Palmira fu in tempi antichi un'importante città della Siria, posta in una oasi 240 km a nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest della città di Deir ez-Zor, che si trova sul fiume Eufrate.
È stata per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto, per i viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriaco per collegare l'Occidente (Roma e le principali città dell'impero) con l'Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all'India e alla Cina), che ebbe un notevole sviluppo tra il I ed III secolo d.C.
Il nome greco della città, Palmyra, è la fedele traduzione dall'originale aramaico, Tadmor, che significa 'palma'.
La città, col nome di Tadmor, nel II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C. e poi è citata più volte negli archivi di Mari, nel XVIII secolo a.C.
Poi viene citata ancora negli archivi assiri, nell'XI secolo a.C., come Tadmor del deserto.
A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete commerciale che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale.
Tadmor è citata anche nella Bibbia ("Secondo libro delle Cronache" 8.4) come una città del deserto fortificata da Salomone.
La città di Tamar è menzionata nel "Primo libro dei Re" (9.18), anch'essa fondata e fortificata da Salomone.
Dopo queste citazioni su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata col nuovo nome, che gli è stato dato durante il regno dei Seleucidi (IV - I secolo a.C.) è l'attuale nome della cittadina sorta in prossimità delle rovine, che dipende molto dal turismo. Comunque, anche se la fonte sulfurea che alimentava l'oasi di Palmira sembra esaurita, oggi Tadmor, con un sistema di irrigazione del terreno, riesce a mantenere viva una fiorente oasi che permette ai 45.000 abitanti di vivere non solo di turismo ma anche di agricoltura.
In seguito Palmira fu annessa ufficialmente alla provincia romana di Siria, verso il 19 d.C., durante il regno di Tiberio (14-37), e con Nerone (54-68), fu integrata nella provincia.
In quegli anni lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l'impero romano.
E sotto Tiberio era già così ricca che costruì il santuario di Baal, col tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) e con la cooperazione degli sceicchi nomadi l'autorità di Palmira fu riconosciuta dalle oasi del deserto, tanto di renderla un vero e proprio stato (nel 24, avevano fondato una colonia sull'Eufrate e avevano un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove raggiungevano le coste del golfo persico, dove arrivavano la navi provenienti dall'India).
Sotto il regno di Traiano, la città fu annessa all'impero, ma, nel 129, Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo, Settimio Severo oppure il suo successore, il figlio, Caracalla, concesse a Palmira lo statuto di città libera.
Benché fosse di fronte all'impero partico, Palmira non era mai stata coinvolta nelle guerre che lo avevano opposto a Roma.
Ma, dopo che il fondatore della dinastia sasanide, Ardashir I, nel 224, era asceso al potere, a partire dal 230, il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione sasanide della Cappadocia (Nisibis cadde nel 237) e della Mesopotamia, il territorio tra il Tigri e l'Eufrate, Carre cadde nel 238.
Negli anni seguenti, le incursioni dei Parti continuarono con continuità anche sotto il regno del successore di Ardashir, Shapur I, che arrivò a mianacciare Antiochia.
In questo contesto si inserì la figura di Odenato.
Odenato, discendente della famiglia gentilizia dei Settimi che ricevette la cittadinanza romana, quando, nel 193, aveva parteggiato per Settimio Severo contro Pescennio Nigro, era stato nominato governatore della provincia di Siria da Valeriano.
Nel 260, dopo che Valeriano, sconfitto a Edessa, era stato catturato, Odenato intervenne e inseguì sino a Ctesifonte l'esercito sasanide che, sconfitto dal generale Callisto, si stava ritirando.
Durante tale azione, Odenato riuscì a procurare notevoli perdite al nemico e l'impresa fu apprezzata dall'imperatore Gallieno, che, dopo che Odenato, durante la ribellione dei Macriani, aveva sconfitto ed ucciso, nel 261, il generale Callisto, gli conferì il titolo di dux romanorum.
In seguito, Odenato si proclamò re dei re.
Fu anche per merito di Odenato che i Parti, negli anni successivi, non effettuarono altre incursioni.
Nel 268, a seguito di un complotto politico, Odenato ed il figlio maggiore, Hairan, furono assassinati da Maconio, cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato.
Poco dopo la morte del governatore (re dei re), sua moglie Zenobia prese il potere, in nome del figlio minorenne, Vaballato, col sogno e l'ambizione di creare un impero d'Oriente da affiancare all'impero di Roma.
Il disinteresse apparente degli imperatori romani e la morte, nel 269, dell'imperatore Claudio II e del fratello Quintiliano, incoraggiarono la regina a ribellarsi all'autorità romana.
Nel 270, infatti Zenobia attaccò l'Arabia, la Palestina e l'Egitto, conquistandole.
L'Egitto aveva una notevole importanza per il fatto che, dopo la chiusura delle vie carovaniere del nord, il commercio con l'India passava proprio da quella regione.
Allora Zenobia si spinse a nord, conquistò la Cappadocia e la Bitinia arrivando sino alla città di Ancira.
Ma Zenobia non aveva l'approvazione del Senato di Roma, inoltre non tutte le legioni di stanza in Oriente la seguirono.
In quello stesso anno (270), Aureliano viene acclamato imperatore dalle legioni del limes danubiano.
All'inizio del 272, Aureliano riconquistò l'Egitto, poi la Bitinia e la Cappadocia, poi dopo aver avuto ragione della cavalleria palmirense ad Antiochia, sconfisse l'esercito palmirense, comandato dal generale Zabdas ad Emesa.
La regina si rifugiò a Palmira, ma prima della fine dell'anno Aureliano raggiunse l'oasi e iniziò delle trattative per la resa della città.
Durante le trattative, Zenobia ed il figlio, Vaballato, fuggirono, ma furono catturati.
Palmira, che non ebbe a soffrire danni in occasione della resa, l'anno dopo (273), a seguito di una ribellione, fu saccheggiata, i suoi tesori furono portati via e le mura furono abbattute; la città, abbandonata, tornò a essere un piccolo villaggio e divenne una base militare per le legioni romane.
Diocleziano, tra il 293 e 303 fortificò la città, per cercare di difendere Palmira dalle mire dei Sasanidi e fece costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento (il campo di Diocleziano), con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.
A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.
Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza.
L'imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione.
Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi di Khalid ibn al-Walid nel 634.
Sotto il dominio degli Arabi la città andò in rovina.
Benché la storia di Palmira fosse nota, il sito e l'oasi vennero visitate, solo nel 1751, da una comitiva di disegnatori (tra cui l'italiano, Giovanni Battista Borra), capeggiati da due inglesi, Robert Wood e James Dawkins, che nel 1753, pubblicarono in inglese e francese "Les Ruines de Palmyra", autrement dite Tadmor au dèsert, che crearono enorme interesse per il sito e l'oasi.
Solo però verso la fine del XIX secolo vengono iniziate ricerche di carattere scientifico, copiando e decifrando le iscrizioni; ed infine, dopo l'instaurazione del mandato francese sulla Siria, vengono iniziati gli scavi per potare alla luce i vari reperti.Palmira [vedi sopra stampa ottocentesca] fu in tempi antichi un'importante città della Siria, posta in una oasi 240 km a nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest della città di Deir ez-Zor, che si trova sul fiume Eufrate.
È stata per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto, per i viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriaco per collegare l'Occidente (Roma e le principali città dell'impero) con l'Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all'India e alla Cina), che ebbe un notevole sviluppo tra il I ed III secolo d.C.
Il nome greco della città, Palmyra , è la fedele traduzione dall'originale aramaico, Tadmor, che significa 'palma'.
La città, col nome di Tadmor, nel II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C. e poi è citata più volte negli archivi di Mari, nel XVIII secolo a.C.
Poi viene citata ancora negli archivi assiri, nell'XI secolo a.C., come Tadmor del deserto.
A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete commerciale che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale.
Tadmor è citata anche nella Bibbia ("Secondo libro delle Cronache" 8.4) come una città del deserto fortificata da Salomone.
La città di Tamar è menzionata nel "Primo libro dei Re" (9.18), anch'essa fondata e fortificata da Salomone.
Dopo queste citazioni su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata col nuovo nome, che gli è stato dato durante il regno dei Seleucidi (IV - I secolo a.C.) è l'attuale nome della cittadina sorta in prossimità delle rovine, che dipende molto dal turismo. Comunque, anche se la fonte sulfurea che alimentava l'oasi di Palmira sembra esaurita, oggi Tadmor, con un sistema di irrigazione del terreno, riesce a mantenere viva una fiorente oasi che permette ai 45.000 abitanti di vivere non solo di turismo ma anche di agricoltura.
In seguito Palmira fu annessa ufficialmente alla provincia romana di Siria, verso il 19 d.C., durante il regno di Tiberio (14-37), e con Nerone (54-68), fu integrata nella provincia.
In quegli anni lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l'impero romano.
E sotto Tiberio era già così ricca che costruì il santuario di Baal, col tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) e con la cooperazione degli sceicchi nomadi l'autorità di Palmira fu riconosciuta dalle oasi del deserto, tanto di renderla un vero e proprio stato (nel 24, avevano fondato una colonia sull'Eufrate e avevano un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove raggiungevano le coste del golfo persico, dove arrivavano la navi provenienti dall'India).
Sotto il regno di Traiano, la città fu annessa all'impero, ma, nel 129, Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo, Settimio Severo oppure il suo successore, il figlio, Caracalla, concesse a Palmira lo statuto di città libera.
Benché fosse di fronte all'impero partico, Palmira non era mai stata coinvolta nelle guerre che lo avevano opposto a Roma.
Ma, dopo che il fondatore della dinastia sasanide, Ardashir I, nel 224, era asceso al potere, a partire dal 230, il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione sasanide della Cappadocia (Nisibis cadde nel 237) e della Mesopotamia, il territorio tra il Tigri e l'Eufrate, Carre cadde nel 238.
Negli anni seguenti, le incursioni dei Parti continuarono con continuità anche sotto il regno del successore di Ardashir, Shapur I, che arrivò a mianacciare Antiochia.
In questo contesto si inserì la figura di Odenato.
Odenato, discendente della famiglia gentilizia dei Settimi che ricevette la cittadinanza romana, quando, nel 193, aveva parteggiato per Settimio Severo contro Pescennio Nigro, era stato nominato governatore della provincia di Siria da Valeriano.
Nel 260, dopo che Valeriano, sconfitto a Edessa, era stato catturato, Odenato intervenne e inseguì sino a Ctesifonte l'esercito sasanide che, sconfitto dal generale Callisto, si stava ritirando.
Durante tale azione, Odenato riuscì a procurare notevoli perdite al nemico e l'impresa fu apprezzata dall'imperatore Gallieno, che, dopo che Odenato, durante la ribellione dei Macriani, aveva sconfitto ed ucciso, nel 261, il generale Callisto, gli conferì il titolo di dux romanorum.
In seguito, Odenato si proclamò re dei re.
Fu anche per merito di Odenato che i Parti, negli anni successivi, non effettuarono altre incursioni.
Nel 268, a seguito di un complotto politico, Odenato ed il figlio maggiore, Hairan, furono assassinati da Maconio, cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato.
Poco dopo la morte del governatore (re dei re), sua moglie Zenobia prese il potere, in nome del figlio minorenne, Vaballato, col sogno e l'ambizione di creare un impero d'Oriente da affiancare all'impero di Roma.
Il disinteresse apparente degli imperatori romani e la morte, nel 269, dell'imperatore Claudio II e del fratello Quintiliano, incoraggiarono la regina a ribellarsi all'autorità romana.
Nel 270, infatti Zenobia attaccò l'Arabia, la Palestina e l'Egitto, conquistandole.
L'Egitto aveva una notevole importanza per il fatto che, dopo la chiusura delle vie carovaniere del nord, il commercio con l'India passava proprio da quella regione.
Allora Zenobia si spinse a nord, conquistò la Cappadocia e la Bitinia arrivando sino alla città di Ancira.
Ma Zenobia non aveva l'approvazione del Senato di Roma, inoltre non tutte le legioni di stanza in Oriente la seguirono.
In quello stesso anno (270), Aureliano viene acclamato imperatore dalle legioni del limes danubiano.
All'inizio del 272, Aureliano riconquistò l'Egitto, poi la Bitinia e la Cappadocia, poi dopo aver avuto ragione della cavalleria palmirense ad Antiochia, sconfisse l'esercito palmirense, comandato dal generale Zabdas ad Emesa.
La regina si rifugiò a Palmira, ma prima della fine dell'anno Aureliano raggiunse l'oasi e iniziò delle trattative per la resa della città.
Durante le trattative, Zenobia ed il figlio, Vaballato, fuggirono, ma furono catturati.
Palmira, che non ebbe a soffrire danni in occasione della resa, l'anno dopo (273), a seguito di una ribellione, fu saccheggiata, i suoi tesori furono portati via e le mura furono abbattute; la città, abbandonata, tornò a essere un piccolo villaggio e divenne una base militare per le legioni romane.
Diocleziano, tra il 293 e 303 fortificò la città, per cercare di difendere Palmira dalle mire dei Sasanidi e fece costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento (il campo di Diocleziano), con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.
A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.
Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza.
L'imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione.
Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi di Khalid ibn al-Walid nel 634.
Sotto il dominio degli Arabi la città andò in rovina.
Benché la storia di Palmira fosse nota, il sito e l'oasi vennero visitate, solo nel 1751, da una comitiva di disegnatori (tra cui l'italiano, Giovanni Battista Borra), capeggiati da due inglesi, Robert Wood e James Dawkins, che nel 1753, pubblicarono in inglese e francese "Les Ruines de Palmyra", autrement dite Tadmor au dèsert, che crearono enorme interesse per il sito e l'oasi.
Solo però verso la fine del XIX secolo vengono iniziate ricerche di carattere scientifico, copiando e decifrando le iscrizioni; ed infine, dopo l'instaurazione del mandato francese sulla Siria, vengono iniziati gli scavi per potare alla luce i vari reperti.Palmira [vedi sopra stampa ottocentesca] fu in tempi antichi un'importante città della Siria, posta in una oasi 240 km a nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest della città di Deir ez-Zor, che si trova sul fiume Eufrate.
È stata per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto, per i viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriaco per collegare l'Occidente (Roma e le principali città dell'impero) con l'Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all'India e alla Cina), che ebbe un notevole sviluppo tra il I ed III secolo d.C.
Il nome greco della città, Palmyra , è la fedele traduzione dall'originale aramaico, Tadmor, che significa 'palma'.
La città, col nome di Tadmor, nel II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C. e poi è citata più volte negli archivi di Mari, nel XVIII secolo a.C.
Poi viene citata ancora negli archivi assiri, nell'XI secolo a.C., come Tadmor del deserto.
A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete commerciale che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale.
Tadmor è citata anche nella Bibbia ("Secondo libro delle Cronache" 8.4) come una città del deserto fortificata da Salomone.
La città di Tamar è menzionata nel "Primo libro dei Re" (9.18), anch'essa fondata e fortificata da Salomone.
Dopo queste citazioni su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata col nuovo nome, che gli è stato dato durante il regno dei Seleucidi (IV - I secolo a.C.) è l'attuale nome della cittadina sorta in prossimità delle rovine, che dipende molto dal turismo. Comunque, anche se la fonte sulfurea che alimentava l'oasi di Palmira sembra esaurita, oggi Tadmor, con un sistema di irrigazione del terreno, riesce a mantenere viva una fiorente oasi che permette ai 45.000 abitanti di vivere non solo di turismo ma anche di agricoltura.
In seguito Palmira fu annessa ufficialmente alla provincia romana di Siria, verso il 19 d.C., durante il regno di Tiberio (14-37), e con Nerone (54-68), fu integrata nella provincia.
In quegli anni lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l'impero romano.
E sotto Tiberio era già così ricca che costruì il santuario di Baal, col tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) e con la cooperazione degli sceicchi nomadi l'autorità di Palmira fu riconosciuta dalle oasi del deserto, tanto di renderla un vero e proprio stato (nel 24, avevano fondato una colonia sull'Eufrate e avevano un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove raggiungevano le coste del golfo persico, dove arrivavano la navi provenienti dall'India).
Sotto il regno di Traiano, la città fu annessa all'impero, ma, nel 129, Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo, Settimio Severo oppure il suo successore, il figlio, Caracalla, concesse a Palmira lo statuto di città libera.
Benché fosse di fronte all'impero partico, Palmira non era mai stata coinvolta nelle guerre che lo avevano opposto a Roma.
Ma, dopo che il fondatore della dinastia sasanide, Ardashir I, nel 224, era asceso al potere, a partire dal 230, il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione sasanide della Cappadocia (Nisibis cadde nel 237) e della Mesopotamia, il territorio tra il Tigri e l'Eufrate, Carre cadde nel 238.
Negli anni seguenti, le incursioni dei Parti continuarono con continuità anche sotto il regno del successore di Ardashir, Shapur I, che arrivò a mianacciare Antiochia.
In questo contesto si inserì la figura di Odenato.
Odenato, discendente della famiglia gentilizia dei Settimi che ricevette la cittadinanza romana, quando, nel 193, aveva parteggiato per Settimio Severo contro Pescennio Nigro, era stato nominato governatore della provincia di Siria da Valeriano.
Nel 260, dopo che Valeriano, sconfitto a Edessa, era stato catturato, Odenato intervenne e inseguì sino a Ctesifonte l'esercito sasanide che, sconfitto dal generale Callisto, si stava ritirando.
Durante tale azione, Odenato riuscì a procurare notevoli perdite al nemico e l'impresa fu apprezzata dall'imperatore Gallieno, che, dopo che Odenato, durante la ribellione dei Macriani, aveva sconfitto ed ucciso, nel 261, il generale Callisto, gli conferì il titolo di dux romanorum.
In seguito, Odenato si proclamò re dei re.
Fu anche per merito di Odenato che i Parti, negli anni successivi, non effettuarono altre incursioni.
Nel 268, a seguito di un complotto politico, Odenato ed il figlio maggiore, Hairan, furono assassinati da Maconio, cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato.
Poco dopo la morte del governatore (re dei re), sua moglie Zenobia prese il potere, in nome del figlio minorenne, Vaballato, col sogno e l'ambizione di creare un impero d'Oriente da affiancare all'impero di Roma.
Il disinteresse apparente degli imperatori romani e la morte, nel 269, dell'imperatore Claudio II e del fratello Quintiliano, incoraggiarono la regina a ribellarsi all'autorità romana.
Nel 270, infatti Zenobia attaccò l'Arabia, la Palestina e l'Egitto, conquistandole.
L'Egitto aveva una notevole importanza per il fatto che, dopo la chiusura delle vie carovaniere del nord, il commercio con l'India passava proprio da quella regione.
Allora Zenobia si spinse a nord, conquistò la Cappadocia e la Bitinia arrivando sino alla città di Ancira.
Ma Zenobia non aveva l'approvazione del Senato di Roma, inoltre non tutte le legioni di stanza in Oriente la seguirono.
In quello stesso anno (270), Aureliano viene acclamato imperatore dalle legioni del limes danubiano.
All'inizio del 272, Aureliano riconquistò l'Egitto, poi la Bitinia e la Cappadocia, poi dopo aver avuto ragione della cavalleria palmirense ad Antiochia, sconfisse l'esercito palmirense, comandato dal generale Zabdas ad Emesa.
La regina si rifugiò a Palmira, ma prima della fine dell'anno Aureliano raggiunse l'oasi e iniziò delle trattative per la resa della città.
Durante le trattative, Zenobia ed il figlio, Vaballato, fuggirono, ma furono catturati.
Palmira, che non ebbe a soffrire danni in occasione della resa, l'anno dopo (273), a seguito di una ribellione, fu saccheggiata, i suoi tesori furono portati via e le mura furono abbattute; la città, abbandonata, tornò a essere un piccolo villaggio e divenne una base militare per le legioni romane.
Diocleziano, tra il 293 e 303 fortificò la città, per cercare di difendere Palmira dalle mire dei Sasanidi e fece costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento (il campo di Diocleziano), con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.
A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.
Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza.
L'imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione.
Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi di Khalid ibn al-Walid nel 634.
Sotto il dominio degli Arabi la città andò in rovina.
Benché la storia di Palmira fosse nota, il sito e l'oasi vennero visitate, solo nel 1751, da una comitiva di disegnatori (tra cui l'italiano, Giovanni Battista Borra), capeggiati da due inglesi, Robert Wood e James Dawkins, che nel 1753, pubblicarono in inglese e francese "Les Ruines de Palmyra", autrement dite Tadmor au dèsert, che crearono enorme interesse per il sito e l'oasi.
Solo però verso la fine del XIX secolo vengono iniziate ricerche di carattere scientifico, copiando e decifrando le iscrizioni; ed infine, dopo l'instaurazione del mandato francese sulla Siria, vengono iniziati gli scavi per potare alla luce i vari reperti.
da Cultura-BaroccaÈ stata per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto, per i viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriaco per collegare l'Occidente (Roma e le principali città dell'impero) con l'Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all'India e alla Cina), che ebbe un notevole sviluppo tra il I ed III secolo d.C.
Il nome greco della città, Palmyra, è la fedele traduzione dall'originale aramaico, Tadmor, che significa 'palma'.
La città, col nome di Tadmor, nel II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C. e poi è citata più volte negli archivi di Mari, nel XVIII secolo a.C.
Poi viene citata ancora negli archivi assiri, nell'XI secolo a.C., come Tadmor del deserto.
A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete commerciale che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale.
Tadmor è citata anche nella Bibbia ("Secondo libro delle Cronache" 8.4) come una città del deserto fortificata da Salomone.
La città di Tamar è menzionata nel "Primo libro dei Re" (9.18), anch'essa fondata e fortificata da Salomone.
Dopo queste citazioni su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata col nuovo nome, che gli è stato dato durante il regno dei Seleucidi (IV - I secolo a.C.) è l'attuale nome della cittadina sorta in prossimità delle rovine, che dipende molto dal turismo. Comunque, anche se la fonte sulfurea che alimentava l'oasi di Palmira sembra esaurita, oggi Tadmor, con un sistema di irrigazione del terreno, riesce a mantenere viva una fiorente oasi che permette ai 45.000 abitanti di vivere non solo di turismo ma anche di agricoltura.
In seguito Palmira fu annessa ufficialmente alla provincia romana di Siria, verso il 19 d.C., durante il regno di Tiberio (14-37), e con Nerone (54-68), fu integrata nella provincia.
In quegli anni lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l'impero romano.
E sotto Tiberio era già così ricca che costruì il santuario di Baal, col tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) e con la cooperazione degli sceicchi nomadi l'autorità di Palmira fu riconosciuta dalle oasi del deserto, tanto di renderla un vero e proprio stato (nel 24, avevano fondato una colonia sull'Eufrate e avevano un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove raggiungevano le coste del golfo persico, dove arrivavano la navi provenienti dall'India).
Sotto il regno di Traiano, la città fu annessa all'impero, ma, nel 129, Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo, Settimio Severo oppure il suo successore, il figlio, Caracalla, concesse a Palmira lo statuto di città libera.
Benché fosse di fronte all'impero partico, Palmira non era mai stata coinvolta nelle guerre che lo avevano opposto a Roma.
Ma, dopo che il fondatore della dinastia sasanide, Ardashir I, nel 224, era asceso al potere, a partire dal 230, il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione sasanide della Cappadocia (Nisibis cadde nel 237) e della Mesopotamia, il territorio tra il Tigri e l'Eufrate, Carre cadde nel 238.
Negli anni seguenti, le incursioni dei Parti continuarono con continuità anche sotto il regno del successore di Ardashir, Shapur I, che arrivò a mianacciare Antiochia.
In questo contesto si inserì la figura di Odenato.
Odenato, discendente della famiglia gentilizia dei Settimi che ricevette la cittadinanza romana, quando, nel 193, aveva parteggiato per Settimio Severo contro Pescennio Nigro, era stato nominato governatore della provincia di Siria da Valeriano.
Nel 260, dopo che Valeriano, sconfitto a Edessa, era stato catturato, Odenato intervenne e inseguì sino a Ctesifonte l'esercito sasanide che, sconfitto dal generale Callisto, si stava ritirando.
Durante tale azione, Odenato riuscì a procurare notevoli perdite al nemico e l'impresa fu apprezzata dall'imperatore Gallieno, che, dopo che Odenato, durante la ribellione dei Macriani, aveva sconfitto ed ucciso, nel 261, il generale Callisto, gli conferì il titolo di dux romanorum.
In seguito, Odenato si proclamò re dei re.
Fu anche per merito di Odenato che i Parti, negli anni successivi, non effettuarono altre incursioni.
Nel 268, a seguito di un complotto politico, Odenato ed il figlio maggiore, Hairan, furono assassinati da Maconio, cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato.
Poco dopo la morte del governatore (re dei re), sua moglie Zenobia prese il potere, in nome del figlio minorenne, Vaballato, col sogno e l'ambizione di creare un impero d'Oriente da affiancare all'impero di Roma.
Il disinteresse apparente degli imperatori romani e la morte, nel 269, dell'imperatore Claudio II e del fratello Quintiliano, incoraggiarono la regina a ribellarsi all'autorità romana.
Nel 270, infatti Zenobia attaccò l'Arabia, la Palestina e l'Egitto, conquistandole.
L'Egitto aveva una notevole importanza per il fatto che, dopo la chiusura delle vie carovaniere del nord, il commercio con l'India passava proprio da quella regione.
Allora Zenobia si spinse a nord, conquistò la Cappadocia e la Bitinia arrivando sino alla città di Ancira.
Ma Zenobia non aveva l'approvazione del Senato di Roma, inoltre non tutte le legioni di stanza in Oriente la seguirono.
In quello stesso anno (270), Aureliano viene acclamato imperatore dalle legioni del limes danubiano.
All'inizio del 272, Aureliano riconquistò l'Egitto, poi la Bitinia e la Cappadocia, poi dopo aver avuto ragione della cavalleria palmirense ad Antiochia, sconfisse l'esercito palmirense, comandato dal generale Zabdas ad Emesa.
La regina si rifugiò a Palmira, ma prima della fine dell'anno Aureliano raggiunse l'oasi e iniziò delle trattative per la resa della città.
Durante le trattative, Zenobia ed il figlio, Vaballato, fuggirono, ma furono catturati.
Palmira, che non ebbe a soffrire danni in occasione della resa, l'anno dopo (273), a seguito di una ribellione, fu saccheggiata, i suoi tesori furono portati via e le mura furono abbattute; la città, abbandonata, tornò a essere un piccolo villaggio e divenne una base militare per le legioni romane.
Diocleziano, tra il 293 e 303 fortificò la città, per cercare di difendere Palmira dalle mire dei Sasanidi e fece costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento (il campo di Diocleziano), con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.
A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.
Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza.
L'imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione.
Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi di Khalid ibn al-Walid nel 634.
Sotto il dominio degli Arabi la città andò in rovina.
Benché la storia di Palmira fosse nota, il sito e l'oasi vennero visitate, solo nel 1751, da una comitiva di disegnatori (tra cui l'italiano, Giovanni Battista Borra), capeggiati da due inglesi, Robert Wood e James Dawkins, che nel 1753, pubblicarono in inglese e francese "Les Ruines de Palmyra", autrement dite Tadmor au dèsert, che crearono enorme interesse per il sito e l'oasi.
Solo però verso la fine del XIX secolo vengono iniziate ricerche di carattere scientifico, copiando e decifrando le iscrizioni; ed infine, dopo l'instaurazione del mandato francese sulla Siria, vengono iniziati gli scavi per potare alla luce i vari reperti.Palmira [vedi sopra stampa ottocentesca] fu in tempi antichi un'importante città della Siria, posta in una oasi 240 km a nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest della città di Deir ez-Zor, che si trova sul fiume Eufrate.
È stata per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto, per i viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriaco per collegare l'Occidente (Roma e le principali città dell'impero) con l'Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all'India e alla Cina), che ebbe un notevole sviluppo tra il I ed III secolo d.C.
Il nome greco della città, Palmyra , è la fedele traduzione dall'originale aramaico, Tadmor, che significa 'palma'.
La città, col nome di Tadmor, nel II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C. e poi è citata più volte negli archivi di Mari, nel XVIII secolo a.C.
Poi viene citata ancora negli archivi assiri, nell'XI secolo a.C., come Tadmor del deserto.
A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete commerciale che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale.
Tadmor è citata anche nella Bibbia ("Secondo libro delle Cronache" 8.4) come una città del deserto fortificata da Salomone.
La città di Tamar è menzionata nel "Primo libro dei Re" (9.18), anch'essa fondata e fortificata da Salomone.
Dopo queste citazioni su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata col nuovo nome, che gli è stato dato durante il regno dei Seleucidi (IV - I secolo a.C.) è l'attuale nome della cittadina sorta in prossimità delle rovine, che dipende molto dal turismo. Comunque, anche se la fonte sulfurea che alimentava l'oasi di Palmira sembra esaurita, oggi Tadmor, con un sistema di irrigazione del terreno, riesce a mantenere viva una fiorente oasi che permette ai 45.000 abitanti di vivere non solo di turismo ma anche di agricoltura.
In seguito Palmira fu annessa ufficialmente alla provincia romana di Siria, verso il 19 d.C., durante il regno di Tiberio (14-37), e con Nerone (54-68), fu integrata nella provincia.
In quegli anni lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l'impero romano.
E sotto Tiberio era già così ricca che costruì il santuario di Baal, col tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) e con la cooperazione degli sceicchi nomadi l'autorità di Palmira fu riconosciuta dalle oasi del deserto, tanto di renderla un vero e proprio stato (nel 24, avevano fondato una colonia sull'Eufrate e avevano un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove raggiungevano le coste del golfo persico, dove arrivavano la navi provenienti dall'India).
Sotto il regno di Traiano, la città fu annessa all'impero, ma, nel 129, Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo, Settimio Severo oppure il suo successore, il figlio, Caracalla, concesse a Palmira lo statuto di città libera.
Benché fosse di fronte all'impero partico, Palmira non era mai stata coinvolta nelle guerre che lo avevano opposto a Roma.
Ma, dopo che il fondatore della dinastia sasanide, Ardashir I, nel 224, era asceso al potere, a partire dal 230, il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione sasanide della Cappadocia (Nisibis cadde nel 237) e della Mesopotamia, il territorio tra il Tigri e l'Eufrate, Carre cadde nel 238.
Negli anni seguenti, le incursioni dei Parti continuarono con continuità anche sotto il regno del successore di Ardashir, Shapur I, che arrivò a mianacciare Antiochia.
In questo contesto si inserì la figura di Odenato.
Odenato, discendente della famiglia gentilizia dei Settimi che ricevette la cittadinanza romana, quando, nel 193, aveva parteggiato per Settimio Severo contro Pescennio Nigro, era stato nominato governatore della provincia di Siria da Valeriano.
Nel 260, dopo che Valeriano, sconfitto a Edessa, era stato catturato, Odenato intervenne e inseguì sino a Ctesifonte l'esercito sasanide che, sconfitto dal generale Callisto, si stava ritirando.
Durante tale azione, Odenato riuscì a procurare notevoli perdite al nemico e l'impresa fu apprezzata dall'imperatore Gallieno, che, dopo che Odenato, durante la ribellione dei Macriani, aveva sconfitto ed ucciso, nel 261, il generale Callisto, gli conferì il titolo di dux romanorum.
In seguito, Odenato si proclamò re dei re.
Fu anche per merito di Odenato che i Parti, negli anni successivi, non effettuarono altre incursioni.
Nel 268, a seguito di un complotto politico, Odenato ed il figlio maggiore, Hairan, furono assassinati da Maconio, cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato.
Poco dopo la morte del governatore (re dei re), sua moglie Zenobia prese il potere, in nome del figlio minorenne, Vaballato, col sogno e l'ambizione di creare un impero d'Oriente da affiancare all'impero di Roma.
Il disinteresse apparente degli imperatori romani e la morte, nel 269, dell'imperatore Claudio II e del fratello Quintiliano, incoraggiarono la regina a ribellarsi all'autorità romana.
Nel 270, infatti Zenobia attaccò l'Arabia, la Palestina e l'Egitto, conquistandole.
L'Egitto aveva una notevole importanza per il fatto che, dopo la chiusura delle vie carovaniere del nord, il commercio con l'India passava proprio da quella regione.
Allora Zenobia si spinse a nord, conquistò la Cappadocia e la Bitinia arrivando sino alla città di Ancira.
Ma Zenobia non aveva l'approvazione del Senato di Roma, inoltre non tutte le legioni di stanza in Oriente la seguirono.
In quello stesso anno (270), Aureliano viene acclamato imperatore dalle legioni del limes danubiano.
All'inizio del 272, Aureliano riconquistò l'Egitto, poi la Bitinia e la Cappadocia, poi dopo aver avuto ragione della cavalleria palmirense ad Antiochia, sconfisse l'esercito palmirense, comandato dal generale Zabdas ad Emesa.
La regina si rifugiò a Palmira, ma prima della fine dell'anno Aureliano raggiunse l'oasi e iniziò delle trattative per la resa della città.
Durante le trattative, Zenobia ed il figlio, Vaballato, fuggirono, ma furono catturati.
Palmira, che non ebbe a soffrire danni in occasione della resa, l'anno dopo (273), a seguito di una ribellione, fu saccheggiata, i suoi tesori furono portati via e le mura furono abbattute; la città, abbandonata, tornò a essere un piccolo villaggio e divenne una base militare per le legioni romane.
Diocleziano, tra il 293 e 303 fortificò la città, per cercare di difendere Palmira dalle mire dei Sasanidi e fece costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento (il campo di Diocleziano), con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.
A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.
Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza.
L'imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione.
Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi di Khalid ibn al-Walid nel 634.
Sotto il dominio degli Arabi la città andò in rovina.
Benché la storia di Palmira fosse nota, il sito e l'oasi vennero visitate, solo nel 1751, da una comitiva di disegnatori (tra cui l'italiano, Giovanni Battista Borra), capeggiati da due inglesi, Robert Wood e James Dawkins, che nel 1753, pubblicarono in inglese e francese "Les Ruines de Palmyra", autrement dite Tadmor au dèsert, che crearono enorme interesse per il sito e l'oasi.
Solo però verso la fine del XIX secolo vengono iniziate ricerche di carattere scientifico, copiando e decifrando le iscrizioni; ed infine, dopo l'instaurazione del mandato francese sulla Siria, vengono iniziati gli scavi per potare alla luce i vari reperti.Palmira [vedi sopra stampa ottocentesca] fu in tempi antichi un'importante città della Siria, posta in una oasi 240 km a nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest della città di Deir ez-Zor, che si trova sul fiume Eufrate.
È stata per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto, per i viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriaco per collegare l'Occidente (Roma e le principali città dell'impero) con l'Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all'India e alla Cina), che ebbe un notevole sviluppo tra il I ed III secolo d.C.
Il nome greco della città, Palmyra , è la fedele traduzione dall'originale aramaico, Tadmor, che significa 'palma'.
La città, col nome di Tadmor, nel II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C. e poi è citata più volte negli archivi di Mari, nel XVIII secolo a.C.
Poi viene citata ancora negli archivi assiri, nell'XI secolo a.C., come Tadmor del deserto.
A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete commerciale che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale.
Tadmor è citata anche nella Bibbia ("Secondo libro delle Cronache" 8.4) come una città del deserto fortificata da Salomone.
La città di Tamar è menzionata nel "Primo libro dei Re" (9.18), anch'essa fondata e fortificata da Salomone.
Dopo queste citazioni su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata col nuovo nome, che gli è stato dato durante il regno dei Seleucidi (IV - I secolo a.C.) è l'attuale nome della cittadina sorta in prossimità delle rovine, che dipende molto dal turismo. Comunque, anche se la fonte sulfurea che alimentava l'oasi di Palmira sembra esaurita, oggi Tadmor, con un sistema di irrigazione del terreno, riesce a mantenere viva una fiorente oasi che permette ai 45.000 abitanti di vivere non solo di turismo ma anche di agricoltura.
In seguito Palmira fu annessa ufficialmente alla provincia romana di Siria, verso il 19 d.C., durante il regno di Tiberio (14-37), e con Nerone (54-68), fu integrata nella provincia.
In quegli anni lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l'impero romano.
E sotto Tiberio era già così ricca che costruì il santuario di Baal, col tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) e con la cooperazione degli sceicchi nomadi l'autorità di Palmira fu riconosciuta dalle oasi del deserto, tanto di renderla un vero e proprio stato (nel 24, avevano fondato una colonia sull'Eufrate e avevano un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove raggiungevano le coste del golfo persico, dove arrivavano la navi provenienti dall'India).
Sotto il regno di Traiano, la città fu annessa all'impero, ma, nel 129, Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo, Settimio Severo oppure il suo successore, il figlio, Caracalla, concesse a Palmira lo statuto di città libera.
Benché fosse di fronte all'impero partico, Palmira non era mai stata coinvolta nelle guerre che lo avevano opposto a Roma.
Ma, dopo che il fondatore della dinastia sasanide, Ardashir I, nel 224, era asceso al potere, a partire dal 230, il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione sasanide della Cappadocia (Nisibis cadde nel 237) e della Mesopotamia, il territorio tra il Tigri e l'Eufrate, Carre cadde nel 238.
Negli anni seguenti, le incursioni dei Parti continuarono con continuità anche sotto il regno del successore di Ardashir, Shapur I, che arrivò a mianacciare Antiochia.
In questo contesto si inserì la figura di Odenato.
Odenato, discendente della famiglia gentilizia dei Settimi che ricevette la cittadinanza romana, quando, nel 193, aveva parteggiato per Settimio Severo contro Pescennio Nigro, era stato nominato governatore della provincia di Siria da Valeriano.
Nel 260, dopo che Valeriano, sconfitto a Edessa, era stato catturato, Odenato intervenne e inseguì sino a Ctesifonte l'esercito sasanide che, sconfitto dal generale Callisto, si stava ritirando.
Durante tale azione, Odenato riuscì a procurare notevoli perdite al nemico e l'impresa fu apprezzata dall'imperatore Gallieno, che, dopo che Odenato, durante la ribellione dei Macriani, aveva sconfitto ed ucciso, nel 261, il generale Callisto, gli conferì il titolo di dux romanorum.
In seguito, Odenato si proclamò re dei re.
Fu anche per merito di Odenato che i Parti, negli anni successivi, non effettuarono altre incursioni.
Nel 268, a seguito di un complotto politico, Odenato ed il figlio maggiore, Hairan, furono assassinati da Maconio, cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato.
Poco dopo la morte del governatore (re dei re), sua moglie Zenobia prese il potere, in nome del figlio minorenne, Vaballato, col sogno e l'ambizione di creare un impero d'Oriente da affiancare all'impero di Roma.
Il disinteresse apparente degli imperatori romani e la morte, nel 269, dell'imperatore Claudio II e del fratello Quintiliano, incoraggiarono la regina a ribellarsi all'autorità romana.
Nel 270, infatti Zenobia attaccò l'Arabia, la Palestina e l'Egitto, conquistandole.
L'Egitto aveva una notevole importanza per il fatto che, dopo la chiusura delle vie carovaniere del nord, il commercio con l'India passava proprio da quella regione.
Allora Zenobia si spinse a nord, conquistò la Cappadocia e la Bitinia arrivando sino alla città di Ancira.
Ma Zenobia non aveva l'approvazione del Senato di Roma, inoltre non tutte le legioni di stanza in Oriente la seguirono.
In quello stesso anno (270), Aureliano viene acclamato imperatore dalle legioni del limes danubiano.
All'inizio del 272, Aureliano riconquistò l'Egitto, poi la Bitinia e la Cappadocia, poi dopo aver avuto ragione della cavalleria palmirense ad Antiochia, sconfisse l'esercito palmirense, comandato dal generale Zabdas ad Emesa.
La regina si rifugiò a Palmira, ma prima della fine dell'anno Aureliano raggiunse l'oasi e iniziò delle trattative per la resa della città.
Durante le trattative, Zenobia ed il figlio, Vaballato, fuggirono, ma furono catturati.
Palmira, che non ebbe a soffrire danni in occasione della resa, l'anno dopo (273), a seguito di una ribellione, fu saccheggiata, i suoi tesori furono portati via e le mura furono abbattute; la città, abbandonata, tornò a essere un piccolo villaggio e divenne una base militare per le legioni romane.
Diocleziano, tra il 293 e 303 fortificò la città, per cercare di difendere Palmira dalle mire dei Sasanidi e fece costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento (il campo di Diocleziano), con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.
A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.
Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza.
L'imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione.
Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi di Khalid ibn al-Walid nel 634.
Sotto il dominio degli Arabi la città andò in rovina.
Benché la storia di Palmira fosse nota, il sito e l'oasi vennero visitate, solo nel 1751, da una comitiva di disegnatori (tra cui l'italiano, Giovanni Battista Borra), capeggiati da due inglesi, Robert Wood e James Dawkins, che nel 1753, pubblicarono in inglese e francese "Les Ruines de Palmyra", autrement dite Tadmor au dèsert, che crearono enorme interesse per il sito e l'oasi.
Solo però verso la fine del XIX secolo vengono iniziate ricerche di carattere scientifico, copiando e decifrando le iscrizioni; ed infine, dopo l'instaurazione del mandato francese sulla Siria, vengono iniziati gli scavi per potare alla luce i vari reperti.