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venerdì 19 gennaio 2018

Ove sono andati tutti quei popoli che successivamente abitarono quelle grotte, e quei palazzi?

   "Ove sono andati tutti quei popoli che successivamente abitarono quelle grotte, e quei palazzi? I monumenti scolpiti nei monti stessi hanno resistito all'opera distruggitrice del tempo e dell'uomo, i templi costruiti di blocchi sono caduti anche essi. Quelli scavati nella rocca, quei monti cesellati a facciate di palazzi e tombe sono ancora in piedi. Per distruggere Petra ci vorrebbe un cataclisma. Ma la città è vuota e deserta, il Foro è vuoto e silenzioso, i templi, i palazzi, il teatro, l'arena son vuoti e muti. L'impressione che produce nell'anima cotesta città, muta come una città di tombe, è grandiosia e triste...": "Johann Ludwig Burckhardt e Giammartino Arconati Visconti ovvero lo scopritore di Petra dei Nabatei e colui che, in seguito ad un viaggio nel 1865, ne pubblicò altre meraviglie dopo la splendida opera del Laborde ( di cui qui si riportano alcune stampe). 

V'è molto romanticismo e tanta nostalgia nelle parole sopra trascritte dell'Arconati-Visconti, di cui qui si propone il Diario del Viaggio nell'Arabia Petrea, e certo è da riconoscere che molte altre scoperte ed approfondimenti sin all'oggi sono stati fatti su Petra dei Nabatei. 

Ma il fascino che promana dalle descrizioni di questi primi esploratori è per certi aspetti imparagonabili alle scoperte scientifiche moderne: e del resto Cultura-Barocca -che non è sito archeologico ma principalmente biblioteconomico- si propone di informare il più possibile su questi, spesso dimenticati resoconti, talora pregni di un coinvolgimento emotivo che magari attutisce l'esattezza scientifica, specie a fronte di esplorazioni future e recenti, ma certo rende interessantissima l'analisi dell'esplosione di emozioni in questi "antichi" vaiggiatori-esploratori coi loro resoconti di rimpetto al rinvenimento di tante archeologiche meraviglie.


"Johann Ludwig Burckhardt [vedine qui un ritratto] (Losanna, 24 novembre 1784 – Il Cairo, 15 ottobre 1817) è stato un esploratore e orientalista svizzero, noto anche con il nome francese di Jean Louis (da lui preferito) e con quello inglese di John Lewis. Di origini basilesi, la famiglia, dopo la rivoluzione francese nel 1789, fuggì in Germania e Austria. Dopo avere terminato gli studi universitari a Lipsia e Gottinga, ritornò a Basilea nel 1805 dove, però, per i suoi sentimenti anti-francesi, non poté esercitare alcuna professione. Si trasferì a Londra nel 1806 grazie ad una raccomandazione del naturalista Johann Friedrich Blumenbach a sir Joseph Banks della African Association. Nel 1809 ottenne il beneplacito per il suo progetto di scoprire le fonti del fiume Niger. Nel frattempo, Burckhardt si specializzò ulteriormente all'Università di Cambridge studiando Arabo, Astronomia, Medicina, Chimica e Mineralogia, rafforzandosi anche fisicamente per resistere meglio alle difficoltà del viaggio. Il 14 febbraio 1809, a capo della spedizione, salpò per Malta.

Il Burckhardt sotto le spoglie di un mercante arabo [cosa non inusuale anche per ragioni di sicurezza o di scelte esistenziali come nei casi di Alessandro Burnes e di Lady Hester Lucy Stanhope (1776 - 1839) una straordinaria nobildonna inglese da viaggiatrice fattasi avventuriera ed esploratrice, solita cavalcare all'uso maschile e girare armata (leggi qui per vari approfondimenti sul personaggio) e tanto anticonformista da non usare abiti medio-orientali alla foggia delle donne, che reputava scomodi, bensì quelli propri degli uomini, che qui, nella sua dimora in un areale isolato del Libano, troviamo a cordiale colloquio con il Winkelmann francese, cioè Luigi Augusto di Thivac visconte di Marcellus che conoscendone le abitudini e sapendo quanto fosse difficile essere da Lei ricevuto Le inviò una lettera quasi enigmatica ma tale -se possibile- da incuriosirLa e cui la donna, che riconobbe poi al Marcellus di esserne stata in effetti incuriosita rispose, con un'epistola da trasmettere al Console Francese, aprendogli, in un ventaglio di soluzioni, uno spiraglio per l'incontro, che subito il giovane francese raccolse = il nobile transalpino partito senza indugio alcuno e giunto quasi a destinazione, avvicinandosi alla di Lei dimora, non faticò a scoprire che la donna lo stava aspettavando, quasi parendo un beduino dai vestiti e dall'atteggiamento

GiuntoLe vicino però il Marcellus potè apprezzare la qualità superiore dei suoi vestiti e poi anche la sua indubbia bellezza per quanto non fosse più giovanissima] con lo pseudonimo Sheikh Ibrahim ibn Abd Allah, si fermò ad Aleppo in Siria [ come farà dato il tempo invernale G. Robinson -che seguì spesso le tracce del Burckhardt- descrivendo il proprio soggiorno in tale città nel suo Viaggio in Siria e in Palestina... (1830 - 1831)] per conoscere l'Islam (religione che abbracciò), perfezionare l'arabo e studiare il Vicino Oriente. Lì tradusse il romanzo Robinson Crusoe in arabo. Divenne grande conoscitore del Corano e del diritto islamico, tanto da essere spesso coinvolto nel dirimere questioni religiose dagli stessi indigeni. Nei due anni trascorsi in Siria, Burckhardt fece numerosi viaggi di esplorazione visitando Palmira, Damasco e il Libano. Ma fu il 22 agosto 1812 che fece la storica scoperta di PETRA, capitale dei Nabatei (sito archeologico della Giordania, posto a circa 250 km a sud della capitale Amman, in un bacino tra le montagne ad Est del Wadi Araba, la grande valle che si estende dal Mar Morto fino al Golfo di Aqaba del mar Rosso. Il suo nome semitico era Reqem o Raqmu "la Variopinta").
 
Per la morte precoce l'esploratore svizzero non poté dare alle stampe i suoi appunti ed anche se altri orientalisti si spinsero fino a Petra visitandola pur tra varie insofferenze delle popolazioni locali è utile ricordare qui il nobile Giammartino Arconati-Visconti (Pau-Francia 1839-Firenze 1876) figlio del Marchese Giuseppe Arconati-Visconti la cui intensa vita di politico e sostenitore del Risorgimento fu gravemente rattristata dalla morte della amata moglie e dalla cattiva salute del figlio come visto morto precocemente, poco dopo il padre).

Giammartino Arconati-Visconti , sulla scia di altri illustri personaggi di cui parlò nella Premessa raggiunse la misteriosa città e nella sua opera principale Diario di un Viaggio in Arabia Petrea (1865) diede una descrizione edita di Petra di cui qui con gli indici originali dell'intiera opera si può leggere da pagina 316 la parte concernente la descrizione di come era Petra a metà del XIX secolo [l'opera qui digitalizzata solo per l'esplorazione di Petra (e non per l'intiero viaggio) risulta integrata da un altro scritto vale a dire = Arconati Visconti, Giammartino Atlante per servire al diario di un viaggio in Arabia Petrea / di Giammartino Arconati Visconti, Torino : Bona, 1872 - Descrizione fisica 46 p., 6 c. di tav. : ill. ; 31 cm.].

Giammartino Arconati-Visconti, in merito a Petra, ferma restando la sequenza di successive scoperte e di valutazioni decisamente più scientifiche delle sue, svolge un'opera altamente meritoria = il giorno dell'arrivo a Petra Arconati-Visconti ed i compagni si avventurano per un tragitto improbo e superano quelli che al viaggiatore, anche su postulazioni altrui, paiono i resti d'una torre araba dei tempi delle Crociate cui, di seguito, di seguito succedono altre consimili strutture finché non giungono in un luogo adatto al loro stanziamento in un accampamento: il giorno dopo Arconati-Visconti esce presto (1 aprile 1865) e solitario dall'accampamento e contempla quanto gli è possibile dando libero sfogo ad una sua romantica esternazione "Ove sono andati tutti quei popoli che successivamente abitarono quelle grotte, e quei palazzi? I monumenti scolpiti nei monti stessi hanno resistito all'opera distruggitrice del tempo e dell'uomo, i templi costruiti di blocchi sono caduti anche essi. Quelli scavati nella rocca, quei monti cesellati a facciate di palazzi e tombe sono ancora in piedi. Per distruggere Petra ci vorrebbe un cataclisma. Ma la città è vuota e deserta, il Foro è vuoto e silenzioso, i templi, i palazzi, il teatro, l'arena son vuoti e muti. L'impressione che produce nell'anima cotesta città, muta come una città di tombe, è grandiosia e triste...".

L'esplorazione vera e propria inizia comunque non molto dopo e il viaggiatore-esploratore rimane oltremodo meravigliato dei reperti architettonici e ad ogni angolo lo stupore si accresce come di fronte al grande tempio detto "il Tesoro di Faraone" od a quella che è detta la "Tomba ornata di Piramidi" mentre alla vista scorrono altre tombe già segnalate dal Burckardt e quindi la "Tomba a cortile" e pure il teatro (le ricerche archeologiche hanno appurata l'esistenza di due teatri, il più grande e scavato nella roccia di 33 scalini e in grado di ospitare 4000 persone: esistevano anche ninfei, ginnasi, un palazzo reale, terme, un arco trionfale a tre fornici sulla strada d'accesso alla città). Eppure le meraviglie non si esauriscono (da cui però i beduini che in qualche modo proliferano intorno all'Arconati - Visconti si tengono lontani, specie non soggiornando la notte nei grandi antichi ma deserti e temuti palazzi: vedi qui alcune "Nozioni Preliminari intorno allo Stato Politico e Morale della Turchia necessarie" per la completa intelligenza delle "Rimembranze" del Visconte di Marcellus e di qualunque opera relativa all'Oriente = Capitolo estratto dal Viaggio in Siria ed in Egitto del Conte F. C. Volney = inoltre cliccando in questa parte leggi altre "note integrative" ed al riguardo una "Idea degli Arabi beduini") ma sembrano procedere come in un moderno documentario ed ecco apparire un Tempio grandioso per raggiungere il supposto Foro circondato dalle splendide rovine ove si individuano sia iscrizioni greche che iscrizioni nabatee ed inoltre iscrizioni latine ed ancora, a testimoniare l'alto grado di sviluppo della città nel suo fiorire, tracce di acquedotti e di selciato stradale addirittura i resti di un Ponte e quindi pure un altro grande tempio a parere dell'Arconati-Visconti, ma anche sulla base del Burckardt, consacrato poi al culto cristiano nominato quale Ed - Deir (il Convento) ed oltre a tutto questo graffiti -tra reperti antichissimi- con nomi di uomini d'epoca molto recente ma del tutto ignoti: ma questi sono solo alcuni segnali fra tante meraviglie per cui la lettura integrale dell'ispezione di Petra, non priva di rischi attesa la presenza di beduini, merita di esser svolta integralmente come qui si propone = come già scritto sopra, della città deserta l'autore più volte si chiede dove mai sian finiti gli abitanti di tanto splendore e si sofferma sulle antiche fortune di Petra, a suo parere e giustamente, dipendenti dall'esser la città un nodo commerciale straordinario verso l'Oriente e dall'Oriente anche se con la dominazione romana la decadenza di Petra pur lentamente prese il piede essendo il commercio con l'Oriente via via trasferito nella non lontana base mercantile di Bostra più a Nord di Petra e quindi più prossima a Damasco (nella sua sopra menzionata opera il Robinson descrive sulla linea di tragitti millenari carovane per l'Oriente partenti da Aleppo e Damasco) : a prescindere da ciò forse basta in merito a quest'ultimo argomento esaminare qui le carte proposte per rendersi conto dell'importanza di Petra come antichissimo sito strategico contro incursioni di popolazioni ostili già ai danni dell'Impero di Roma e soprattutto coglierne la valenza in merito alle vie commerciali che conducevano verso l'Oriente o dall'Oriente stesso provenivano). Ritornando specificatamente alle gesta di Johann Ludwig Burckhardt è da menzionare l'intenzione di scoprire le fonti del Niger per cui egli si incamminò per il Cairo: dove però non riuscì a trovare carovane che lo conducessero verso ovest. S'imbarcò allora sul Nilo che risalì fino alla frontiera di Dongola, scoprendo nel 1813, tra le sabbie, il tempio di Abu Simbel. In un secondo viaggio in Nubia, nel 1814, si diresse verso il porto di Suakin sul Mar Rosso che attraversò fino a Gedda per poi raggiungere la città santa della Mecca, dove rimase per tre mesi fino al novembre del 1814, al fine di effettuare il pellegrinaggio. Infine si spinse verso l'altra città santa di Medina. Rimase a Medina fino ad aprile del 1815, a causa di attacchi di febbre dovuti a parassiti (Entamoeba histolytica). Nella primavera del 1816, dopo il suo ritorno al Cairo nel giugno del 1815, intraprese un viaggio per esplorare la penisola del Sinai. In attesa di ritornare in Europa, Burckhardt ebbe una ricaduta di dissenteria e di febbre alta e morì il 15 ottobre, 1817, a un mese dal suo 33º compleanno. Secondo i suoi desideri fu inumato in un cimitero islamico sotto il nome arabo, e la sua tomba è rimasta intatta fino ad oggi. I suoi scritti, raccolti in 350 volumi, e la sua collezione di 800 manoscritti orientali sono stati lasciati in eredità all'Università di Cambridge, diversi dei quali sono stati raccolti e pubblicati postumi".

da Cultura-Barocca