Sono
scarni i dati documentari sulla medicina militare nell' epoca
repubblicana di Roma. Dalle fonti si apprende che prima di Augusto,
secondo Tito Livio, quanti venissero feriti e potessero venir soccorsi
sarebbero stati condotti nei villaggi nei villaggi limitrofi per le
possibili cure.
Naturalmente la celerità nei soccorsi era basilare sia per arrestare eventuale emorragie che per cauterizzare ferite altrimenti destinate a qualche letale infezione.
Augusto approntando una riforma dell'esercito introdusse la figure dei medici militari per cui al contrario di quelli civili la dote basilare risiedeva eminentemente -sfruttando una raffinata strumentazione- nella formazione chirurgica accompagnata da una capacità professionale -anche di formazione letteraria (vedi testi digitalizzati)- di individuare le condizioni ottimali teraputiche contestualmente alle ottimali dislocazioni di alloggiamento a fine igienica onde garantire una buona condizione generale dei soldati = era tanto sofisticata la strutturazione dei valetudinaria che sarebbero occorsi molti secoli prima che opportuni regolamenti dei "nuovi eserciti", qui proposti digitalizzati, ne proponessero gli organigrammi e l'organizzazione di base (come in un contesto più generale , oltre che la regolamentazione della disciplina delle truppe, la classificazione dei militi secondo graduatorie di merito e specialmente di specializzazioni oltre che, come più genericamente nell'età mediana, di gerarchie). Tra i tanti compiti dei diversi specialisti di un ospedale militare rmano era anche dovere dei loro medici quello appurare che gli accampamenti permanenti o castra stativa venissero locati in prossimità di corsi d'acqua ma lungi da acque stagnati e quindi malsane, sì da costituire alla fine paludi malariche (contro cui l'Impero di Roma combattè più di ogni altra civiltà fino a tempi relativamente recenti (vedi) come comprova l'enorme sforzo di bonificazione delle Paludi Pontine su cui ha scritto pagine importanti G. B. Casali nel '600 (leggi qui); avevano essi del pari cura d'evitare l'impianto degli accampamenti in regioni aride, non ombreggiate da alberi o cui fosse arduo portare vettovaglie ed accedere con carriaggi.
In ogni castrum legionario o ausiliario i medici supervisionavano poi l'erezione degli ospedali militari (valetudinaria da valetudinarium) = vedi Pseudo-Igino, De Munitionibus Castrorum, 4 e 35; Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 10; III, 2..
Relativamente alla professione in se stessa ai medici miltari era richiesta una grande esperienza pratica certo eminentemente se non esclusivamente empirica forgiata in maniera diretta sui campi di battaglia.
E nell'agone della battaglia sia i medici che i loro inservienti stavano in numero considerevole proprio dietro le prime linee sì da curare i soldati feriti sul posto. Per gli interventi si avvalevano di una varietà di strumenti chirurgici notevolmente sofisticati per l'epoca atti a rimuovere celermente frecce, lance e dardi, pulire e disinfettare le ferite con acqua pulita per poi se necessario applicare punti di sutura. Agli inservienti spettava tra l'altro l'obbligo di bendare le ferite.
La rapidità era basilare nella pulizia, chiusura e bendaggio della ferita, soprattutto quando se profonda, in mancanza di antibiotici, sì dai prevenire un'infezione che potesse condurre poi ad una morte lenta e agonizzante per gangrena = in effetti i Romani come scrive Amatus Lustanus conoscevano l'Usnea barbata (gergalmente detta "barba di Bosco") sotto vari nomi bryum o muscus od usnea cui riconoscevano varie proprietà ma non quella che ne fece un prodotto quasi inconsapevolmente basilare di certe guarigioni da infezioni apparentemente incurabili = dal seicento -pur senza intuirne la specificità medicamentosa- essa sarebbe infatti rientrata come componente essenziale dell' "Unguento Armario" cioè dell'"Unguento ad uso delle ferite di guerra" secondo una determinata scuola medica : a prescindere dalle controversie su questa specifica teoria l'Usnea o Barba di Bosco (Usnea barbata), famiglia usneacee, è un lichene, che propriamente contiene acido usnico batteriostatico, atto ad arrestare, con buoni risultati, i processi infettivi; in particolare gli estratti di "Usnea barbata" coadiuvano le naturali difese contro le infezioni batteriche e micotiche sì che l' Alexandrian, Storia della filosofia occulta, a cura di D. Chioatto, Milano 1996, P. 342 giunse a definirla un "oscuro presentimento della penicillina" (del resto l'assenza di strumenti di investigazione approfondita ad iniziare dal microscopio e l'ignoranza che le infezioni potessero esser scatenate da microorganismi, batteri e germi era e sarebbe stato per secoli un antemurale gnoseologico anche a fronte di altre piante potenzialmente battericide ed utilizzate empiricamente come nel caso dell'aglio).
Dalla medicina greca che si era vieppiù fatto spazio nell'ecumene romano con l'arrivo a Roma di esimi specialisti, anche i medici dell'esercito romano trassero svariati giovamenti ed in particolare ereditarono una vasta conoscenza delle proprietà curative di piante ed erbe medicinali (vedi indici) = si trattava di una scienza più complessa di quanto creduto comunemente e soprattutto in continua evoluzione al segno che dai Rizotomi dell'epoca romana in forza anche della scienza araba che del sapere romano fu apertamente debitrice si trasmisero ulteriori competenze che raggiunsero la Cristianità e si ramificarono nell'opera degli Aromatari e degli Erboristi oltre che di quelle che in tempi meno tormentati dalla superstizione furono dette le "Donne Savie", "Donne Rimedianti", "Buone Donne" ma anche risultarono gratificate dell'appelativo vero e proprio di "Medichesse".
Molti erano i medicamenti del mondo vegetale che offrirono valide soluzioni terapeutiche ai medici romani e tra queste primeggiò spesso la Centaurea anche se a scorrere un indice che giammai potrà esser esaustivo e pur calcolando le nuove acquisizioni degli erboristi si può già intendere leggendo qui partendo a leggere in ordine alfabetico dall'"Abrotano" (pressoché venerato dai Greci per le potenzialità farmaceutiche) si scopre di quanti medicamenti potessero fruire i medici romani.
Resti di almeno 5 piante medicinali sono stati trovati nei siti di un forte, suggerendo che tali erbe erano coltivate all'interno del forte in veri e propri giardini da giudicare per molti aspetti anticipatori dei monastici Giardini dei Semplici. Il Praefectus castrorum [Davies (1989), p. 214. ] era a capo dell'intiero organigramma sanitario: sotto stava immedatamente l'Optio valetudinarii, o direttore dell'ospedale militare della fortezza legionaria, che fungeva da responsabile amministrativo [Holder (1982), p. 78. ] .
Ai vertici del servizio clinico oprava un "medico-capo" detto Medicus: specialmente nella parte orientale dell'Impero, il Medicus era generalmente persona qualificata ed esperta, occasionalmente perfino anche un accademico ed in merito è esemplificativo il caso di Pedanio Dioscoride, un chirurgo militare dell'epoca di Nerone, il quale pubblicò un trattato (De Medicinali Materia libri sex), che rimase per secoli come libro base dei testi di medicina.[Davies (1989), p. 214. = Il greco Ippocrate non apprezzava particolarmente la chirurgia specie per l'assenza di anestetici, antidolorifici e antibatterici enormi limiti tuttavia non impedirono la messa a punto di tecniche operatorie sofisticate e valide, né il posto di rilievo che occupò la chirurgia, soprattutto quella traumatologica di guerra. Si trattava tuttavia di una pratica cruenta, violenta, straziante, subita con terrore e quindi delegata a figure alternative obbligate ad indossare abiti corti per essere meglio distinte dai medici che invece vestivano lunghe tuniche drappeggiate.
A Roma, in un tempio eretto sull'isola Tiberina, era venerato il dio, Esculapio il cui culto fu importato dalla Grecia nel 293 a.C. a seguito di una epidemia di peste. I romani, pur tenendole in gran conto, non amavano praticare personalmente alcune attività e così affidavano agli schiavi, spesso greci o alessandrini, l'educazione culturale dei propri figli ed anche la loro salute. I più eminenti medici della Roma augustea provenivano per lo più dalla periferia dell'Impero. Uno di questi fu Aulo Cornelio Celso un enciclopedista vissuto nel I secolo e originario forse della Gallia che nell'ultimo volume del suo De Medicina tratta lo stato dell'arte chirurgica ai suoi tempi fornendoci utili informazioni. Descrive perfettamente molti interventi da quello per cataratta a quello di tonsillectomia alla craniotomia, alla incisione degli ascessi, alla litotomia, alla cura delle fratture, alle manovre ostetriche più complesse. Celso dimostra una buona conoscenza dell'anatomia e anche degli oppioidi, che usa per lenire il dolore. A lui si deve la individuazione (notae vero inflammationis sunt quattuor: rubor et tumor cum calor et dolor) dei quattro sintomi dell'infiammazione: arrossamento, tumefazione, calore e dolore. Quintiliano lo definisce mediocri vir ingenii mettendo in discussione anche il fatto che fosse un medico ma in realtà Celso fu uno dei più autorevoli esponenti della medicina, molto apprezzato dai contemporanei e colpevolmente dimenticato dai posteri, che gli preferirono il quasi contemporaneo, Galeno.
In realtà Galeno di Pergamo (131-201 d.C.) visse un secolo dopo. In quanto medico dei gladiatori ebbe la possibilità di fare molta esperienza in campo traumatologico e chirurgico praticando tutti gli interventi usuali a quell'epoca. In ciò l'aiutava anche una buona conoscenza dell'anatomia per la consuetudine di eseguire autopsie sui cadaveri dei morti nell'arena ma soprattutto vivisezioni sul maiale (che considerava l'animale più simile all'uomo) e sulla scimmia. Contribuirono ad accrescerne la fama ed il prestigio i risultati eccellenti dei suoi interventi chirurgici, legati all'utilizzo degli oppiodi per lenire il dolore e soprattutto all'adozione di alcune elementari norme igieniche. L'igiene, momento essenziale della cura del corpo (mens sana in corpore sano) fu molto importante nel mondo romano come testimonia il gran numero di terme, di acquedotti e di fognature costruite in tutto l'Impero, ma anche dei Valetudinaria anticipazione dei moderni ospedali che furono costruiti a Roma, e sulla cui concezione si basarono le prime strutture mobili, da campo, che seguivano le legioni e nelle quali operavano i chirurghi militari = alcune piante erano utilizzate per supposte proprietà contro le infezioni (dell'aglio si è detto sopra) anche se con l'affermazione del cristianesimo accanto ai rizotomi ed aromatari (erboristi/fitoterapisti) sorse una leggenda nera che li coinvolgeva con quelle che un tempo eran dette savie donne o donne medicanti poi relegate al ruolo di streghe = non è del tutto noto se i medici romani usassero l'usnea, ritenuta non senza ragione, un vago presentimento della penicillina].
Il grado di Medicus è incerto, ma probabilmente era paragonabile al tribuno militare di rango equestre. In molti casi il Medicus serviva una breve commissione, nel ruolo di "medico senior", tornando poi alla vita civile [Holder (1982), p. 78 ].
A capo dell'infermeria di ciascun accampamento (valetudinarium) c'era poi il "Medicus castrensis", esentato da ogni altro servizio, assistito nelle strutture più grandi da tutta una serie di medici specialistici (come il Medicus chirurgus ovvero il chirurgo,[CIL XI, 5400; AE 2001, 263; CIL VI, 3986; AE 1945, 62. ] il Medicus clinicus ovvero l'internista comunque inibito nell'applicazione di terapie opportune dalla mancata conoscenza di battericidi o batteriostatici[AE 1951, 201; CIL XI, 5400.] il Medicus ocularius ovvero l'oculista,[AE 1979, 572; CIL XI, 742. ] il Marsus specialista in morsi di serpenti [quindi esperto per l'asportazione di veleni inoculati da animali selvatici ed al riguardo una notazione utile può derivare dalla Historia naturalis di Plinio il Vecchio come qui si può leggere] non era obbligatoriamente affatto conoscitore, secondo le svariate interpretazioni mediche ( nell'impossibilità di realizzare il mitico "Antidoto universale" detto Mithridatium antidoton) della "Triaca - Teriaca" (su cui comunque vista l'esperienza nei "semplici" avrebbe anche potuto esser consultato): ma sempre al Clinicus sarebbe spettata la fruizione dell'antidoto e della "Teriaca/Triaca" eventualmente in dotazione e che comunque ebbe grande rilevanza nei secoli atteso che il suo uso in varie formule e composizioni sarebbe durato sino al XIX secolo (si riportano qui osservazioni e ricette sugli antidoti di Sammonico e Plinio e, a titolo documentario di ciò che si è appena detto, quanto della Triaca - Teriaca scriverà lo speziale veneziano Giorgio Melichio citando piante dai nomi astrusi e decifrabili leggendo il cinquecentesco medico veneto Zefiriele Bovio nel suo Melampigo = nel Melampigo (vedi indice) il medico paracelsiano Bovio (vedi) aveva sviluppato il tema dell'acqua teriacale e poi ancora in altra opera o Flagello si era poi espresso sulla sulla quasi leggendaria Quinta Essenza Teriacale)] ed infine il Medicus veterinarius [ CIL VI, 37194; CIL V, 2183. ] per la cura dei cavalli o degli animali da soma [G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini 2008, p.225. ], oltre a Capsarii (infermieri guardarobieri, da capsa = scatola dove si tenevano i bendaggi), Frictores (massaggiatori), Unguentarii, curatores operis (addetti al servizio farmaceutico), optiones valetudinarii [CIL XIII, 8011 dalla fortezza legionaria di Bonna; CIL VIII, 18047 e AE 1987, 1058 dalla fortezza di Lambaesis; AE 1937, 181 e AE 1955, 13 da quella di Aquincum (vedi) ] addetti al vitto e all'amministrazione.
La cavalleria possedeva propri medici detti Medici alarum [ CIL III, 6205.]) così come nella marina vi era poi un Medicus triremis (o un Medicus duplicarius per nave[CIL XI, 29; AE 1995, 1350. ]). Vi era anche una gradazione dei medici militari in Medicus legionarius di grado superiore al Medicus coortis,[CIL XIII, 7415; CIL XIII, 6621; CIL XIII, 11767; CIL III, 7490; AE 1903, 290; CIL III, 10854; AE 1945, 141; CIL VI, 20 (p 3755). ] ed infine il Medicus ordinariius [RIB 1618. ] che aveva il grado corrispondente a quello di centurione, ma senza un comando effettivo sui soldati.
Le unità ausiliarie avevano anch'essi dei propri medici, benché in numero più limitato di quelli delle legioni. E proprio perché si trattava di unità di dimensioni più ridotte, non esisteva un capo-medico di rango equestre, ma semplicemente un Medicus ordinarius. Vi erano poi altri medici con il grado di principales, incluso il Medicus veterinarius per la salute degli animali, così come altri con il grado di immunes sotto di loro.[Davies (1989), p. 214. ]
Naturalmente la celerità nei soccorsi era basilare sia per arrestare eventuale emorragie che per cauterizzare ferite altrimenti destinate a qualche letale infezione.
Augusto approntando una riforma dell'esercito introdusse la figure dei medici militari per cui al contrario di quelli civili la dote basilare risiedeva eminentemente -sfruttando una raffinata strumentazione- nella formazione chirurgica accompagnata da una capacità professionale -anche di formazione letteraria (vedi testi digitalizzati)- di individuare le condizioni ottimali teraputiche contestualmente alle ottimali dislocazioni di alloggiamento a fine igienica onde garantire una buona condizione generale dei soldati = era tanto sofisticata la strutturazione dei valetudinaria che sarebbero occorsi molti secoli prima che opportuni regolamenti dei "nuovi eserciti", qui proposti digitalizzati, ne proponessero gli organigrammi e l'organizzazione di base (come in un contesto più generale , oltre che la regolamentazione della disciplina delle truppe, la classificazione dei militi secondo graduatorie di merito e specialmente di specializzazioni oltre che, come più genericamente nell'età mediana, di gerarchie). Tra i tanti compiti dei diversi specialisti di un ospedale militare rmano era anche dovere dei loro medici quello appurare che gli accampamenti permanenti o castra stativa venissero locati in prossimità di corsi d'acqua ma lungi da acque stagnati e quindi malsane, sì da costituire alla fine paludi malariche (contro cui l'Impero di Roma combattè più di ogni altra civiltà fino a tempi relativamente recenti (vedi) come comprova l'enorme sforzo di bonificazione delle Paludi Pontine su cui ha scritto pagine importanti G. B. Casali nel '600 (leggi qui); avevano essi del pari cura d'evitare l'impianto degli accampamenti in regioni aride, non ombreggiate da alberi o cui fosse arduo portare vettovaglie ed accedere con carriaggi.
In ogni castrum legionario o ausiliario i medici supervisionavano poi l'erezione degli ospedali militari (valetudinaria da valetudinarium) = vedi Pseudo-Igino, De Munitionibus Castrorum, 4 e 35; Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 10; III, 2..
Relativamente alla professione in se stessa ai medici miltari era richiesta una grande esperienza pratica certo eminentemente se non esclusivamente empirica forgiata in maniera diretta sui campi di battaglia.
E nell'agone della battaglia sia i medici che i loro inservienti stavano in numero considerevole proprio dietro le prime linee sì da curare i soldati feriti sul posto. Per gli interventi si avvalevano di una varietà di strumenti chirurgici notevolmente sofisticati per l'epoca atti a rimuovere celermente frecce, lance e dardi, pulire e disinfettare le ferite con acqua pulita per poi se necessario applicare punti di sutura. Agli inservienti spettava tra l'altro l'obbligo di bendare le ferite.
La rapidità era basilare nella pulizia, chiusura e bendaggio della ferita, soprattutto quando se profonda, in mancanza di antibiotici, sì dai prevenire un'infezione che potesse condurre poi ad una morte lenta e agonizzante per gangrena = in effetti i Romani come scrive Amatus Lustanus conoscevano l'Usnea barbata (gergalmente detta "barba di Bosco") sotto vari nomi bryum o muscus od usnea cui riconoscevano varie proprietà ma non quella che ne fece un prodotto quasi inconsapevolmente basilare di certe guarigioni da infezioni apparentemente incurabili = dal seicento -pur senza intuirne la specificità medicamentosa- essa sarebbe infatti rientrata come componente essenziale dell' "Unguento Armario" cioè dell'"Unguento ad uso delle ferite di guerra" secondo una determinata scuola medica : a prescindere dalle controversie su questa specifica teoria l'Usnea o Barba di Bosco (Usnea barbata), famiglia usneacee, è un lichene, che propriamente contiene acido usnico batteriostatico, atto ad arrestare, con buoni risultati, i processi infettivi; in particolare gli estratti di "Usnea barbata" coadiuvano le naturali difese contro le infezioni batteriche e micotiche sì che l' Alexandrian, Storia della filosofia occulta, a cura di D. Chioatto, Milano 1996, P. 342 giunse a definirla un "oscuro presentimento della penicillina" (del resto l'assenza di strumenti di investigazione approfondita ad iniziare dal microscopio e l'ignoranza che le infezioni potessero esser scatenate da microorganismi, batteri e germi era e sarebbe stato per secoli un antemurale gnoseologico anche a fronte di altre piante potenzialmente battericide ed utilizzate empiricamente come nel caso dell'aglio).
Dalla medicina greca che si era vieppiù fatto spazio nell'ecumene romano con l'arrivo a Roma di esimi specialisti, anche i medici dell'esercito romano trassero svariati giovamenti ed in particolare ereditarono una vasta conoscenza delle proprietà curative di piante ed erbe medicinali (vedi indici) = si trattava di una scienza più complessa di quanto creduto comunemente e soprattutto in continua evoluzione al segno che dai Rizotomi dell'epoca romana in forza anche della scienza araba che del sapere romano fu apertamente debitrice si trasmisero ulteriori competenze che raggiunsero la Cristianità e si ramificarono nell'opera degli Aromatari e degli Erboristi oltre che di quelle che in tempi meno tormentati dalla superstizione furono dette le "Donne Savie", "Donne Rimedianti", "Buone Donne" ma anche risultarono gratificate dell'appelativo vero e proprio di "Medichesse".
Molti erano i medicamenti del mondo vegetale che offrirono valide soluzioni terapeutiche ai medici romani e tra queste primeggiò spesso la Centaurea anche se a scorrere un indice che giammai potrà esser esaustivo e pur calcolando le nuove acquisizioni degli erboristi si può già intendere leggendo qui partendo a leggere in ordine alfabetico dall'"Abrotano" (pressoché venerato dai Greci per le potenzialità farmaceutiche) si scopre di quanti medicamenti potessero fruire i medici romani.
Resti di almeno 5 piante medicinali sono stati trovati nei siti di un forte, suggerendo che tali erbe erano coltivate all'interno del forte in veri e propri giardini da giudicare per molti aspetti anticipatori dei monastici Giardini dei Semplici. Il Praefectus castrorum [Davies (1989), p. 214. ] era a capo dell'intiero organigramma sanitario: sotto stava immedatamente l'Optio valetudinarii, o direttore dell'ospedale militare della fortezza legionaria, che fungeva da responsabile amministrativo [Holder (1982), p. 78. ] .
Ai vertici del servizio clinico oprava un "medico-capo" detto Medicus: specialmente nella parte orientale dell'Impero, il Medicus era generalmente persona qualificata ed esperta, occasionalmente perfino anche un accademico ed in merito è esemplificativo il caso di Pedanio Dioscoride, un chirurgo militare dell'epoca di Nerone, il quale pubblicò un trattato (De Medicinali Materia libri sex), che rimase per secoli come libro base dei testi di medicina.[Davies (1989), p. 214. = Il greco Ippocrate non apprezzava particolarmente la chirurgia specie per l'assenza di anestetici, antidolorifici e antibatterici enormi limiti tuttavia non impedirono la messa a punto di tecniche operatorie sofisticate e valide, né il posto di rilievo che occupò la chirurgia, soprattutto quella traumatologica di guerra. Si trattava tuttavia di una pratica cruenta, violenta, straziante, subita con terrore e quindi delegata a figure alternative obbligate ad indossare abiti corti per essere meglio distinte dai medici che invece vestivano lunghe tuniche drappeggiate.
A Roma, in un tempio eretto sull'isola Tiberina, era venerato il dio, Esculapio il cui culto fu importato dalla Grecia nel 293 a.C. a seguito di una epidemia di peste. I romani, pur tenendole in gran conto, non amavano praticare personalmente alcune attività e così affidavano agli schiavi, spesso greci o alessandrini, l'educazione culturale dei propri figli ed anche la loro salute. I più eminenti medici della Roma augustea provenivano per lo più dalla periferia dell'Impero. Uno di questi fu Aulo Cornelio Celso un enciclopedista vissuto nel I secolo e originario forse della Gallia che nell'ultimo volume del suo De Medicina tratta lo stato dell'arte chirurgica ai suoi tempi fornendoci utili informazioni. Descrive perfettamente molti interventi da quello per cataratta a quello di tonsillectomia alla craniotomia, alla incisione degli ascessi, alla litotomia, alla cura delle fratture, alle manovre ostetriche più complesse. Celso dimostra una buona conoscenza dell'anatomia e anche degli oppioidi, che usa per lenire il dolore. A lui si deve la individuazione (notae vero inflammationis sunt quattuor: rubor et tumor cum calor et dolor) dei quattro sintomi dell'infiammazione: arrossamento, tumefazione, calore e dolore. Quintiliano lo definisce mediocri vir ingenii mettendo in discussione anche il fatto che fosse un medico ma in realtà Celso fu uno dei più autorevoli esponenti della medicina, molto apprezzato dai contemporanei e colpevolmente dimenticato dai posteri, che gli preferirono il quasi contemporaneo, Galeno.
In realtà Galeno di Pergamo (131-201 d.C.) visse un secolo dopo. In quanto medico dei gladiatori ebbe la possibilità di fare molta esperienza in campo traumatologico e chirurgico praticando tutti gli interventi usuali a quell'epoca. In ciò l'aiutava anche una buona conoscenza dell'anatomia per la consuetudine di eseguire autopsie sui cadaveri dei morti nell'arena ma soprattutto vivisezioni sul maiale (che considerava l'animale più simile all'uomo) e sulla scimmia. Contribuirono ad accrescerne la fama ed il prestigio i risultati eccellenti dei suoi interventi chirurgici, legati all'utilizzo degli oppiodi per lenire il dolore e soprattutto all'adozione di alcune elementari norme igieniche. L'igiene, momento essenziale della cura del corpo (mens sana in corpore sano) fu molto importante nel mondo romano come testimonia il gran numero di terme, di acquedotti e di fognature costruite in tutto l'Impero, ma anche dei Valetudinaria anticipazione dei moderni ospedali che furono costruiti a Roma, e sulla cui concezione si basarono le prime strutture mobili, da campo, che seguivano le legioni e nelle quali operavano i chirurghi militari = alcune piante erano utilizzate per supposte proprietà contro le infezioni (dell'aglio si è detto sopra) anche se con l'affermazione del cristianesimo accanto ai rizotomi ed aromatari (erboristi/fitoterapisti) sorse una leggenda nera che li coinvolgeva con quelle che un tempo eran dette savie donne o donne medicanti poi relegate al ruolo di streghe = non è del tutto noto se i medici romani usassero l'usnea, ritenuta non senza ragione, un vago presentimento della penicillina].
Il grado di Medicus è incerto, ma probabilmente era paragonabile al tribuno militare di rango equestre. In molti casi il Medicus serviva una breve commissione, nel ruolo di "medico senior", tornando poi alla vita civile [Holder (1982), p. 78 ].
A capo dell'infermeria di ciascun accampamento (valetudinarium) c'era poi il "Medicus castrensis", esentato da ogni altro servizio, assistito nelle strutture più grandi da tutta una serie di medici specialistici (come il Medicus chirurgus ovvero il chirurgo,[CIL XI, 5400; AE 2001, 263; CIL VI, 3986; AE 1945, 62. ] il Medicus clinicus ovvero l'internista comunque inibito nell'applicazione di terapie opportune dalla mancata conoscenza di battericidi o batteriostatici[AE 1951, 201; CIL XI, 5400.] il Medicus ocularius ovvero l'oculista,[AE 1979, 572; CIL XI, 742. ] il Marsus specialista in morsi di serpenti [quindi esperto per l'asportazione di veleni inoculati da animali selvatici ed al riguardo una notazione utile può derivare dalla Historia naturalis di Plinio il Vecchio come qui si può leggere] non era obbligatoriamente affatto conoscitore, secondo le svariate interpretazioni mediche ( nell'impossibilità di realizzare il mitico "Antidoto universale" detto Mithridatium antidoton) della "Triaca - Teriaca" (su cui comunque vista l'esperienza nei "semplici" avrebbe anche potuto esser consultato): ma sempre al Clinicus sarebbe spettata la fruizione dell'antidoto e della "Teriaca/Triaca" eventualmente in dotazione e che comunque ebbe grande rilevanza nei secoli atteso che il suo uso in varie formule e composizioni sarebbe durato sino al XIX secolo (si riportano qui osservazioni e ricette sugli antidoti di Sammonico e Plinio e, a titolo documentario di ciò che si è appena detto, quanto della Triaca - Teriaca scriverà lo speziale veneziano Giorgio Melichio citando piante dai nomi astrusi e decifrabili leggendo il cinquecentesco medico veneto Zefiriele Bovio nel suo Melampigo = nel Melampigo (vedi indice) il medico paracelsiano Bovio (vedi) aveva sviluppato il tema dell'acqua teriacale e poi ancora in altra opera o Flagello si era poi espresso sulla sulla quasi leggendaria Quinta Essenza Teriacale)] ed infine il Medicus veterinarius [ CIL VI, 37194; CIL V, 2183. ] per la cura dei cavalli o degli animali da soma [G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini 2008, p.225. ], oltre a Capsarii (infermieri guardarobieri, da capsa = scatola dove si tenevano i bendaggi), Frictores (massaggiatori), Unguentarii, curatores operis (addetti al servizio farmaceutico), optiones valetudinarii [CIL XIII, 8011 dalla fortezza legionaria di Bonna; CIL VIII, 18047 e AE 1987, 1058 dalla fortezza di Lambaesis; AE 1937, 181 e AE 1955, 13 da quella di Aquincum (vedi) ] addetti al vitto e all'amministrazione.
La cavalleria possedeva propri medici detti Medici alarum [ CIL III, 6205.]) così come nella marina vi era poi un Medicus triremis (o un Medicus duplicarius per nave[CIL XI, 29; AE 1995, 1350. ]). Vi era anche una gradazione dei medici militari in Medicus legionarius di grado superiore al Medicus coortis,[CIL XIII, 7415; CIL XIII, 6621; CIL XIII, 11767; CIL III, 7490; AE 1903, 290; CIL III, 10854; AE 1945, 141; CIL VI, 20 (p 3755). ] ed infine il Medicus ordinariius [RIB 1618. ] che aveva il grado corrispondente a quello di centurione, ma senza un comando effettivo sui soldati.
Le unità ausiliarie avevano anch'essi dei propri medici, benché in numero più limitato di quelli delle legioni. E proprio perché si trattava di unità di dimensioni più ridotte, non esisteva un capo-medico di rango equestre, ma semplicemente un Medicus ordinarius. Vi erano poi altri medici con il grado di principales, incluso il Medicus veterinarius per la salute degli animali, così come altri con il grado di immunes sotto di loro.[Davies (1989), p. 214. ]