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mercoledì 28 ottobre 2015

La Sindone in viaggio per Genova nel 1706



 
Vittorio Amedeo II il 16 giugno 1706 si trovava in gravi difficoltà militari, essendo la città di Torino (proprio all'alba dei nuovi grandi conflitti e di nuove, micidiali tecniche di combattimento) stretta da assedio dai Francesi in occasione della guerra di GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA.
Vittorio Amedeo II, dipinto di Anonimo, custodito nel Palazzo Reale di Torino
Il Duca di Savoia  ritenne utile cercare di mettere in salvo la sua famiglia nella città di GENOVA, che aveva pubblicamente offerta la sua disponibilità (vedi anche il lavoro di A. Neri, "Vittorio Amedeo e la Repubblica di Genova" in "Giornale Ligustico", 1881).
Oltre che per pietà verso i congiunti, la scelta del duca avvenne per ragioni politico-diplomatiche, intendendo egli avere eventuali eredi che, in caso di sua dipartita, potessero avanzare diritti di successione ad un eventuale tavolo di pace.
Il corteo in fuga da Torino risultò quindi composto dalla duchessa madre Giovanna Battista di Savoia Nemours, dalla moglie di Vittorio Amedeo II, cioè Anna d'Orleans, dai figli Vittorio Filippo e Carlo Emanuele, destinato a succedere a Vittorio Amedeo II col titolo di re Calo Emanuele III, dal principe di Carignano Emanuele Filiberto e dalla consorte di questo Caterina d'Este.
Al nobile corteo in fuga Vittorio Amedeo II assegnò anche la SANTA SINDONE, reputata un vero e proprio monumento della capitale sabauda; visto il grave pericolo di distruzione che questa che aveva recentissimamente corso (vedi l'importante saggio di Maria Delfina Fusina, Le Peregrinazioni della Sindone durante l'assedio di Torino (1706) in "Bollettino della Società degli Studi Storici di Cuneo", n.2, 1972, p.153).
Infatti proprio mercoledì 16 giugno una palla di cannone aveva attraversato la Cupola del Santo Sudario quasi per dar sostanza ad una profezia del comandante dei francesi, il colonnello La FEUILLADE, il quale si era ripromesso di celebrare il "Te Deum" in onore di S. Luigi IX Re di Francia il giorno a lui dedicato, cioè il 21 giugno.
Le trattative amichevoli con GENOVA per mettervi in salvo la famiglia il Duca le stava conducendo da un certo tempo anche se in linea del tutto segreta.
 
L'idea base sarebbe stata quella di condurre la famiglia nella potente BASE MILITARE DI SAVONA, la storica FORTEZZA DEL PRIAMAR.
Stando alle considerazioni del Bagnara si deduce però che la Serenissima Repubblica, rispondendo al Duca, sostenne che la FORTEZZA non era ambiente decoroso per ospitare i membri di una illustre casa regnante.
Per conseguenza la Signoria genovese offrì un'adeguata sistemazione a Genova: secondo la versione del Bargellini ("Storia popolare di Genova", 1854, p. 364) dietro a tale ostentazione di rispetto sarebbe anche risieduto l'intento di impedire al temuto Vittorio Amedeo II di poter accedere ai segreti di una fortezza ritenuta fondamentale per la tutela del genovesato.
Il VIAGGIO TORINO - ONEGLIA - GENOVA comunque si svolse e la sua prima SOSTA avvenne in territorio ancora sotto giurisdizione ducale, cioè a CHERASCO dove la SINDONE sarebbe stata,  stando al contenuto di una LAPIDE COMMEMORATIVA, esposta per tre giorni. Ripresa la spedizione alla volta di MONDOVI', una seconda SOSTA sarebbe avvenuta a CEVA: qui la famiglia ducale sarebbe stata ospitata da Carlo Emanuele Pallavicino, Marchese di Priola e dei Marchesi di Ceva.
Dopo questa tappa, il viaggio sarebbe continuato sulla direttrice di GARESSIO - ORMEA, per entrare finalmente in territorio ligure il 28 giugno quando fu raggiunta la base genovese di PIEVE DI TECO.
 
Questo importante borgo fu il primo di pertinenza della Superba, in cui sostò la SACRA SINDONE con la famiglia ducale, che, stando a quanto riporta il Bagnara, che attinge al lavoro della Fusina, fu accolta "con ogni rispetto e dimostratione".
Sul viaggio da questo paese d'alta valle sin ad ONEGLIA non si son trovati documenti significativi.
Giuseppe Maria Pira (a p. 87 del II volume della sua "Storia di Oneglia") si è limitato a descrivere la festosa accoglienza riservata in ONEGLIA alla famiglia ducale; ricevuta "in mezzo alle accoglienze di un popolo fedele che fiancheggiava la strada ai due lati lungo lo spazio di dodici miglia. La loro entrata in città fu un trionfo festeggiato con lieti suoni di campane, con salve di artiglieria, con replicati viva, con generale illuminazione e con tanta pubblica gioia che scordar facean il motivo della loro venuta e che preannunziavano il futuro trionfale loro ritorno alla capitale".
 
 
 
 
 
 
 
Per raggiungere la BASE PORTUALE DI ONEGLIA, e quindi attraversare il DOMINIO SABAUDO IN LIGURIA OCCIDENTALE, era comunque invitabile attraversare il NODO VIARIO DI CARAVONICA (IM) e, poichè in quel tempo le condizioni metereologiche furono a lungo avverse, non è affatto da escludere che la famiglia ducale con la SACRA SINDONE abbiano sostato proprio nel PALAZZO DELLA CONTESSA DI CARAVONICA.  

Caravonica
Stando alle acquisizioni fatte da Maria Delfina Fusina nel suo citato saggio del 1972 sulle "peregrinazioni della Sindone" è però certo che né a CARAVONICA come in alcun altro luogo del "GENOVESATO", che era pur sempre terra straniera, mai più si procedette ad una PUBBLICA OSTENSIONE DELLA SINDONE, affidata personalmente alla duchessa madre: sulla base delle ricerche della Fusina si apprende infatti che stando agli accordi intrapresi "entrando in terra genovese la Sindone...doveva d'ora in poi viaggiare in incognito".
Peraltro la Signoria genovese, rinforzando le guardie e la sorveglianza alla famiglia reale e quindi alla SINDONE, aveva pienamente aderito all'esplicita richiesta degli inviati del duca sabaudo per cui "il favore della temporanea ospitalità [sarebbe stato maggiore qualora fosse stato praticato] con tutta la più desiderabile cautela e segretezza".
La stagione metereologica fu così aspra, nonostante il periodo estivo, che la partenza dal PORTO DI ONEGLIA avvenne il 16 luglio, allorquando la Corte si imbarcò su 5 galere inviate dalla Repubblica di Genova (assieme alla famiglia ducale, a guisa di ambasciatori della Signoria genovese si imbarcarono anche 15 nobili, alla cui guida stava il Marchese Negroni de Nigra Rivarola, feudatario del marchesato del Mulazzano).
La nobile famiglia fece poi un'ulteriore SOSTA a SAVONA; quindi sabato 17 luglio 1706 alle ore 22 i vascelli con la famiglia ducale giunsero a GENOVA, sbarcando al PONTE REALE, per la circostanza ricoperto di tappeti e circondato da una folla plaudente.
La sistemazione della famiglia di Vittorio Amedeo II solo in un primo momento presentò qualche problema, poi tutto si risolse facilmente.
Per il seguito di cavalieri e paggi la sistemazione fu trovata nel convento dei Bernabiti a S. Bartolomeo degli Armeni, mentre la residenza di Anna d'Orleans, degli infanti e della ducessa madre fu individuata nel palazzo del magnifico Ignazio Pallavicini, detto VILLA DELLE PESCHIERE.
Visto che sussisteva qualche noto attrito tra la DUCHESSA MADRE e ANNA D'ORLEANS, il capo dell'ambasceria genovese Marchese Negrone de Negri in una lettera custodita presso l'Archivio di Stato di Genova, riportata dal BAGNARA, aveva per cautela scritto alla Signoria (ottenendo soddisfazione):" Savona, 13 luglio 1706 a' ore 9/ Non devo tacere a Vostre Signorie Serenissime una notizia che ho et è che queste Principesse vivono tra loro con qualche sorta di gelosia....Di già fra esse, affinché resti totalmente sepolta piccola contesa insorta per l'alloggio costì, resta convenuto che l'appartamento superiore del Palazzo fatto prepararae in Multedo spetterà a Madama la Duchessa e Prencipini e l'inferiore o sia l'appartamento al piano del portico a Madama Reale".
Le duchesse condussero vita abbastanza ritirata, ma ciò non impedì loro di visitare chiese e conventi, spesso suscitando la preoccupazione dei religiosi per l'inevitabile seguito del patriziato genovese.
Poi Torino fu liberata dall'assedio e il 13-IX-1706 degli emissari di Vittorio Amedeo II si presentarono al Doge genovese per i dovuti ringraziamenti; praticamente subito col placet senatoriale fu riconcessa la flotta che aveva condotto da ONEGLIA a GENOVA il corteo regale con la SANTA RELIQUIA.
A capo della missione fu posto ancora il Rivarola e il viaggio di ritorno, che ricalcò alla perfezione o quasi quello di arrivo, si svolse senza problemi: alla partenza le duchesse furono omaggiate, come scrive il Bagnara, con 16 cassette di dolci e di acque d'odore (profumi).
Raggiunsero Torino il 2 ottobre e la SINDONE potè essere ricollocata dal Beato Sebastiano Valfré nella Cappella sua sede designata.
Subito Vittorio Amedeo II, ancora impegnato nella guerra nel campo militare di Cava Corta presso Lodi, fu avvertito del successo del ritorno e del salvataggio della reliquia: fu questo l'ultimo viaggio della SINDONE fino al secondo conflitto mondiale.