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domenica 25 ottobre 2015

Risorgimento inedito

Uno scorcio della Taggia (IM) odierna: al termine del ponte antico, la dimora che appartenne al lato materno della famiglia dei Fratelli Ruffini
Jacopo Ruffini di Taggia (IM) fu arrestato a Genova dalla Polizia Sabauda il 13 giugno del 1833 e venne rinchiuso nelle prigione dello "SCALINETTO" al "PALAZZO DUCALE". 
Jacopo e Giovanni Ruffini, dopo l'arresto di Mazzini dell'11 novembre 1831, si erano impegnati a riordinare le fila della "Giovine Italia" e Jacopo prese decisamente il comando delle operazioni nel corso di una riunione in cui furono presenti, oltre al fratello, anche i patrioti Napoleone Ferrari, Federico Campanella ed il Marchese G.B. Cambiaso, personaggi tutti cui Giovanni avrebbe poi riservato una parte ed uno pseudonimo nel suo romanzo LORENZO BENONI. 
Gli inquisitori si servirono di DELAZIONI di alcuni ex cospiratori, che sorpresi ed arrestati ottennero una mitigazione delle pene colle loro CONFESSIONI. 
Tra gli arrestati vi fu anche il fratello dei due RUFFINI, l'avvocato Ottavio, totalmente estraneo alla causa risorgimentale e per sua fortuna, , non riconosciuto dai DELATORI o PENTITI in una sorta di confronto all'americana. 
Ben diversa fu invece la sorte di Jacopo. Fu posto drammaticamente a confronto col delatore LUDOVICO TURFFS del Corpo Reale di Artiglieria. 
Jacopo Ruffini, nonostante le accuse e le testimonianze avverse, rimase fiero nella sua posizione. Il crollo psicologico avvenne però poco dopo quando il giudice inquisitore gli fece leggere la ben più vasta, dettagliata e gravemente accusatoria PROPALAZIONE DEL TENENTE PIANAVIA VIVALDI (di Taggia). Ricondotto in cella, nella notte tra il 18 e il 19 giugno del 1833, JACOPO si tolse la vita. 
Giuseppe MAZZINI intervenne su questa terribile condotta del PIANAVIA ma usò parole notevolmente compassionevoli per l'antico cospiratore, che si era fatto infame e vigliacco per salvarsi la vita: "Le rivelazioni dell'ufficiale Pianavia Vivaldi sono la principale sorgente di tutti gli arresti. Costui era tutt'altro che agente provocatore; la paura della morte lo ha fatto infame. Sette sergenti gli furono fucilati sotto la finestra in Alessandria mentre egli era in prigione e l'ottavo doveva essere egli stesso ove non rivelasse. Un suo fratello avvocato fu mandato da genova per indurlo a confessare. Ogni specie di tormento morale fu messo in opera ed egli rivelò. Fatto il primo passo sulla via dell'infamia, si vide perduto nell'opinione dei buoni, rovinato con i patrioti e si lasciò trascinare a percorrerla tutta. Ora par preso da una febbre di rivelazioni: il Governo, con continue minacce, con un dirgli incessantemente 'non basta, non potete fuggire alla morte ove non rivegliate altro' lo riduce a false accuse contro chi è innocente. Chi è più infame tra lui e il Governo? Il popolo atterrito dai primi colpi incomincia ora a sollevare il capo, mormora altamente. In Alessandria per tutto vi è fermento, un grido di orrore contro il Governo e contro il Generale Galateri, Governatore della città".