Bernardino Rivadavia, ritratto nel periodo degli studi a Londra - Fonte: Wikipedia |
"Nato a Buenos Aires il 20 maggio 1780, Bernardino Rivadavia s'era distinto, durante la seconda invasione
inglese come tenente del Battaglione di Gallegas. Nelle elezioni
del maggio 1810 aveva votato per la caduta del Vicerè de Cisneros. Dopo
essere stato membro del Triumvirato del 1811, venne chiamato alla
Segreteria della Guerra dove svolse un'attività febbrile creando
fabbriche militari, organizzando l'amministrazione dell'esercito,
soffocando congiure reazionarie. Ritiratosi a vita privata nel 1812 dopo
la caduta del Triumvirato si recò in Europa per la prima volta nel 1814
e rimase sopra tutto, in Francia sino al 1821. In Inghilterra aveva
stretto intima amicizia con il Bentham, che era il filosofo alla moda
della Spagna, dove ne aveva diffuse le idee il Tovellanos, e
nell'America Latina dove l'aveva reso noto il generale venezueliano
Miranda. Il Rivadavia ammirava nel Bentham l'apostolo del liberalismo;
il Bentham giudicava il Rivadavia come la più alta personalità
dell'America Meridionale. In Francia, s'era incontrato col Lafayette che
si adoperava a far riconoscere dal Governo francese l'indipendenza
delle nuove repubbliche sudamericane, non solo per essere coerente con
l'attività svolta in passato a vantaggio dell'America del Nord, ma
perché sperava che questo gesto avrebbe giovato alla Francia nei suoi
rapporti commerciali col Nuovo Mondo. Il Lafayette presentò il Rivadavia
al conte Destutt de Tracy, che dopo essere stato suo prediletto
ufficiale nell'esercito, s'era allora dedicato agli studi filosofici e
sociali. Imprigionato durante il Terrore, Destutt de Tracy s'era dato,
in carcere, alla lettura di Condillac. La morte di Robespierre l'aveva
salvato dalla ghigliottina. Senatore, durante l'Impero, pari di Francia
nella Restaurazione, era una figura brillante della vita parigina
d'allora. Il suo salotto, quello della Recamier, quello della Stael
furono aperti al Rivadavia che diventò d'attualità come rappresentante
di un continente in fermento, oggetto della universale attenzione. E
mentre al Plata si teme che don Bernardino si lasci lusingare troppo
dalle attrattive di Parigi, egli col fascino della sua persona conquista
il favore di tutti gli ambienti alla causa della libertà sudamericana…
Al Plata, nel frattempo, la guerra civile proseguiva fra capitale e
province, e cioè fra portenos e gauchos.
Il nuovo regime, ad onta delle generose promesse, mostrava di seguire nei riguardi dell'immigrazione una politica di diffidenza. Ripreso il programma di Moreno, venivano esonerati dai loro uffici, con decreto del 7 febbraio 1813, tutti gli impiegati governativi spagnoli non naturalizzati. Per gli stranieri, in genere, anzi che disposizioni di favore, venivano emesse, quattro anni piu tardi,norme di restrizione. Così nel 1817 si proibiva ai forestieri il matrimonio con donne nate nel paese; nel 1819 essi venivano interdetti dall'esercizio dell'ufficio tutelare, della curatela e dell'esecuzione testamentaria, imponendo inoltre sulle loro successioni un diritto del 50 %. Queste leggi dimostrano come il nuovo stato di cose, pur essendo preparato da uomini liberali come Moreno e Belgrano, creasse un sistema che, retto ancora da uomini del passato, era libero di nome ma dispotico di fatto. Fu solo nel 1821 che la prima legge permise al Governo d'aprire un credito destinato a favorire l'arrivo di famiglie laboriose per aumentare la popolazione della provincia. Tale legge non abrogava però la predetta generica proibizione che l'Inghilterra combattè per la prima, nel 1825, con un successo quasi completo, consacrato in quel trattato del 2 febbraio dell'anno stesso…
Le terre coloniali sino dal 1813 erano state dichiarate proprietà nazionale (non più regia), libere da maggioraschi, manomorte, corvees e vincoli d'ogni specie. Ma il sistema della alienazione era rimasto quello della gratuità, che provocò favoritismi e sperpero del patrimonio demaniale. Nel 1822, per dare garanzie ipotecarie ai prestiti inglesi di cui aveva bisogno, il Governo del Plata sospese le alienazioni delle pubbliche terre decidendo che a cominciare dal febbraio 1827 i fondi demaniali sarebbero stati concessi soltanto in locazione per vent'anni. Ma la cosa non fu attuata a cagione del disordine interno che doveva condurre di 1ì a poco (1829) alla dittatura del Rosas.
Quanti fossero gl'Italiani, in Buenos Aires, in questo decennio (1820-1830), è difficile conoscere, ma dalle notizie che qua e là ne danno i giornali locali, le guide e gli almanacchi si constata che esso offre già un quadro di una certa ampiezza. I cognomi rivelano la provenienza; le categorie professionali indicano il ceto sociale, la condizione economica, il livello culturale. La maggioranza è ligure, la minoranza è piemontese con qualche toscano, qualche napoletano e qualche sardo. Esclusi i fratelli di Manuel Belgrano di cui, uno Gioacchino, era deputato per Flores e possedeva un deposito di legname, e l'altro, Domenico Stanislao, era canonico in Buenos Aires; esclusi i fratelli Luca, d'origine meridionale, che occupavano buoni posti nella burocrazia (Tommaso era secondo ufficiale al Ministero dell'Interno; Giovanni Emanuele tesoriere generale e, alcuni anni dopo, amministratore generale delle poste) tutti gli altri commerciavano al minuto: erano bottegai, venditori di commestibili, od osti.
Le notizie provenienti dall'Italia erano scarse e solo di tanto in tanto i giornali locali riferivano qualche avvenimento come curiosità di cronaca estera e non come osservazione politica. Così, p. es: il 13 marzo 1815 l'Independient e pubblicava l'estratto d'una lettera da Milano del 5 ottobre 1814 nella quale si narrava l'episodio occorso alla Scala al Maresciallo austriaco Bellegarde, che nella sera genetliaca dell'imperatore Francesco I, ebbe fischi in luogo degli attesi applausi. Cinque anni dopo ?il 9 novembre 1820- la Voz del Pueblo riproduceva tradotta dal Times una lettera da Napoli dell' 11 luglio che descriveva le operazioni dell'esercito costituzionale comandato da Guglielmo Pepe. Buenos Aires era allora una capitale in formazione, priva di tutto quello che si poteva trovare in una città europea. Le case di stile coloniale erano quasi tutte ad un piano. Avevano cortili spaziosi, grandi porte, balconi enormi. Le stanze pavimentate con mattoni; le pareti senza stucco né carta da parato erano imbiancate a calce, il soffitto a tetto lasciava vedere i travi. Le strade erano irregolari, senza marciapiedi, e, generalmente, senza lastricato; quasi sempre impraticabili: polverose d'estate, melmose d'inverno. Gli Spagnoli avevano dato ad intendere agli Argentini che il selciato era cosa de romanos , proprio di quelle strade cioé che servono al transito commerciale.
La città aveva una illuminazione insufficiente e primitiva di candeee di sego. E nelle notti di luna, le candele non venivano nemmeno accese. Gli operai in certa guisa si può dire che non mancassero, ma non vi erano le ditte organizzate per la vendita. Non v'erano bastevoli negozi, alberghi, fabbriche, caffè, pasticcerie, professionisti, artigiani. La società cittadina, detta portena, godeva di un certo benessere, ed ostentava anche lusso, tanto che una buona percentuale di stranieri apriva negozi di gioielleria e tappezzeria. Una Guia de Forasteros del 1830, elencando le professioni, i mestieri ed i generi d'industria e di commercio, cui si dedicavano gli stranieri residenti in Buenos Aires, dimostrava come la città schiudesse l'adito ad ogni sorta di attività, rendesse possibile la molteplicità degli impieghi Sfogliando i giornali argentini del tempo o controllando i listini della dogana, si scoprono nomi d'Italiani dedicati, in questo primo trentennio del secolo scorso, a tutto un po', fortunati negli affari come dimostra il progresso compiuto dalle loro aziende. I Liguri, in genere, aprono botteghe di commestibili e qualcuna di queste, col volgere del tempo, si trasforma in almacen, negozio tipico dell'Argentina così come l'oste, adattatosi agli usi dell'ambiente, diverrà facilmente pulpero. Oppure posseggono farmacie, sale da ballo, liquorerie, confetterie, negozi d'armi, giardini di ritrovo, casa de recreo, fabbriche di paste alimentari, specialmente maccheroni, depositi di vini, di legnami, di zucchero, di tabacco, di lana, di marmi, di caffè, spacci di vini e di liquori, negozi d'attrezzi navali, di cuoi, alberghi, salumerie, drogherie. I Piemontesi condividono il genere d'attività dei Liguri, ma se taluno ha depositi di legnami e di tabacchi la maggior parte conduce bettole. S'hanno notizie di due Toscani: uno, Bartolomeo Sambonini, è fabbricante di stuoie, l'altro, Ristorini, vende stoffe e, se l'occasione lo richiede, fa anche il cavadenti. Un napoletano, Giacomo Antonini, fa l'orologiaio, un sardo, Pietro Sebastiani, è membro della commissione edilizia di Buenos Aires. Fra i professionisti, emergono i farmacisti, tutti liguri e piemontesi. Un raffronto tra le Guide di questi anni dimostra ancora come il trasloco dello stesso negozio da una via all'altra fosse in correlazione con lo spostamento delle sfere d'affari da zona a zona, con la dispersione della popolazione dal centro alla periferia o con la possibilità di sfruttare, stabilendo pulperias sui margini della pampa, i bisogni dei gauchos che si recavano in città a fare provviste. Frequente è il . mutamento di mestiere con altro più lucroso e la combinazione temporanea o permanente di due tipi di commercio e di industria diversi, dei quali l'uno sia già bene avviato e l'altro appena iniziato. Così un negoziante di cuoi apre anche un albergo (Francesco Casanova) creando, con fortuna, l'industria alberghiera; un venditore di stoffe si improvvisa dentista (il citato Ristorini).
Si favorisce l'istinto del lusso provocando i bisogni del marmo (un certo Ottoni); quello dei buongustai svelando abitudini italiane come l'uso del caffé che si cominciava a bere in apposite botteghe (Nicola Fontana, Vittorio Furno); quello dei maccheroni (Lanata Carlo ed Accinelli) che permetteva la fondazione di fabbriche produttive; quello della salumeria (fatta conoscere da un negoziante di prodotti agricoli del paese, Corrado Nicola); quello del vino (Marengo Bartolomeo). Altri sfruttava i prodotti locali e diventava esportatore di tabacco, di legnami, di zucchero, di lana (Virgilio Gianolio, Pietro Casanova, Carlo Bertorelli, Nicola Nocetti). Giuseppe Migoni anticipava il parco dei divertimenti e cotruiva il Prado Espanol, che era un giardino pubblico come ve n'erano già tanti in Italia. In Argentina mancavano. La novità della trovata fruttò molti guadagni al suo autore.
Scomparsi nel 1821 i candillos più temibili -Artigas, Ramirez, Carrera- ed assunto il Governo dal Rodriguez (1821?1824), il Rivadavia ritornò al Plata ed ebbe la carica di Segretario per gli Affari interni ed esteri. L'attività che egli svolse in questo tempo fu così feconda che l'illuminata azione condotta dal governo di Rodriguez si suole chiamare periodo di Rivadavia. Dall'Europa, il Bentham ed il Destutt de Tracy, plaudivano al suo liberalismo organico e costruttivo; i suoi migliori amici d'Europa leggevano con interesse i primi numeri dei giornali che egli fondava ed il vasto programma di riforme preannunziato. Tali giornali erano Argos, la Ahaja Argentina, il Registro estadistico .
Aveva dichiarata inviolabile la proprietà, proclamata la libertà di stampa, consentito il ritorno in patria degli esuli politici (Ley de olvido, legge dell'oblio), iniziata la fondamentale riforma ecclesiastica che egli fece trionfare superando fiera opposizione e che ammetteva la libertà di coscienza, aboliva la manomorta, secolarizzava gli ordini monastici ed i cimiteri, sopprimeva i fori personali e le decime. Da Parigi, un altro suo amico, il finanziere Dufresne de Saint?Leon, consigliere di Stato, cavaliere del Re, direttore generale del Debito pubblico e membro della Legion d'onore, gli inviava incoraggiamenti e consigli. In una lettera scrittagli il 30 dicembre 1821, il Dufresne, constatando che l'Inghilterra faceva delle ottime speculazioni in Argentina, lamentava che fossero accordati ad una potenza vantaggi maggiori che ad altre. L'interesse personale avrebbe spinto -secondo il finanziere di Parigi? gli uomini del Plata a piantare le industrie necessarie. Ma bisognava istruirli, fondando delle scuole tecniche, mandando la gioventù argentina in Europa ad imparare l'ingagneria civile ed idraulica, la meccanica, la medicina, la chirurgia, la geometria, la chimica, la storia naturale. Occorreva, inoltre, favorire la stampa, far conoscere i principi fondamentali del Codice Napoleonico. Se avete dei debiti -scriveva il Dufresne- ipotecate le vostre rendite; se non avete debiti, contraetene per costruire ponti, strade, canali cd edifici pubblici. I debiti nazionali hanno i loro inconvenienti ma se non sono esagerati offrono dei vantaggi perché legano il creditore, con l'interesse personale, al mantenimento della forma di governo voluta dallo Stato debitore; perché consentono la formazione di una classe di cittadini che, godendo di una rendita loro assicurata senza lavoro, possono dedicarsi alla cultura delle scienze, dello spirito e dell'arte; perché permettono la moltiplicazione della ricchezza dato che i capitali prestati allo Stato e da questo impiegati, continuano a, circolare mentre il contratto che li rappresenta è una proprietà di più fra le proprietà generali... Se Buenos Aires intendeva diventare uno dei centri del commercio mondiale, doveva fondare un Banco di depositi ed uno di circolazione .
Facendo tesoro di questi consigli, il Rivadavia, decretava il 17 aprile 1822 che non fosse otorgada ni rematada tierra alguna no solo para garantir la deuda publica, sino para hacerse de recurso en necesidades extraordinarias.
Qualche anno dopo, quando la presidenza dello Stato (assunta il 7 febbraio 1826) gli permise di nazionalizzare le enfiteusi, tutte le terre ed i beni immobili furono ipotecati per garantire il debito pubblico.
Il prestito fu introdotto nella vita amministrativa. Nel luglio 1822 il Ministro delle finanze Manuel J. Garcia avvertiva il banchiere di Londra Bary d'essere disposto a sottoscrivere un prestito di due o più milioni di pesos per costruire il porto, fondare villaggi e provvedere d'acqua Buenos Aires. Consolidato il debito e creata la Oficina del Credito publico, s'intensificarono i vari rami dell'industria. La protezione accordata ad una classe di cittadini dediti alla cultura si rese evidente, ...il Banco de Descuentos fu una prospera istituzione; l'attività edilizia cd urbana divento una realtà attraverso le riparazioni apportate alla Cattedrale, alla Casa de Gobierno, al quartiere dell'Artiglieria. Le strade aperte lungo la costa, il cimitero, il canale di San Fernando, il molo di Barracas, l ' Hospital de Hombres, l' Hospicio de Santa Lucia, l'assaggio delle acque correnti furono da Rivadavia compiuti.
Manuel I. Garcia, frattanto, organizzava il sistema delle imposte, fomentava lo sviluppo del commercio e delle industrie, mostrandosi favorevole all'immigrazione europea. Contemporaneamente, il generale Cruz iniziava la riforma dell'esercito e della marina. Ma, nel maggio del '24, al Rodriguez era succeduto il generale Las Heras. Rivadavia si era dimesso. Il Garcia, che lo sostituì agli esteri, ed il Cruz che rimase al suo posto, proseguirono l'opera di risanamento economico e di riforma delle forze armate. Ma la legge fondamentale approvata nel 1825 da una nuova Costituente aveva accordata l'autonomia alle province. Contro questo provvedimento insorsero gli unitari, che, provocando l'agitazione parlamentare, obbligarono il Congresso a deporre (con decisione anticostituzionale) il presidente Las Heras, ad abolire il regime provinciale e ad eleggere presidente Rivadavia (7 febbraio 1826). La guerra civile condotta da caudillos esasperati dal ritiro delle autonomie concesse nel 1825, divampò più violenta. Al regime presidenziale di Buenos Aires si opponevano le legislature provinciali dell'interno, cd il Rivadavia, perduta la partita, era costretto a dimettersi il 27 maggio 1827 [nel 1829 fece un nuovo viaggio inn Europa e ritornò in Argentina solo per difendersi dalle colunnie mossegli. Negatagli però ogni difesa il Rivadavia s'imbarcò sfiduciato per il brasile e quindi proseguì verso Cadice ove morì il 2 settembre 1845]
A governatore di Buenos Aires, sostenuto dai caudillos delle province, venne eletto, dopo la caduta del Rivadavia, il colonnello Dorrego, federalista. Ma gli unitari, con l'esercito a loro fedele, riuscivano a deporre, nel dicembre 1828, il Dorrego ed a sostituirlo col generale unitario Lavalle, che, inseguito il vinto ritiratosi nell'interno, lo raggiunse, lo sconfisse, lo fece prigioniero e lo fucilò. Ma il successo del Lavalle fu di breve durata che, colto, a sua volta, di sorpresa dai federalisti, veniva sconfitto al Ponte di Marquez. Juan Manuel Rosas, nel frattempo, penetrava nella capitale, deponeva il generale Viamonte succeduto al Lavalle, ed il 6 dicembre 1829 si faceva nominare governatore e capitano generale" [così N. CUNEO, Storia dell'emigrazione in Argentina (1810-1870), Milano, 1940, cap. II]
Il nuovo regime, ad onta delle generose promesse, mostrava di seguire nei riguardi dell'immigrazione una politica di diffidenza. Ripreso il programma di Moreno, venivano esonerati dai loro uffici, con decreto del 7 febbraio 1813, tutti gli impiegati governativi spagnoli non naturalizzati. Per gli stranieri, in genere, anzi che disposizioni di favore, venivano emesse, quattro anni piu tardi,norme di restrizione. Così nel 1817 si proibiva ai forestieri il matrimonio con donne nate nel paese; nel 1819 essi venivano interdetti dall'esercizio dell'ufficio tutelare, della curatela e dell'esecuzione testamentaria, imponendo inoltre sulle loro successioni un diritto del 50 %. Queste leggi dimostrano come il nuovo stato di cose, pur essendo preparato da uomini liberali come Moreno e Belgrano, creasse un sistema che, retto ancora da uomini del passato, era libero di nome ma dispotico di fatto. Fu solo nel 1821 che la prima legge permise al Governo d'aprire un credito destinato a favorire l'arrivo di famiglie laboriose per aumentare la popolazione della provincia. Tale legge non abrogava però la predetta generica proibizione che l'Inghilterra combattè per la prima, nel 1825, con un successo quasi completo, consacrato in quel trattato del 2 febbraio dell'anno stesso…
Le terre coloniali sino dal 1813 erano state dichiarate proprietà nazionale (non più regia), libere da maggioraschi, manomorte, corvees e vincoli d'ogni specie. Ma il sistema della alienazione era rimasto quello della gratuità, che provocò favoritismi e sperpero del patrimonio demaniale. Nel 1822, per dare garanzie ipotecarie ai prestiti inglesi di cui aveva bisogno, il Governo del Plata sospese le alienazioni delle pubbliche terre decidendo che a cominciare dal febbraio 1827 i fondi demaniali sarebbero stati concessi soltanto in locazione per vent'anni. Ma la cosa non fu attuata a cagione del disordine interno che doveva condurre di 1ì a poco (1829) alla dittatura del Rosas.
Quanti fossero gl'Italiani, in Buenos Aires, in questo decennio (1820-1830), è difficile conoscere, ma dalle notizie che qua e là ne danno i giornali locali, le guide e gli almanacchi si constata che esso offre già un quadro di una certa ampiezza. I cognomi rivelano la provenienza; le categorie professionali indicano il ceto sociale, la condizione economica, il livello culturale. La maggioranza è ligure, la minoranza è piemontese con qualche toscano, qualche napoletano e qualche sardo. Esclusi i fratelli di Manuel Belgrano di cui, uno Gioacchino, era deputato per Flores e possedeva un deposito di legname, e l'altro, Domenico Stanislao, era canonico in Buenos Aires; esclusi i fratelli Luca, d'origine meridionale, che occupavano buoni posti nella burocrazia (Tommaso era secondo ufficiale al Ministero dell'Interno; Giovanni Emanuele tesoriere generale e, alcuni anni dopo, amministratore generale delle poste) tutti gli altri commerciavano al minuto: erano bottegai, venditori di commestibili, od osti.
Le notizie provenienti dall'Italia erano scarse e solo di tanto in tanto i giornali locali riferivano qualche avvenimento come curiosità di cronaca estera e non come osservazione politica. Così, p. es: il 13 marzo 1815 l'Independient e pubblicava l'estratto d'una lettera da Milano del 5 ottobre 1814 nella quale si narrava l'episodio occorso alla Scala al Maresciallo austriaco Bellegarde, che nella sera genetliaca dell'imperatore Francesco I, ebbe fischi in luogo degli attesi applausi. Cinque anni dopo ?il 9 novembre 1820- la Voz del Pueblo riproduceva tradotta dal Times una lettera da Napoli dell' 11 luglio che descriveva le operazioni dell'esercito costituzionale comandato da Guglielmo Pepe. Buenos Aires era allora una capitale in formazione, priva di tutto quello che si poteva trovare in una città europea. Le case di stile coloniale erano quasi tutte ad un piano. Avevano cortili spaziosi, grandi porte, balconi enormi. Le stanze pavimentate con mattoni; le pareti senza stucco né carta da parato erano imbiancate a calce, il soffitto a tetto lasciava vedere i travi. Le strade erano irregolari, senza marciapiedi, e, generalmente, senza lastricato; quasi sempre impraticabili: polverose d'estate, melmose d'inverno. Gli Spagnoli avevano dato ad intendere agli Argentini che il selciato era cosa de romanos , proprio di quelle strade cioé che servono al transito commerciale.
La città aveva una illuminazione insufficiente e primitiva di candeee di sego. E nelle notti di luna, le candele non venivano nemmeno accese. Gli operai in certa guisa si può dire che non mancassero, ma non vi erano le ditte organizzate per la vendita. Non v'erano bastevoli negozi, alberghi, fabbriche, caffè, pasticcerie, professionisti, artigiani. La società cittadina, detta portena, godeva di un certo benessere, ed ostentava anche lusso, tanto che una buona percentuale di stranieri apriva negozi di gioielleria e tappezzeria. Una Guia de Forasteros del 1830, elencando le professioni, i mestieri ed i generi d'industria e di commercio, cui si dedicavano gli stranieri residenti in Buenos Aires, dimostrava come la città schiudesse l'adito ad ogni sorta di attività, rendesse possibile la molteplicità degli impieghi Sfogliando i giornali argentini del tempo o controllando i listini della dogana, si scoprono nomi d'Italiani dedicati, in questo primo trentennio del secolo scorso, a tutto un po', fortunati negli affari come dimostra il progresso compiuto dalle loro aziende. I Liguri, in genere, aprono botteghe di commestibili e qualcuna di queste, col volgere del tempo, si trasforma in almacen, negozio tipico dell'Argentina così come l'oste, adattatosi agli usi dell'ambiente, diverrà facilmente pulpero. Oppure posseggono farmacie, sale da ballo, liquorerie, confetterie, negozi d'armi, giardini di ritrovo, casa de recreo, fabbriche di paste alimentari, specialmente maccheroni, depositi di vini, di legnami, di zucchero, di tabacco, di lana, di marmi, di caffè, spacci di vini e di liquori, negozi d'attrezzi navali, di cuoi, alberghi, salumerie, drogherie. I Piemontesi condividono il genere d'attività dei Liguri, ma se taluno ha depositi di legnami e di tabacchi la maggior parte conduce bettole. S'hanno notizie di due Toscani: uno, Bartolomeo Sambonini, è fabbricante di stuoie, l'altro, Ristorini, vende stoffe e, se l'occasione lo richiede, fa anche il cavadenti. Un napoletano, Giacomo Antonini, fa l'orologiaio, un sardo, Pietro Sebastiani, è membro della commissione edilizia di Buenos Aires. Fra i professionisti, emergono i farmacisti, tutti liguri e piemontesi. Un raffronto tra le Guide di questi anni dimostra ancora come il trasloco dello stesso negozio da una via all'altra fosse in correlazione con lo spostamento delle sfere d'affari da zona a zona, con la dispersione della popolazione dal centro alla periferia o con la possibilità di sfruttare, stabilendo pulperias sui margini della pampa, i bisogni dei gauchos che si recavano in città a fare provviste. Frequente è il . mutamento di mestiere con altro più lucroso e la combinazione temporanea o permanente di due tipi di commercio e di industria diversi, dei quali l'uno sia già bene avviato e l'altro appena iniziato. Così un negoziante di cuoi apre anche un albergo (Francesco Casanova) creando, con fortuna, l'industria alberghiera; un venditore di stoffe si improvvisa dentista (il citato Ristorini).
Si favorisce l'istinto del lusso provocando i bisogni del marmo (un certo Ottoni); quello dei buongustai svelando abitudini italiane come l'uso del caffé che si cominciava a bere in apposite botteghe (Nicola Fontana, Vittorio Furno); quello dei maccheroni (Lanata Carlo ed Accinelli) che permetteva la fondazione di fabbriche produttive; quello della salumeria (fatta conoscere da un negoziante di prodotti agricoli del paese, Corrado Nicola); quello del vino (Marengo Bartolomeo). Altri sfruttava i prodotti locali e diventava esportatore di tabacco, di legnami, di zucchero, di lana (Virgilio Gianolio, Pietro Casanova, Carlo Bertorelli, Nicola Nocetti). Giuseppe Migoni anticipava il parco dei divertimenti e cotruiva il Prado Espanol, che era un giardino pubblico come ve n'erano già tanti in Italia. In Argentina mancavano. La novità della trovata fruttò molti guadagni al suo autore.
Scomparsi nel 1821 i candillos più temibili -Artigas, Ramirez, Carrera- ed assunto il Governo dal Rodriguez (1821?1824), il Rivadavia ritornò al Plata ed ebbe la carica di Segretario per gli Affari interni ed esteri. L'attività che egli svolse in questo tempo fu così feconda che l'illuminata azione condotta dal governo di Rodriguez si suole chiamare periodo di Rivadavia. Dall'Europa, il Bentham ed il Destutt de Tracy, plaudivano al suo liberalismo organico e costruttivo; i suoi migliori amici d'Europa leggevano con interesse i primi numeri dei giornali che egli fondava ed il vasto programma di riforme preannunziato. Tali giornali erano Argos, la Ahaja Argentina, il Registro estadistico .
Aveva dichiarata inviolabile la proprietà, proclamata la libertà di stampa, consentito il ritorno in patria degli esuli politici (Ley de olvido, legge dell'oblio), iniziata la fondamentale riforma ecclesiastica che egli fece trionfare superando fiera opposizione e che ammetteva la libertà di coscienza, aboliva la manomorta, secolarizzava gli ordini monastici ed i cimiteri, sopprimeva i fori personali e le decime. Da Parigi, un altro suo amico, il finanziere Dufresne de Saint?Leon, consigliere di Stato, cavaliere del Re, direttore generale del Debito pubblico e membro della Legion d'onore, gli inviava incoraggiamenti e consigli. In una lettera scrittagli il 30 dicembre 1821, il Dufresne, constatando che l'Inghilterra faceva delle ottime speculazioni in Argentina, lamentava che fossero accordati ad una potenza vantaggi maggiori che ad altre. L'interesse personale avrebbe spinto -secondo il finanziere di Parigi? gli uomini del Plata a piantare le industrie necessarie. Ma bisognava istruirli, fondando delle scuole tecniche, mandando la gioventù argentina in Europa ad imparare l'ingagneria civile ed idraulica, la meccanica, la medicina, la chirurgia, la geometria, la chimica, la storia naturale. Occorreva, inoltre, favorire la stampa, far conoscere i principi fondamentali del Codice Napoleonico. Se avete dei debiti -scriveva il Dufresne- ipotecate le vostre rendite; se non avete debiti, contraetene per costruire ponti, strade, canali cd edifici pubblici. I debiti nazionali hanno i loro inconvenienti ma se non sono esagerati offrono dei vantaggi perché legano il creditore, con l'interesse personale, al mantenimento della forma di governo voluta dallo Stato debitore; perché consentono la formazione di una classe di cittadini che, godendo di una rendita loro assicurata senza lavoro, possono dedicarsi alla cultura delle scienze, dello spirito e dell'arte; perché permettono la moltiplicazione della ricchezza dato che i capitali prestati allo Stato e da questo impiegati, continuano a, circolare mentre il contratto che li rappresenta è una proprietà di più fra le proprietà generali... Se Buenos Aires intendeva diventare uno dei centri del commercio mondiale, doveva fondare un Banco di depositi ed uno di circolazione .
Facendo tesoro di questi consigli, il Rivadavia, decretava il 17 aprile 1822 che non fosse otorgada ni rematada tierra alguna no solo para garantir la deuda publica, sino para hacerse de recurso en necesidades extraordinarias.
Qualche anno dopo, quando la presidenza dello Stato (assunta il 7 febbraio 1826) gli permise di nazionalizzare le enfiteusi, tutte le terre ed i beni immobili furono ipotecati per garantire il debito pubblico.
Il prestito fu introdotto nella vita amministrativa. Nel luglio 1822 il Ministro delle finanze Manuel J. Garcia avvertiva il banchiere di Londra Bary d'essere disposto a sottoscrivere un prestito di due o più milioni di pesos per costruire il porto, fondare villaggi e provvedere d'acqua Buenos Aires. Consolidato il debito e creata la Oficina del Credito publico, s'intensificarono i vari rami dell'industria. La protezione accordata ad una classe di cittadini dediti alla cultura si rese evidente, ...il Banco de Descuentos fu una prospera istituzione; l'attività edilizia cd urbana divento una realtà attraverso le riparazioni apportate alla Cattedrale, alla Casa de Gobierno, al quartiere dell'Artiglieria. Le strade aperte lungo la costa, il cimitero, il canale di San Fernando, il molo di Barracas, l ' Hospital de Hombres, l' Hospicio de Santa Lucia, l'assaggio delle acque correnti furono da Rivadavia compiuti.
Manuel I. Garcia, frattanto, organizzava il sistema delle imposte, fomentava lo sviluppo del commercio e delle industrie, mostrandosi favorevole all'immigrazione europea. Contemporaneamente, il generale Cruz iniziava la riforma dell'esercito e della marina. Ma, nel maggio del '24, al Rodriguez era succeduto il generale Las Heras. Rivadavia si era dimesso. Il Garcia, che lo sostituì agli esteri, ed il Cruz che rimase al suo posto, proseguirono l'opera di risanamento economico e di riforma delle forze armate. Ma la legge fondamentale approvata nel 1825 da una nuova Costituente aveva accordata l'autonomia alle province. Contro questo provvedimento insorsero gli unitari, che, provocando l'agitazione parlamentare, obbligarono il Congresso a deporre (con decisione anticostituzionale) il presidente Las Heras, ad abolire il regime provinciale e ad eleggere presidente Rivadavia (7 febbraio 1826). La guerra civile condotta da caudillos esasperati dal ritiro delle autonomie concesse nel 1825, divampò più violenta. Al regime presidenziale di Buenos Aires si opponevano le legislature provinciali dell'interno, cd il Rivadavia, perduta la partita, era costretto a dimettersi il 27 maggio 1827 [nel 1829 fece un nuovo viaggio inn Europa e ritornò in Argentina solo per difendersi dalle colunnie mossegli. Negatagli però ogni difesa il Rivadavia s'imbarcò sfiduciato per il brasile e quindi proseguì verso Cadice ove morì il 2 settembre 1845]
A governatore di Buenos Aires, sostenuto dai caudillos delle province, venne eletto, dopo la caduta del Rivadavia, il colonnello Dorrego, federalista. Ma gli unitari, con l'esercito a loro fedele, riuscivano a deporre, nel dicembre 1828, il Dorrego ed a sostituirlo col generale unitario Lavalle, che, inseguito il vinto ritiratosi nell'interno, lo raggiunse, lo sconfisse, lo fece prigioniero e lo fucilò. Ma il successo del Lavalle fu di breve durata che, colto, a sua volta, di sorpresa dai federalisti, veniva sconfitto al Ponte di Marquez. Juan Manuel Rosas, nel frattempo, penetrava nella capitale, deponeva il generale Viamonte succeduto al Lavalle, ed il 6 dicembre 1829 si faceva nominare governatore e capitano generale" [così N. CUNEO, Storia dell'emigrazione in Argentina (1810-1870), Milano, 1940, cap. II]