la venuta della Pasqua ebraica; procurarono del pane non lievitato per le loro festività, oltre a carne kosher durante tutto l'anno; li incoraggiarono a vivere in conformità alle leggi di Mosè, e li persuasero che non c'era né legge né verità ad eccezione della religione ebraica".
Tutte queste accuse vennero mosse contro gli ebrei nell'editto emanato da Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia, e costituì le basi per la loro espulsione dalla nazione.
Il decreto di espulsione incrementò materialmente il numero, già considerevole, di quelli che acquistarono un prolungamento del soggiorno nelle loro case tramite l'accettazione del battesimo [La relazione qui proposta per ragioni esemplificative e tristemente documentarie si ha anche in lingua italiana in merito all'Atto della fede, che si e' celebrato dall'Officio della Santa Inquisitione di Valladolid il 21/06/1559 [qui digitalizzato] dopo l'introduzione quindi il lugubre rituale con il corteo di autorità, ufficiali, religiosi e condannati sul luogo del patibolo con poi la predica dell'Arcivescovo di Siviglia Inquisitore Generale e quindi il giuramento delle Altezze Reali convenute di sempre oprare a difesa del Santo Ufficio e finalmente la lettura pubblica delle sentenze con la classificazione dei "rei" -e si nota che con i riformati erano altresì diversi Giudei (Ebrei)- in gli "abbrusciati" che i "Reconciliati" (previo varie pene, tra cui in primis il carcere perpetuo) che ancora l'elenco di quelli che "Restarono nella prigione per un'altro atto...." : nella sua tragica precisione l'atto elenca finita la lettura della sentenza anche le operazioni specifiche sia per i condannati al rogo che per i "riconciliati" da ricondurre però in "carcere"].
Allo stesso modo in cui Don Miguel Lucas de Iranzo, conestabile di Castiglia, era stato ucciso nella cattedrale di Jaén, l'inquisitore Pedro de Arbués venne assassinato dodici anni dopo nella cattedrale di Saragozza, il primo dai cristiani, quest'ultimo dai marrani.
Gli assassini di De Iranzo rimasero a piede libero, mentre quelli dell'inquisitore vennero puniti crudelmente.
Assieme all'introduzione dell'Inquisizione, venne emanato un editto secondo cui gli ebrei dovevano vivere all'interno del loro ghetto e restare separati dai marrani.
Nonostante la legge, comunque, gli ebrei rimasero in contatto con i loro fratelli neo-cristiani.
"Essi cercarono modi e mezzi per strapparli al cattolicesimo e riportarli al giudaismo. Essi istruirono i marrani nei fondamenti e nelle cerimonie della religione ebraica; tennero incontri, nei quali gli insegnavano cosa dovevano credere e osservare secondo la legge mosaica; e permisero loro di circoncidere sé e i propri figli. Fornirono loro dei libri di preghiere; spiegarono i giorni di digiuno; lessero con loro la storia del loro popolo e della sua legge; gli annunciarono la venuta della Pasqua ebraica; procurarono del pane non lievitato per le loro festività, oltre a carne kosher durante tutto l'anno; li incoraggiarono a vivere in conformità alle leggi di Mosè, e li persuasero che non c'era né legge né verità ad eccezione della religione ebraica".
Tutte queste accuse vennero mosse contro gli ebrei nell'editto emanato da Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia, e costituì le basi per la loro espulsione dalla nazione.
Il decreto di espulsione incrementò materialmente il numero, già considerevole, di quelli che acquistarono un prolungamento del soggiorno nelle loro case tramite l'accettazione del battesimo [La relazione qui proposta per ragioni esemplificative e tristemente documentarie si ha anche in lingua italiana in merito all'Atto della fede, che si e' celebrato dall'Officio della Santa Inquisitione di Valladolid il 21/06/1559 [qui digitalizzato] dopo l'introduzione quindi il lugubre rituale con il corteo di autorità, ufficiali, religiosi e condannati sul luogo del patibolo con poi la predica dell'Arcivescovo di Siviglia Inquisitore Generale e quindi il giuramento delle Altezze Reali convenute di sempre oprare a difesa del Santo Ufficio e finalmente la lettura pubblica delle sentenze con la classificazione dei "rei" -e si nota che con i riformati erano altresì diversi Giudei (Ebrei)- in gli "abbrusciati" che i "Reconciliati" (previo varie pene, tra cui in primis il carcere perpetuo) che ancora l'elenco di quelli che "Restarono nella prigione per un'altro atto...." : nella sua tragica precisione l'atto elenca finita la lettura della sentenza anche le operazioni specifiche sia per i condannati al rogo che per i "riconciliati" da ricondurre però in "carcere"].