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mercoledì 14 ottobre 2015

Il “Liber Nobilitatis” della nobiltà di Genova

 Il “Liber Nobilitatis” della nobiltà Genovese ha inizio come libro "civitas" nel 1056. In tale periodo Genova è retta da un governo Repubblicano con i suoi Consoli, con due gruppi di famiglie che cercano di primeggiare: le “Viscontili” cioè quelle investite di dignità e feudi dalla Chiesa e le “feudali” cioè quelle che discendevano oneri e privilegi dall’Impero. Nel 1190 finito il Governo Consolare fu stabilita che la suprema autorità doveva essere scelta in un “forestiero” coadiuvato da un consiglio di otto anziani.
Questi otto furono detti “nobili” e le loro famiglie cominciarono così a distinguersi dalle altre dette “popolari”. Qui comincia la divisione in ceti e la costituzione della classe dei “nobili”, cioè coloro che partecipavano al “governo”.
Tale sistema durò fino al 1257, anno in cui fu modificato con la creazione dei “capitani del popolo”, finchè nel 1339 venne abolito il sistema del potestà forestiero e si passò all’elezione a vita di un doge genovese.
Con il periodo podestarile si ha l’inizio della divisione a Genova delle fazioni dei guelfi e ghibellini. I guelfi avevano come capi i Fieschi e i Grimaldi. I ghibellini i Doria e gli Spinola.
Dopo varie lotte per la supremazie, nel 1339 ebbero la meglio i ghibellini che abolirono i potestà e proclamarono Simone Boccanegra, primo doge, “Signore della Repubblica e difensore del popolo”.
Dal governo furono escluse le famiglie guelfe praticamente fino al 1528.
Nel 1339 nacque quindi una nuova categoria di nobili, cioè quelli che partecipando al consiglio del Doge presero parte al Governo dello Stato. Questi nobili furono detti “popolari”. La distinzione “popolare” era tale solo per distinguerli da quelli fino al 1257. Coloro che avevano cariche di governo furono detti “popolari egregi”. I capi popolari furono gli Adorno, i Fregoso, i guachi e i Monaldo.
I popolari si distinsero a loro volta in “Artifices” che esercitavano le Arti e “Mercatores” coloro che vivevano senza esercitare le arti.
I Mercatores ebbero le cariche principali, gli Artifices ne erano costantemente esclusi.
Nel governo popolare ghibellino i Mercatores tennero il potere dal 1339 al 1506, gli Artifices dal 1506 al 1507.
Dal punto di vista formale, dall'inizio del regime comunale in poi, i detentori del potere vengono appellati “Cives”. I primi annalisti usano, infatti, il termine “nobilis” dapprima quale aggettivo di “civis” e poi quale sostantivo.
I “popolari” come i Giustiniani, i Sauli, i Fregoso o gli Adorno, anche se conti palatini, milites, signori feudali o dogi, sono “cives”, qualificati negli atti genovesi come egregii, domini, illustri, spettabili, magnifici, a seconda della posizione sociale o della carica esercitata, ma mai come “nobilies” fino alla riforma del 1528.
Abbiamo quindi varie distinzioni della nobiltà Genovese fino al 1528:
Nobili viscontili e feudali detti “Nobiles Albi”,
Nobili civili detti “Nobiles nigri”,
Popolari mercanti e popolari artefici divisi in Mercatores et Artifices. Albi parteggianti per gli Adorno e Mercatores et Populares nigri parteggianti per i Fregoso.
Ricordiamo inoltre che sin dal 1383 a Genova si costituirono i cosiddetti “alberghi”, delle consorterie che riunivano varie famiglie mediante l’assunzione di un unico cognome in genere quello della famiglia più potente.
L’istituto degli alberghi fu ripreso nella costituzione del 1528.
Nel 1527 i Francesi più volte chiamati e cacciati erano i veri padroni della Repubblica in preda alla più completa anarchia. Dall’esigenza di unificare questi gruppi nobili in un solo corpo organico ("ordo unicum") fu creato il “Liber Nobilitatis Genuensis” con la formazione della nobiltà patriziale nel 1528.
A compiere questa opera di riunificazione fu Andrea D’Oria, già ammiraglio della flotta di Carlo V dotato di grande capacità militare e politica.
Si accordò con Cesare Fregoso e il 22 agosto 1527 espulse gli Adorno da Genova in nome del Re di Francia ed eletti due “riformatori” con pieni poteri per potere riformare tute le leggi che ritenessero opportuno.
Il 2 aprile 1528 sui propoposta di Agostino Pallavicino i riformatori decretarono che: “salva sempre l’autorità del cristianesimo Re si abolisca e sia eletto ogni colore dei nobili come popolari, di guelfi e ghibellini e di caduna altra specie e divisione, e che si faccia e stabilisca uno Corpo di una civiltà qual sia ad unum velle et unum nolle, sotto quelli modi forme e nome quali parranno a quelle persone cui ne sarà data cura; di fare e stabilire questo effetto si dia a quelle persone e a quello numero di cittadini, quali possino parere et occorrere all’illustre Signor Governatore e Magnifici anziani con quelle facoltà, autorità e balia, quali mai ad alcun altro sia stata data per agire e comparire innanzia al Magnifico Ufficio di San Giorgio et potere impugnare et obbligare ogni pegno del Comune si in genere come in specie et ulterius per obviare che il pericoli et mali ect.”.
Per iniziare la riforma il D’Oria volle che la Repubblica fosse indipendente ed il 12 settembre 1528 vennero espulsi i francesi. Rifiutata la corona di Genova la costituzione della Repubblica di Genova fu promulgata l’11 ottobre 1528. 
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Le famiglie che in base alla nuova costituzione ebbero la facoltà di formare un albergo furono 28 di cui 23 nobili e 5 popolari (Giustiniani, Sauli, Promontorio, De Fornari, De Francisci).
Escluse furono le famiglie Adorno e Fregoso di cui si volle cancellare ogni memoria.
I cognomi presenti nel libro sono più di 600. Questo era dovuto all'iscrizioni delle famiglie in albelghi che come detto erano aggregati di più persone con cognomi diversi e per evitare omonimie i nobili venivano trascritti anche con il cognome di origine, anche perchè nonostante la legge i vecchi cognomi non vennero mai seriamente abbandonati.
Gli ascritti (vivi e morti) sono indicati con la sola paternità solo quando si tratta di titolare dell'albergo, mentre è indicato il cognome di origine quando si tratta di aggregati.
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L’amministrazione della Repubblica è affidata a quei cittadini iscritti nel “Liber Nobilitatis” e quindi la custodia e l’amministrazione di questo libro saranno tenuti nella massima considerazione.
Di tale libro saranno tenuti due esemplari originali. Uno presso il Doge in carcia e l’altro presso i procuratori. Ogni variazione sarà effettuata su tutti e due i libri.
Queste in sostanza sono le Leggi del Casale che senza troppe modifiche restauro in vigore fino alla fine della Repubblica Genovese nel 1797, quando Il libro d'oro verrà bruciato in piazza Acquverde il 14 giugno per ordine del governo provvisorio, lo stesso che ordinò di scalpellare o almeno coprire tutti gli stemmi delle famiglie nobili persino nelle Chiese.
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Questo censimento arriva fino al 1554. Poi anche per queste famiglie resta il vuoto tra il 1554 ed il 1562. E' apparso anche evidente, analizzando le copie, che il liber nobilitatis all'inizio era stato compilato in modo molto casalingo, anche perchè una parte dei primi nomi dovevano derivare dall'iscrizione nei libri precedenti in quanto sono privi dell'indicazione della paternità ne della data di iscrizione. Non parliamo poi di tutte le altre indicazioni divenute obbligatorie dalla metà del 1600. Un altra difficoltà è anche che stessi cognomi sono aggregati in alberghi diversi.
Ricordiamo comunque che nella Repubblica di Genova i nobili doveva essere circa 2.000 persone, ovvero nei piccoli centri o anche in città dovevano conoscersi alla perfezione, questo spiegherebbe perchè all'inizio non vi sia stato ritenuto necessario mettere tante precisazioni nelle trascrizioni.
Teniamo inoltre conto che il liber nobilitatis del 1528 comprende anche tutti i nomi contenuti nei libri “civilitatis” precedenti, i cui nomi sono raggruppati non più per albergo ma per famiglia d’origine.
La stesura definitiva del libro e della sua rilegatura venne di fatto terminata nel 1603, ma nel frattempo deve esser stata scoperta qualche froda genealogica, perché nel 1606 ci fu una revisione degli iscritti, con particolare riguardo ad eventuali casi di asserite discendenze da antenati morti in realtà senza prole.
Il libro definitivo viene approvato dal Doge e dai Governatori il 28 dicembre 1621. Il censimento dal 1606 al 1621 è contenuta nella famosa busta 525 dell’archivio segreto di Stato.
Complessivamente dalla Legge del 1528 che aboliva gli alberghi sono passati 45 anni fino alla stesura definitiva: 14 per approvare la legge di attuazione, 13 per l’esecuzione e 18 per il controllo.
La scomparsa e/o distruzione dei precedenti Liber civilitatis, fa venire il dubbio se sia stata effettuata insieme al Liber Nobilitatis dai Francesi o per il desiderio di evitare i controlli.
Dal 1606 in avanti, comunque le Leggi affinano il modo di iscrizione, prescrivendo che venga iscritto anche l’anno di nascita il nome del padre e dell’avo, la data ed il luogo di battesimo e infine le modalità di iscrizione perché figlio di patrizio o di nuova trascrizione.