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martedì 10 novembre 2015

Massena e l'assedio di Genova del 1800

Una lettera di Massena al Direttorio della Repubblica Ligure circa gli spostamenti delle truppe di Melas poco prima dell'assedio di Genova
MASSENA non fu in grado di risalire sin nella piana dello SCRIVIA e partecipare alla vittoriosa battaglia di MARENGO del 14 giugno 1800. 

Egli si trovò infatti praticamente bloccato in GENOVA ASSEDIATA da preponderanti forze nemiche. Gli imperiali eseguirono peraltro le operazioni belliche con ordine. Mentre da Recco era avanzato il generale Ott, con circa 10.000 soldati, allo scopo, riuscito, di cacciare i francesi dalle difese del torrente BISAGNO verso altri siti del Ponente ligure, il Melas con il grosso delle forze austriache, disposte su più colonne, procedette dal retroterra di Savona verso il mare e quindi prese a risalire verso Genova sempre sulla linea di costa. Per questa manovra le forze repubblicane vennero separate e in particolare restò esposta la divisione al comando del generale francese Suchet, che stava rientrando in territorio francese. 
   
MASSENA in effetti tentò di forzare quella sorta di blocco strategico, ma i suoi sforzi non approdarono a nulla nonostante le perdite consistenti (circa 5000 uomini, quasi un terzo di quanti egli direttamente comandava). Lasciata la divisione Suchet al suo destino, Massena non poté far altro che ripiegare su GENOVA e, approfittando delle sue fortificazioni, resistervi in attesa dell'arrivo di Napoleone o quantomeno della svolta nuova che questo avrebbe potuto dare alla guerra. 

Le FORTIFICAZIONI di cui Genova disponeva (ed alla cui difesa partecipava un giovane italiano che sarebbe diventato un grande della letteratura: UGO FOSCOLO) garantivano questo progetto, ma nello stesso tempo Massena, i suoi uomini e la stessa popolazione restarono prigionieri di quelle stesse difese, visto il grande spiegamento di forze nemiche operato dal Melas (circa 60.000 uomini) che crearono una sorta di invalicabile cordone intorno alla città fortificata...  anche il porto patì presto il blocco navale ad opera della flotta inglese, che peraltro avrebbe cannoneggiato sulla città. 

Genova, che mediamente contava su una popolazione di 85.000 persone, risentì di un notevole incremento demografico per il sopraggiungere dei profughi dei distretti sì che in breve tempo giunse a contare ben 120.000 residenti. A questi si dovettero poi aggiungere i 10.000 soldati di Massena che, tra l'altro, avevano diritto a priorità del vettovagliamento razionato dalla Commissione degli edili. I magazzini pubblici di derrate alimentari non erano peraltro particolarmente riforniti ... il principale nemico di GENOVA ASSEDIATA non fu costituito dell'armata nemica ma dalla CARESTIA. 

Per quanto non gli riuscì di impedire il bombardamento navale inglese, Massena ottenne di tenere lontani dalle muraglie e dalle colline di Albaro e della Madonna del Monte le forze nemiche e soprattutto le loro artiglierie. 

Massena onde porre un argine alla carestia fece allestire all'aperto delle cucine che rifornivano di zuppe di vegetali in particolare per chi non possedeva nemmeno un fornello. Molta gente, soprattutto gli sfollati delle Riviere, non disponeva neppure di un qualsiasi riparo e così si permise alla folla di ammassarsi nei porticati, sui sagrati delle chiese, lungo le "muragliette" che circondavano il porto. Per aiutare i poveri si pensò di stampigliare a loro vantaggio dei "buoni"... Anche i ricchi erano ormai in crisi e parecchi di loro dovettero adattarsi a ricercare il cibo dove fosse possibile, raccogliendo nei campi erbe commestibili o acquistando dai contadini a carissimo prezzo quei prodotti che in tempi recenti avrebbero invece considerato scarti degni solo di animali da allevamento. Ben presto, dai luoghi soliti della città assediata, svanirono cani e gatti, usati per l'alimentazione, ma la caccia si estese anche ad animali ben ripugnanti come ratti e topi: anche i pipistrelli "caddero vittime" dell'assedio e della conseguente carestia. La crusca, il miglio, lo stesso mangime degli uccelli gelosamente custoditi nelle voliere, e finalmente divorati, divennero una nuova forma di cibo: nelle case signorili i macinini d'argento soliti una volta a triturare le preziose spezie furono adibiti a rendere minute le granaglie che, qualche previdente, nell'ipotesi di un simile cataclisma, aveva messo da parte. 

La mortalità prese a dilagare: nell'ospedale di Pammatone i morti passarono dalla quota delle 197 unità nella settimana finale di marzo ai 590 della seconda settimana di luglio, quando l'assedio ebbe fine. Peraltro, quando giunsero i primi rifornimenti, si ebbe un fenomeno inverso: morirono di indigestione ben 1700 persone in quanto, anziché mangiare moderatamente per riadattare all'alimentazione ordinario un corpo emaciato con le interiora inaridite, si ingozzarono di cibo sì da pagarne conseguenze disastrose. 

E' difficile, vista la carenza dei documenti archivistici, calcolare con precisione il numero dei decessi: per esaltare la gravità dell'evento può in qualche modo contribuire il dato secondo cui lungo le rive del Bisagno vennero sepolti 9.850 cadaveri. 

Vista la latitanza dell'Armata di Riserva Massena si vide costretto a trattare ed accettare la resa. Le operazioni furono rapidissime e si svolsero ad un tavolo sistemato in una cappelletta sita in una cappelletta che al tempo esisteva circa a metà del ponte di Cornigliano. Vi "presero posto" il ministro Luigi Crovetto per la Repubblica Ligure, il generale Ott e l'ammiraglio inglese a rappresentanza delle forze alleate, lo stesso Massena che riservò a Genova e ai genovesi PAROLE DI ENCOMIO. Le condizioni furono favorevolissime e a Massena fu concesso quasi tutto quello che chiedeva. Non sapevano i francesi che tanta accondiscendenza dei vincitori dipendeva da notizie non ancora giunte a Genova, che cioé Napoleone si stava effettivamente avvicinando con l'Armata di Riserva e che Melas insisteva presso i suoi rappresentanti perché chiudessero al più presto la trattativa sì da poter disporre contro il Bonaparte di tutte le sue forze. 

Gli imperiali entrarono quindi a Genova pochi giorni dopo l'inizio delle trattative e cioè il 5 giugno 1800: le loro truppe marciarono sotto archi di trionfo innalzati dai conservatori sostenitaori degli austriaci. Non sarebbero trascorsi 20 giorni che, dopo la vittoria di Marengo, in un identico proscenio di vittoria sarebbero invece entrate nella capitale ligure le truppe francesi al seguito del generale Suchet...