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lunedì 18 aprile 2016

Nicholas Flamel, notaio, alchimista, filantropo

Fonte: Wikipedia
Nicholas Flamel è reputato il più grande alchimista di Parigi. 

Egli vide la luce a Pontoise nel 1330 da una famiglia di modeste condizioni; tuttavia fu in grado di portare a termine studi piuttosto approfonditi, riuscendo ad abilitarsi alla professione di notaio e pubblico scrivano.
Si trasferì da giovane a Parigi, dove potè fruire di una clientela costituita da nobili e ricchi commercianti attratti dal fascino della sua intelligenza: contestualmente si affermò pure come libraio e disegnatore, prendendo a commerciare in libri e manoscritti, anche di notevole rarità.
Finalmente conobbe l'agiata dama Perrenelle Lethas, che nutriva specifici interessi per l'alchimia, una scienza alla quale, specialmente dopo il matrimonio con lei, Flamel si convertì assolutamente.

Leggenda e aneddoti si intersecano nella vita di Flamel.

Nicolas Flamel nel 1357 acquistò da un anziano rabbino di nome Nazard uno strano manoscritto, caratterizzato da figure emblematiche, la cui stesura era attribuita a Abraham l'ebreo, principe, sacerdote, levita, astronomo e filosofo della nazione israelita dispersa in Gallia dall'ira di Dio.
Il breve manoscritto, composto di 21 pagine, si rivelò indecifrabile quasi a convalidare i contenuti di un sogno profetico avuto da Flamel prima dell'acquisto: un angelo fiammeggiante gli avrebbe preannunziato in una visione onirica tale acquisto ed un lunghissimo lavoro prima di riuscire a decifrare il contenuto del volume.
Ogni notte, alla poca luce di una candela, Flamel si sforzò di apprendere la chiave di interpretazione di quella scrittura che gli avrebbe dovuto rivelare i segreti dell'alchimia e della PIETRA FILOSOFALE.
Non riuscendo a trovare alcuna soluzione, Flamel scelse di recarsi in Galizia al Santuario di S. Giacomo di Compostela: ufficialmente egli giustificò tale viaggio con l'auspicio di ricevere un'illuminazione da Dio, ma, più nascostamente, coltivando la speranza di incontrare in area iberica qualche erudito ebreo capace di soccorrerlo nella decrittazione di quella strana opera.
I voti di Flamel vennero esauditi in quanto nel contesto di quella spedizione egli incontrò il maestro Chances, cabalista convertito alla religione cristiana il quale, poco prima di morire, secondo la tradizione avrebbe rivelato al suo interlocutore una parte dell'opportuna chiave di interpretazione.
Stando alle cronache, tornato a Parigi, Flammel avrebbe impiegato però ancora tre anni prima di giungere ad un'effettiva comprensione del TESTO e delle sue FIGURAZIONI: questa sarebbe avvenuta nel 1382.
Per accettare siffatte postulazioni è necessario dare credito ai resoconti lasciati dallo stesso Flamel.
Stando al resoconto all'affresco che egli fece eseguire entro una cappella del cimitero degli Innocenti di Parigi (presso le cui mura egli aveva lavorato agli inizi della sua carriera), all'EPIGRAFE ed alle FIGURAZIONI della PIETRA TOMBALE, che fece preparare per sè e per la moglie nella Chiesa di St-Jacques-La-Boucherie (la lapide si trova attualmente al museo di Cluny), si ricava il giudizio che a partire del 1382 Flamel e sua moglie fossero riusciti a decifrare il manoscritto, riuscendo a convertire il mercurio in argento ed in oro.
Di tale straordinaria capacità, stando sempre alle menzionate fonti, i due coniugi si sarebbero serviti non tanto per arricchirsi (cosa che comunque di fatto avvenne), ma soprattutto allo scopo di elargire grosse sovvenzioni a chiese, ospedali, istituzioni benefiche e religiose, direttamente a centinaia di senzatetto ospitati e sfamati nelle oltre 70 case acquistate dai due coniugi in Parigi e nei dintorni della capitale francese.
Fonte: Wikipedia
L'11 settembre 1397 Parnelle si spense e nel 1407 Nicolas fece erigere un'ABITAZIONE DALL'ALTO FASTIGIO in rue de Montmorency a Parigi, dove tuttora sorge tra moderni palazzi: qui l'alchimista continuò a rendersi distributore di benefici per i poveri.
Nel 1417 egli sarebbe poi riuscito a completare la sua GRANDE OPERA, cioè ad avere tra le mani la PIETRA FILOSOFALE.

Flamel morì poco dopo, il 22 marzo 1418: ai suoi funerali il corteo fu caratterizzato da un seguito di miserabili e diseredati.

Dopo la scomparsa dell'alchimista presero a fiorire le leggende su di lui come sulla moglie.
Ad esempio ancora in pieno XVII secolo tra i dotti europei correva la voce che i due coniugi vivessero, immortali in Medio Oriente e che di conseguenza fossero stati apparenti tanto il decesso della donna quanto la morte di Flamel: al riguardo si è soliti identificare, nel volume seicentesco Mutus Liber trattante le fasi essenziali della "ricerca dell'oro filosofale", con Flamel e la di lui moglie i due alchimisti, uomo e donna, in esso raffigurati.
Logicamente in una storia tanto strana, e tanto recuperata dalla narrativa, vero e falso finiscono per intrecciarsi in maniera inesplicabile: ad esempio della presenza dei due coniugi si fece cenno ancora nel 1761 - in merito ad una loro apparizione all'Opéra di Parigi - per aggiungere subito che contro di essi si sarebbero portati i Rosacroce, tormentati dall'invidia e resisi colpevoli della morte definitiva della moglie di Flamel. In merito al misterioso libro le versioni sono altrettanto complicate: fra queste una narra che il testo si sia salvato in forza del testamento di Flamel, per cui sarebbe pervenuto quindi ad un nipote dello stesso... 

è comunque certo che dello strano manoscritto null'altro più si è saputo...