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venerdì 26 gennaio 2018

La normativa sui duelli tra Cinquecento e Seicento

 Il capitolo sui "DUELLI" ("LV, libro II") degli "Statuti genovesi" ha molti punti in comune colla condanna dei "Duelli pubblici" registrata nel "cap. XIX" ("sessione XXV- 3/4 dicembre 1563" = ALBERIGO, pp.745-746) dei "Deliberati" del "Concilio di Trento", pur se in ambito ecclesiastico si insiste sull'origine demoniaca della pratica e la pena pei duellanti non comporta la morte sul patibolo ma scomunica, proscrizione e confisca dei beni mentre in chiave criminalistica, oltre al suppizio estremo dei rei e la menzione critica avverso le vendette private mascherate sotto forma di duelli, si allude ancor più apertamente all'esasperazione della criminale usanza, ricorrendo in sovrappiù da metà Cinquecento non solo l'abuso di messaggeri di morte, "padrini" e consiglieri di vario tipo (funzione condannata colla scomunica, la proscrizione e l'infamia perpetua nel capitolo conciliare) ma anche l'innovazione di sfide lanciate per via di lettere se non addirittura con "cartelli" ed "iscrizioni offensive di sfida" disposte in mostra per le pubbliche vie all'attenzione non solo dei contendenti ma anche della morbosità popolare (vedi in "Bibliografia" l'opera contemporanea del SUSIO). 

Lettera o cartello di sfida a duello. rinvenuta - a seguito di processo giudiziario - in una filza
datata 1624-1625
Il "duello", di cui esistevano tra l'altro molte codificazioni letterarie, anche per gesuitico accondiscendimento, non venne estirpato mai del tutto nel genovesato: visto anche quanto ancora detta 150 anni dopo questo capitolo criminale, il "capo 13" della "P.I" degli "Istituti Militari" dello ZIGNAGO: "Chi sfiderà, chiamerà a duello sarà condannato per due anni in Galera, e chi chiamato vi anderà, vi sarà condannato per un anno e seguendo per cagione di detto duello qualche ferita, saranno condannati alla Galera in vita, tanto il Ferito che il Feritore, e se succedesse la morte d'uno di quelli due, quello che sopravviverà, se cadrà nelle forze della Giustizia, sarà archibugiato" (fucilato)".> 

Un guanto del Seicento, addotto a prova testimoniale in un processo per una sfida a duello, di cui si é già detto
Peraltro la Chiesa di Roma si trovò quasi subito nella condizione di vanificare un espediente escogitato per aggirare la proibizione "contro i duelli" del "Concilio di Trento", ricorrendo i contendenti al "Duello privato" cioè svolto fuori della codificazione storica (per esempio senza la pubblica dichiarazione di sfida o l'uso di padrini) attraverso la "Bolla pontificia" di Gregorio XIII, "Ad tollendum detestabilem" del Dicembre 1582, con cui le pene della scomunica, della proscrizione e della confisca dei beni venivano estese a quanti ricorrevano a tal forma di "Duello", come ad eventuali complici ed a quanti concedessero uno spazio di loro proprietà per "duellare" (il "DELRIO" però - Lib. IV, Cap.IV, Quest. IV, Sez. II - ritiene che i Principi o comunque lo Stato non siano tenuti a reprimere od impedire i "Duelli" tra "Pagani" visto che i dettati del "Concilio di Trento" condannano questa forma di contesa solo nel caso che avvenga tra Cristiani: argomento comunque sottile e controverso per ogni Stato, che non poteva sul suo territorio far simili distinzioni, come si intuisce leggendo il "capitolo sui duelli" degli ""Statuti Criminali Genovesi".
Un po' ovunque nel mondo occidentale l'usanza del "duellare" finì quindi per resistere magari tra mille espedienti, sin alla fine del XIX secolo: nel '700 , nonostante gli "editti di morte" contro chiunque accettasse un "duello", come scrisse il "Beccaria" nel "capo X" del suo "Dei Delitti e delle Pene", la contesa trovava energia e fondamento "in ciò che alcuni uomini temono più che la morte" (il disonore) "di maniera che l'uomo d'onore si prevede esposto a divenire un essere meramente solitario, stato insoffribile ad un uomo socievole, overo a divenire" (cosa peraltro vera)" il bersaglio degl'insulti e dell'infamia che colla ripetuta loro azione prevalgono al pericolo della pena" [a prescindere dal fatto che la persecuzione del "Duello" si è rivelata di fatto molto difficile per le legislazioni criminali (non ovunque, neppure tuttora e specie in aree depresse del meridione italiano, si sono disperse le competenze "procedurali" del feroce duello rusticano) vista la radicatezza della costumanza, la risposta del "Beccaria" non pare esente da una diffusasi giustificazione gesuitica del "Duello" e che comporta una soluzione giuridica abbastanza fragile (potendo i duellanti giustificarsi in giudizio - generando dispersione e confusione di prove con relativa vanificazione del procedimento - col testimoniare sia l'uno che l'altro, quasi sempre in perfetto accordo, preordinato sulla scorta dei pareri di legulei e confessori gesuiti, "d'esser stato aggredito proditoriamente una volta giunto sul posto scelto per lo scontro - recando armi ma solo per difesa - onde trovare piuttosto un accomodamento verbale onorifico"): "il miglior modo di prevenire questo delitto è di punire l'aggressore, cioé chi ha dato occasione al "duello", dichiarando innocente chi senza sua colpa è stato costretto a difendere ciò che le leggi attuali non assicurano, cioè l'opinione, ed ha dovuto mostrare a' suoi concittadini ch'egli teme le sole leggi e non gli uomini"].



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