Giuseppe Garibaldi nasce a NIZZA il 4 luglio 1807 in una casa sulle sponde del mare come lui stesso scrive nelle sue Memorie.
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[Roma maggio 1825]
Eminentissimo e Reverendissimo Signore
Il Capitan Domenico Garibaldi di Nizza qui venuto con carico di vino ebbe un tiro dei bufali che servì per trasportare il suo bastimento, e quello di un siciliano. Quantunque piccolo Legno di 29 Tonnellate ebbe hisogno di allegire 16 caratelli di tre barili l'uno sopra un Navicello che veniva con carico di calce per San Paolo.
L'Appaltatore per quest'alleggio pretende il pagamento di scudi 5.25 che la legge prescrive per i legni vacanti o per i Navicelli carichi.
Ma l'articolo 25 della legge esprime che quest'ulteriore pagamento si debba quando il conduttore è obbligato ad attaccare due diversi tiri: il che non è il caso dell'oratore, perché l'Appaltatore ha dato, ed esatto il tiro dovuto dal Navicello della calce. Prega quindi Vostra Eminenza Reverendissima a far desistere l'Appaltatore da tal pretenzione.
A Sua Eminenza Reverendissima
Il Signor Cardinal Galeffi
Camerlengo di Santa Chiesa |
Delle sue gesta i libri di storia sono zeppi: qualche dato biografico in più merita forse la giovinezza, con le prime esperienze politiche, e il complesso periodo di soggiorno (e di imprese) in Sud America (imprese che congiuntamente a quelle italiane ed europee gli meriteranno l'appellativo di "eroe dei due mondi").
Nel 1825 il giovane GIUSEPPE segue a Roma il padre DOMENICO GARIBALDI sulla tartana "Santa Reparata" che trasporta verso lo Stato della Chiesa, come apprendiamo dai DOCUMENTI D'ARCHIVIO un certo quantitativo di VINO LIGURE PROVENZALE.
Per quanto nizzardo e quindi suddito sabaudo GIUSEPPE GARIBALDI appartiene alla tradizione marinaresca e commerciale tipicamente ligure: in tale contesto egli si segnala per lo svolgimento di un'attività tipica della marineria ligure come quello del TRAFFICO MERCANTILE VIA MARE DEL VINO.
Contestualmente da siffatta esperienza matura una peculiare padronanza nell'arte marinara onde poter aspirare ad impegni propri della MARINA DA GUERRA o per esser precisi nella gestione dell'attività di CORSARO durante il suo soggiorno in SUD AMERICA, previa l'acquisizione di PATENTI DI CORSA (CORSARO - CORSARI) ad opera dell'AUTORITA' PER CUI OPERA.
L'animo avventuroso di Garibaldi non poteva però esser stato influenzato dalle gesta di navi corsare contro i Francesi, data la sua condizione di nizzardo e suddito sabaudo e nonostante le sue ancora in nuce ideee libertatarie: la leggenda aveva peralro contribuito ad esaltare le gesta dei CORSARI FILOSABAUDI DI ONEGLIA emblematicamente detti le TIGRI DI ONEGLIA impegnati contro i VASCELLI FRANCESI e parimenti il giovine marinaio destinato ad un futuro glorioso non poteva non esser stato affascinato dalla vita degli approdi di Nizza, precisamente quelli di VILLAFRANCA E LIMPIA, siti dai mille incontri dove i commercianti eran spesso mescolati agli avventurieri dediti alla GUERRA DI CORSA.
Nel 1833 si succedono comunque due fatti essenziali per le future opzioni di vita di GIUSEPPE GARIBALDI: Emile Barrault lo avvicina al socialismo utopistico di Saint-Simon, con tutte le sue valenze filosofiche e internazionalistiche basate sull'idea di progresso sociale e democratico, mentre colui che Garibaldi stesso, senza sbilanciarsi, mantiene nelle sue Memorie sotto un sorprendente anonimato (lo chiama soltanto il Credente) lo inizia alla conoscenza del pensiero di Mazzini. Assunto il nome di battaglia di Cleombroto il giovane si arruola quindi nella Marina Militare per essere di aiuto alla causa rivoluzionaria e repubblicana da lui pienamente condivisa: tanto che nel 1834 partecipa attivamente ad azioni cospirative. La spedizione nella Savoia ideata da Mazzini però fallisce e Garibaldi deve prendere presto la via dell'esilio, seguito dalla condanna a morte comminata ai contumaci. Si reca nella nativa Nizza, quindi a Marsiglia (dove sotto il falso nome di Borel riprende i collegamenti coi democratici) e poi ancora a Costantinopoli e Odessa.
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ELENCO DEGLI ADERENTI ALLA "GIOVINE ITALIA" IN RIO DE JANEIRO, TRASMESSO DAL VICE LEGATO DI POLIZIA IN VELLETRI AL GOVERNATORE DI CORI. TRA I VARI NOMINATIVI COMPARE ANCHE QUELLO DI GARIBALDI. VELLETRI, 17 NOVEMBRE 1838 (DOCUMENTO IN ARCHIVIO DI STATO DI LATINA, GOVERNO DI CORI, SERIE VII, ATTI DI POLIZIA, B. 222, FASC.16920, N.6/2) |
La sua fuga dalla polizia sabauda si conclude in Brasile verso il 1835: si stabilisce infatti a Rio de Janeiro entrando a far parte della COLONIA MAZZINIANA capeggiata da GIOVANNI BATTISTA CUNEO DI ONEGLIA: ed a questo proposito è sempre da rammentare come il "NUOVO MONDO" od "AMERICA" costituì un punto di riferimento irrinunicabile per tanti Patrioti che vi trovarono riparo ed in particola per la GRANDE EMIGRAZIONE LIGURE quella dei GRINGOS GENOVESI come si soleva dire usando il termine in senso lato per LIGURI tra cui, come qui si vede tantissimi furono i LIGURI PONENTINI che variamente operarono ora contribuendo al progresso ed alla civilizzazione di terre ancora inesplorate ora svolgendo un ruolo importante nella vita politica sudamericana portando un alto contributo ideologico e democratico a pro di UNA TERRA CHE SI ANDAVA LENTAMENTE RICOSTRUENDO SUI RUDERI DEL CROLLATO IMPERO COLONIALE SPAGNOLO.
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Lettera Patente di Corsaro
Bento Gongalves da Silva,
Generale e Presidente della Repubblica
Rio Grandese
Il Governo della Repubblica Riograndese, insediatosi nella città di Piratinim nel giorno 6 del mese di novembre del 1836, opponendo forza alla forza e facendo valere i propri diritti più sacri contro gli arbitri del Governo del Brasile, il quale, dopo aver trascurato i piu giusti reclami del Popolo Riograndese garantiti dal Diritto Costituzionale vigente nelle provincie del Brasile e ancora di più, abusando del potere conferito dalla Costituzione, ci ha dichiarati fuori legge:
Pertanto ordino e decreto la presente PATENTE DI CORSARO acciocché la Zumaca Farropilha del peso di 120 tonnellate escluso l'equipaggiamento possa percorrere liberamente tutti i mari e i fiumi dove transitano navi da guerra e mercantili del Governo del Brasile e dei suoi sudditi, che, se presi con la forza delle armi, saranno considerati bottino di guerra come prescritto dall'Autorità legittima e competente. Si raccomanda il Capitano Giuseppe Garibaldi, comandante della detta nave corsara e tutti i suoi subalterni di rispettare e di fare rispettare le bandiere, i sudditi e gli interessi delle altre Nazioni, e di trattarli con la massima urbanità e delicatezza; augurandoci che il Governo di questa Repubblica contraccambi i Capi ed i Sudditi delle altre Nazioni, ai quali chiedo di concedere alla detta nave corsara tutta la protezione in caso di pericolo comune per naufragio, incendio, fame e peste. Lo stesso capitano e, in sua vece, qualsiasi tenente darà a questo Governo l'aiuto necessario ricevuto sia per mare che per terra, per tributare ai rispettivi Governi gli onori dovuti a tale degna filantropia. In conseguenza ordino a tutti i Capi e Sudditi della Repubblica Riograndese che abitano i porti e le spiagge del suo territorio di offrire e dare a tutte le navi corsare e alle persone da loro dipendenti la più attenta e devota protezione in caso di bisogno e in caso contrario sotto la più grave responsabilità. Nella medesima forma ordino al Capitano Giuseppe Garibaldi comandante della detta nave corsara in ragione del fatto che, per ora, in questo Stato non esiste nessun porto adatto all'attracco e nel quale si possa raccogliere e conservare i bottini fatti, di servirsi dei porti dello Stato della Repubblica di Bahia, considerando le relazioni di amicizia e di alleanza offensiva e difensiva che hanno contratto i due Stati contro il Governo di Rio de Janeiro; avendo la certezza di trovare nelle Autorità Repubblicane costituite in quello Stato, tutta la protezione ed il favore; nella stessa forma saranno trattate le loro navi nelle medesime situazioni. In fede che così si adempierà, ed al fine di dare a questa lettera patente tutto il suo valore e forza, preteso dal diritto delle genti per potere navigare liberamente su una nave corsara o mercantile, mando a registrare la presente nella Segreteria della Marina, la quale è da me firmata e controfirmata dal Ministro della Ripartizione competente.
Serafin Gongalves Ufficiale Maggiore Supplente della Segreteria avendo apposto il sigillo della Repubblica.
Data dalla Segreteria dello Stato di Affari di Guerra e Marina nella città di Piratinim nel primo giorno del mese di Aprile dell'anno milleottocentotrentotto, terzo dell'Indipendenza e della Repubblica Riograndese.
Bento Gonçalves da Silva
Josè da Silva |
I rapporti di Garibaldi con Mazzini non riescono mai a solidificare veramente: le "lettere di marca", in pratica le patenti di corsaro internazionale che lui desidera ardentemente cadono sempre nel buio.
Per vivere si dedica allora al commercio, utilizzando una barca originariamente destinata alla pesca.
Intanto il RIO GRANDE DO SUL, una provinca meridionale, si "pronuncia" nel 1835, cioè si ribella alle angherie dell'Impero brasiliano cui appartiene.
GARIBALDI dà subito il proprio appoggio ai ribelli: ottenuta la PATENTE DI CORSA combatte con la nave Mazzini.
Dopo il successo del pronunciamento del Rio Grande do Sul in Stato indipendente, Garibaldi resta coinvolto nel 1841 nella guerra civile dell'URUGUAY tra Oribe e Rivera.
Gli eventi bellici sconfinano in Argentina, coinvolgendo altri patrioti italiani colà rifugiatisi: sul mare Garibaldi continua quindi le sue gesta pur dovendo spesso impegnarsi in attracchi avventurosi e in dure fughe per terra.
Durante l'assedio di Montevideo (1842) egli dà prova delle sue capacità capeggiando la "Legione Italiana".
L'eco delle sue gesta di condottiero giungono però in Italia dopo la grande vittoria di Sant'Antonio del dicembre 1846: quindi gli si apre la via del ritorno in Italia, in cui i progressi democratici sono stati evidenti sin alla concessione degli "Statuti", specialmente con l'aggravarsi dell'instabilità politica nella turbolenta Montevideo.
Il ritorno a Nizza di GARIBALDI, nel giugno 1848, viene presto sottolineato dal dissidio con Mazzini e dal rifiuto di Carlo Alberto, nell'incontro di Roverbella, all'offerta di collaborazione.
Garibaldi viene inviato lontano dal fronte ove si combatte la guerra austro-piemontese: la guerriglia in Lombardia, il proclama di Castelletto e la successiva ritirata verso la Svizzera, resa possibile dal superamento dell'accerchiamento a Morazzone, riassumono e concludono la partecipazione di Garibaldi alla guerra.
Si apre allora per lui un ventaglio di opzioni che vengono però una dopo l'altra a cadere e che lo conducono all'ultima pagina eroica del movimento rivoluzionario del biennio 1848-'49, la Repubblica Romana.
Palestrina e Velletri, se sono tra i più noti episodi della Repubblica legati al nome di Garibaldi, sono anche i segni di una progressiva e definitiva maturazione etico-politica, oltre che militare del personaggio. Dopo la ritirata da Roma e la disperata marcia verso Venezia per le campagne di Ravenna in compagnia di Anita morente, si profila per Garibaldi la caduta nelle mani degli austriaci guidati da Gorzkowsky.
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"GARIBALDI A NUOVA YORK NELLA FABBRICA DI CANDELE STEARICHE DI ANTONIO MEUCCI (MUSEO MAZZINIANO, GENOVA)": CON QUESTA DIDASCALIA NICCOLO' CUNEO DESCRISSE IL CIMELIO NEL SUO VOLUME STORIA DELL'EMIGRAZIONE ITALIANA IN ARGENTINA (1810-1870) [MILANO, 1940] DA UN CUI ESEMPLARE, CUSTODITO PRESSO LA BIBLIOTECA DEL "MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA (IM)", E' TRATTA L'IMMAGINE SOPRA PROPOSTA |
Ma la fitta rete di aiuti della popolazione romagnola lo salva e lo conduce in Toscana, dove a Cala Martina, nella baia di Follonica, con una barca tenta la via di Genova.
L'arrivo a Portovenere e l'arresto di Chiavari lo pongono dinanzi ad un difficile rapporto con il Regno Sardo, che con legge ha stabilito la chiusura delle frontiere ai compromessi eon la Repubblica Romana.
Uno spiraglio, tuttavia, per la futura collaborazione si concreta nell'erogazione di sussidi che Garibaldi riceve dallo Stato all'atto della sua espulsione.
L'espulsione dal Regno Sardo pone Garibaldi dinanzi alla scelta di una meta: dapprima si delinea Tunisi, dove ha qualche amico, ma il bey non concede l'autorizzazione; si pensa a Malta, ma poi Garibaldi sosta a Cagliari e alla Maddalena da dove compie le prime escursioni a Caprera.
L'inattività lo spinge a Gibilterra: il governatore della Rocca ripete l'atteggiamento del bey di Tunisi.
A Tangeri finalmente, ospite del console sardo Giovan Battista Carpenetti, Garibaldi rimane sei mesi e inizia a stendere le sue memorie, tentando il primo bilancio di un anno e mezzo di esperienze tumultuose, ma di non molte gratificazioni.
Il progetto di istituire un servizio di linea Genova-New York, avvalendosi della qualifica di Capitano di seconda classe, induce Garibaldi, nonostante l'asprezza delle traversie passate, nuovamente alla partenza.
Da Liverpool giunge a New York alla fine del luglio 1850.
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GIORNALE DI BORDO DEL BASTIMENTO GEORGIA E DEL BRIGANTINO CARMEN COMPILATO DA GARIBALDI E DA GIOVANNI BASSO (1850-1856): DOCUMENTO CUSTODITO IN ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO, MISCELLANEA ARCHIVISTICA, I SERIE, DOC. N.202 |
Tramontata ben presto la possibilità di comperare una nave e di trovare in alternativa altre occupazioni, accetta di lavorare per alcuni mesi nella FABBRICA DI CANDELE di Antonio Meucci a Staten Island.
A1 soggiorno nordamericano è legata la prima stesura delle Memorie, che Garibaldi compila per l'editore Theodore Dwight: sono per il momento brevi ritratti dei suoi compagni e spunti di ricordi.
La prima edizione uscirà solo nel 1859.
La sua condizione subisce una improvvisa svolta quando una serie di viaggi, che lo vedono comandante sul bastimento GEORGIA e sul brigantino CARMEN, lo portano a toccare il Perù, la Cina, a percorrere la rotta australiana, per poi di nuovo giungere a Boston e di lì a New York.
Poco dopo, sulla via del ritorno in Europa, è a Londra.
Ha modo di ritrovare i referenti del suo recente passato e di incontrarsi con i capi della sinistra europea.
Il distacco da Mazzini è ormai profondo, mentre l'interesse di Garibaldi comincia a volgersi verso la politica piemontese.
Del resto nulla sembra impedire un suo rientro nel Regno, nei cui confini è gia nel maggio di quello stesso 1854.
Benché fuori della politica per un periodo non brevissimo, Garibaldi verifica la sua distanza dai mazziniani.
Gli infelici conati della Lunigiana e, successivamente, la spedizione di Crimea lo fanno uscire allo scoperto.
Si va perfezionando l'avvicinamento alle scelte di Cavour e al compromesso monarchico; la sua adesione inoltre alla Società Nazionale nel 1857, in qualità di vice-presidente, salda il suo nome da quel momento con le vicende del Regno.
Se Mazzini continua a progettare moti insurrezionali, Garibaldi ricevuto da Cavour più volte nei mesi che precedono la guerra del '59 e informato dell'evolversi della politica anti-austriaca.
La spola fra Caprera, Torino, Cuneo e Savigliano porta a Garibaldi la nomina a comandante del Corpo dei Cacciatori delle Alpi: è quanto il Regno di Sardegna è disposto a concedere alla rivoluzione italiana .
La guerra del '59 impegna Garibaldi e gli offre anche l'occasione di mettere a prova e di forgiare gli uomini su cui potrà contare l'anno successivo per la grande impresa meridionale.
Mentre il Regno Sardo fa i conti con il dopo Villafranca, l'attenzione di Garibaldi si sposta verso i governi provvisori dell'Italia centrale: Ricasoli lo invita ad assumere il comando delle forze toscane.
La fusione delle forze armate dei territori liberati e la nomina in capo di Manfredo Fanti, generale dell'Armata Sarda, pongono Garibaldi in posizione subordinata.
Si vede puntualmente rifiutare le proposte che avanza, mentre si approfondisce il solco tra lui e Fanti sulla questione dell'insurrezione delle Marche.
L'inevitabile sbocco sono le dimissioni dal servizio e il ritiro dall'Italia centrale.
Verso il novembre del 1860, carico di gloria, Garibaldi ha preso stanza a Caprera: la sua esistenza da novello "Cincinnato" non è tuttavia quieta. Un fremito attraversa l'Italia e sono tante le lettere che lo raggiungono, sia da parte di singoli cittadini, che di organizzazioni operaie che di intiere città.
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La copertina dell'opera di Domenico Guaitioli |
A celebrarlo concorrono molteplici letterati di varia estrazione ed anche di tempi diversi: nell'immagine sopra è riprodotto da Biblioteca privata di Ventimiglia un raro OPUSCOLO in cui DOMENICO GUAITIOLI (poeta della Compagnia filodrammatica veneta) celebrando con un proprio
CANTO, e con un
INNO di Vincenzo Defrancesco sottotenente della "Divisione calabro-siculo-avezzana", l'onomastico di Garibaldi trasse occasione per caldeggiare un suo intervento anche a favore del Triveneto: in forme diverse, da quelle più pensose sino ad una autentica venerazione, si manifestò quel moto popolare cui fu dato il nome di GARIBALDINISMO, moto sincero che, nella sua onesta spontaneità, riponeva nell'"eroe" la capacità di risolvere qualsiasi problematica.
Il generale, forse suggestionato più che lusingato da tanta umana fiducia, finisce per alimentare nel suo animo un grande progetto, che tuttavia non può non riuscire sospetto al governo torinese della Destra Storica di Cavour (che mira soprattutto a consolidare e piemontizzare il nuovo e complesso stato italiano): proprio mentre Cavour e consensualmente Vittorio Emanuele II si propongono di dimensionare ed inquadrare (anche attraverso un sottile lavoro politico di epurazione dei quadri ufficiali più apertamente legati a Garibaldi o comunque volti a ideali democratici) l'ESERCITO MERIDIONALE che ha debellato al Volturno le armate borboniche di Francesco II, Garibaldi nutre il contrastante ideale di mobilitare le imponenti forze che già furono al suo seguito nell'impresa dei "Mille" sotto l'insegna dei Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia.
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DOCUMENTO ORIGINALE IN "MUSEO DELLA CANZONE" DI VALLECROSIA (IM) - SI TRATTA TECNICAMENTE DI UN'AZIONE COREOGRAFICA IN CINQUE QUADRI DI G. P. ANNONI INTITOLATA GARIBALDI A NAPOLI 1860 E MUSICATA DA G. MERIGGIOLI (*). E' UNA GRANDE PARTITURA MANOSCRITTA COMPLETATA NEL 1916 (ENTRO VOLUME IN FOLIO DI CIRCA 300 PAGINE RACCHIUDENTE DANZE, POLKE, MAZURKE, VALZER, DIVERSE MARCE E MUSICA DEL TRICOLORE) FIRMATA E DATATA DALL'AUTORE AL TERMINE DEL PRIMO, SECONDO, QUARTO E QUINTO QUADRO. |
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Frontespizio di "Garibaldi a Napoli 1860" |
La delusione di Garibaldi, di fronte alla realizzazione del piano governativo, diventa alla fine estrema.
L'"Esercito Meridionale" (data la sua eterogeneità e la pericolosa valenza rivoluzionaria) come detto ha finito per diventare invece un problema secondo gli intendimenti di Cavour e per questo -sorprendendo un impreparato Garibaldi- lo Stato porta celermente avanti la liquidazione della Nazione Armata e l'assimilazione delle forze giudicate fedeli e sicure -dopo la citata aspra selezione soprattutto dei quadri ufficiali- che finisce per essere assorbita entro l'Esercito REGOLARE.
E' quindi inevitabile che il ritorno di Garibaldi a Torino verso i primi di aprile del 1861 (in qualità di deputato per il Collegio di San Ferdinando di Napoli) coincida con un suo aperto scontro nei confronti del Primo Ministro proprio sul tema del Corpo dei Volontari Italiani e conseguentemente sul problema del riarmo e della guerra liberatrice del Veneto e di Roma.
La seduta parlamentare del 18 aprile, prima, l'incontro con Cavour presso Vittorio Emanuele II, dopo, ed infine la lettera di Garibaldi a Cavour del 18 maggio successivo scandiscono le tappe ravvicinate di uno scontro che non ha possibilità di giungere ad un credibile compromesso: Cavour muore improvvisamente il 6 giugno 1861.
Tornato a Caprera Garibaldi vive momenti personali di estrema delusione nonostante il continuare delle epistole di apprezzamento da ogni parte del mondo.
Mentre il nuovo ministro Bettino Ricasoli aspira a cercare una qualsiasi soluzione diplomatica e pacifica della QUESTIONE ROMANA, Garibaldi punta la sua attenzione di accanito interventista verso Venezia, il Friuli e , genericamente, l'est d'Europa.
Il suo esercito ha patito le liquidazioni e le assimilazioni di cui si è detto ma il generale non disdegna di procedere ad un reclutamento analogo a quello che fu possibile per l'impresa dei "Mille": anche per questa ragione guarda con estrema simpatia all'istituzione di una Società Nazionale per il Tiro a Segno, ritenendola una palestra ottimale per la formazione bellica di una gioventù mediamente non avvezza all'uso delle armi (e per questa ragione accetta la vicepresidenza di siffatta Società).
Dalle basi della Società e del suo processo di diffusione panitaliano, nella primavera del 1862 Garibaldi fa prendere il via ad una chiarissima campagna propagandistica per un nuovo reclutamento.
L'idea di un intervento nel TIROLO non coglie impreparato nessuno, anche perchè tutte le attività avvengono alla luce del sole, visto anche -giova dirlo- una presa di posizione governativa decisamente contraddittoria sin dall'inizio della propaganda di tale progetto.
La diplomazia entra però velocemente in azione, viste soprattutto le posizioni contrarie della Francia e della Confederazione germanica (della Prussia in particolare): dalla blandizie e da un sostanziale disinteressamento, a fronte delle pressioni diplomatiche, il Governo della Destra (come detto preoccuopato eminentemente di conferire stabilità al nuovo Stato) procede velocemente ad arresti ed alla soppressione di ogni preparativo bellico contro il Tirolo sino al momento finale dei sanguinosi scontri di piazza a Brescia: e proprio in merito a ciò si PRONUNCIA E PUBBLICA l'onorevole
Boggio.
Garibaldi sta comunque divenendo un "problema" per la politica della Destra Storica.
Fallite le operazioni contro il Tirolo, Garibaldi sposta la sua attenzione verso il meridione, dove l'annessione ha finito per assumere i tratti dell'occupazione e dove sa di poter contare sull'appoggio di tanti suoi antichi sostenitori.
Egli non ha in vero nessun programma sovversivo: vuole piuttosto riprende in pieno la QUESTIONE ROMANA.
Le proteste della Francia non frenano la volontà garibaldina di interventismo e nel contempo il ministro Rattazzi, anche per evitare uno scontro diretto ed impopolare con l'"eroe dei due mondi", preferisce -sbagliando- attendere, come sembrano far presagire i tempi e le notizie diplomatiche, un'insurrezione popolare a Roma, che tuttavia ritarda.
Tale ritardo induce Garibaldi a lasciare la Sicilia ma non per ritirarsi a Caprera (come vanamente suggeritogli da emissari governativi) ma per raggiungere il continente e, risalendo il Meridione, assalire lo Stato Pontificio.
Temendo le ritorsioni francesi (ma anche per salvaguardare la propria autonomia) il Governo giunge allo scontro armato.
Il colonnello Emilio Pallavicini, cui è affidata l'impresa, manda ad ASPROMONTE in realtà un solo battaglione: ma tale forza è sufficiente, il 29 agosto 1862, per aver ragione della debole formazione capeggiata da Garibaldi, che peraltro resta ferito.
Il generale è quindi arrestato e imprigionato nella fortezza del Varignano dove rimane sino al 5 ottobre 1862, allorché può tornare libero in forza di un'amnistia e quindi sottoporsi ad un'operazione per risolvere i problemi datigli dalla mai risolta ferita patita nello scontro di Aspromonte...
* GUGLIELMO MERIGGIOLI, COMPOSITORE MILANESE, VISSE TRA LA FINE DEL XIX SECOLO E I PRIMI DECENNI DEL NOVECENTO.
TRA LE SUE PIU' IMPORTANTI COMPOSIZIONI SI ANNOVERANO IL PICCOLO CONCERTO PER VIOLINO E PIANO SU MOTIVI OPERA RIGOLETTO, QUINDI LA CAVALLERIZZA (POLKA - CAPRICCIO PER CLARINO E PIANOFORTE DEL 1883) ED ANCORA LA LUCIA DI LAMMERMOOR (DIVERTIMENTO BRILLANTE PER CLARINO E PIANOFORTE DEL 1883 ANCORA).
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Cultura-Barocca