Di umili origini, Marcello Palingenio Stellato
svolse professione di medico a Rimini nel 1530 e pare fosse stato in
precedenza a Roma, durante il pontificato di Leone X (1513 - 21). Oltre
la medicina, lo attrassero le scienze occulte, l'astronomia, l'astrologia, nonché l'etica e la metafisica, come risulta dall'opera da lui pubblicata sotto lo pseudonimo di Marcello Palingenio Stellato dal titolo di Zodiacus vitae; de hominibus vita studio ac moribus aptime instituendis (B. Vitale, Venezia, s. d. [ma 1535/36]) e dedicata a Ercole II d'Este".
Si tratta di un poema didascalico,
scritto - in latino - tra 1520 e 1534, in cui s'avvertono echi lucreziani e
suggestioni panteistiche mutuate dal naturalismo filosofico del sec.
XVI. Comunque mosso da uno straordinario anelito di
conoscenza, che si riscontra continuamente esplicitato sotto la
simbologia dei dodici segni zodiacali che nominano i diversi canti.
Pur
ricco di richiami medievali, il poema è tutto permeato da una fervida
fede per la sapienza, da un appassionato desiderio di conoscere l'ordine
dell'universo. Le stelle secondo la sua concezione, scandiscono
il ritmo della vita, governano la Terra, mutano il volto della natura.
L'insieme dei cieli è il volto della natura, e questa non è altro
che l'imperitura legge imposta da Dio all'Universo. Nel cielo è
collocata la sorgente archetipa di tutto. La vita beata è perfetta nelle
città divine collocate negli spazi infiniti dell'etere: invece sulla
Terra albergano solo le ombre delle cose, l'errore la guerra, la morte,
il peccato. Per questo la fede nella pura razionalità di Palingenio prende un drammatico accento pessimistico.
In non pochi punti poi la sua concezione, che mostra evidenti legami
con il naturalismo e le correnti platoniche e neoplatoniche, si
allontana dalla stretta ortodossia cattolica e talora sfocia
nell'eresia, come nell'affermazione che Dio non si cura delle sue
creature e quindi non è offeso dai loro peccati. Aspre sono le censure contro il clero, che sembrano connesse con un generale proposito di riforma dei costumi.
Per
il teologo calvinista Abraham Scultetus (1566–1625), Marcello Stellato
sarebbe stato un cortigiano di Ercole II d'Este, che avrebbe assunto lo
pseudonimo di "Palingenius" in omaggio alla duchessa filocalvinista
Renata di Francia.
Il
primo ad aver attribuito all'autore dello Zodiacus il nome di Pier
Angelo Manzoli fu il latinista Jacopo Facciolati il quale, in alcune
lettere indirizzate a Johann Albert Fabricius, scrisse che "Marcello Palingenio" era l'anagramma di "Pier Angelo Manzolli", nativo di Stellata, una località del ducato estense (donde il nome "Stellato").
E' da dire che Franco Bacchelli, in base alla licenza di stampa dello Zodiacus vitae,
concessa dal Consiglio dei dieci di Venezia l'8 febbraio 1535 a
"Marcellus Stellato Neapolitanus", ha concluso che l'autore dello Zodiacus si chiamasse effettivamente Marcello Stellato (o Stellati) e che fosse nato in Campania, mentre Pier Angelo Manzoli non sarebbe mai esistito: "Stellato" è peraltro un cognome ancora molto diffuso a Napoli e in Campania (Franco Bacchelli, Palingenio e la crisi dell'aristotelismo.
In: "Sciences et religions. De Copernic à Galilée (1540-1610), Actes du
colloque de Rome (déc. 1996), Collection de l'École française de Rome
260", pp. 357-374, ISBN 2-7283-0545-5)]
Lo Zodiacus Vitae
incorse nella censura ecclesiastica nel 1558 per la presenza in esso
delle tematiche dell'occultismo e delle teorie epicuree e pitagoriche,
connesse ad eresia stregonesca e quindi, NULLA potè evitare che fosse alla fine processato e quindi condannato qual colpevole di Eresia.
Anche se lo Stellato nel suo libro si era premunito di una sorta di captatio benevolentiae
sottomettendosi con aperta dichiarazione ai dettati tutti della Santa
Chiesa.
Quindi nonostante fosse già morto, il cadavere di Stellato fu dissepolto
e poi come segno estremo di pubblica sanzione e catarsi, oltre che di
dispersione dalle memorie, i suoi resti furono bruciati sul rogo,
assieme ad esemplari dei suoi scritti (che continuarono ad esere pubblicati in diverse parti d'Europa, specie protestanti).
Un grande canonista, Padre Martin Antonio del Rio, scrisse della condanna "postuma" dello Stellato, motivandola con l'empietà dell'autore, non tanto per le accuse al clero, quanto per avere aderito - contro la cosmogonia riconosciuta e contro il creazionismo dei Sacri Testi - ad una visione panteistica dell'universo sull'asse Plotino - Porfirio - Giamblico - Lucrezio, che procedeva sino a panteistiche
sanzioni di una forza o magnetismo universale - fatto di "simpatie e
antipatie cosmiche" - capace di animare e vivificare sia il microcosmo
che il macrocosmo. Ma il PANTEISMO PARIMENTI POTEVA DEFINIRSI QUALE ESPRESSIONE DI BLASFEMO ATEISMO. Quindi lo Stellato era da considerarsi CRIMINALE
SUPREMO SIA AVVERSO la CHIESA CHE lo STATO, un "BESTEMMIATORE
ERETICALE": "DESTABILIZZATORE DI OGNI SISTEMA RICONOSCIUTO". DA PUNIRSI
CON LA PIU' GRAVE FORMA DI ESTREMO SUPPLIZIO.
da Cultura-Barocca