Il presunto Antro dell'Averno |
La tecnica dell'IPNOSI e dell'IPNOTISMO (nell'età intermedia sempre in bilico tra le ACCUSE DI PRATICA STREGONESCA e di ESERCIZIO CIRCENSE) prima di essere faticosamente riscatta dalla SCIENZA MODERNA) risale a tempi assai remoti: scomodando il complesso, e non sempre decifrato, patrimonio sacerdotale egizio o caldeo, si può per esempio affermare, senza tema di smentimenti, che per molti versi il sonnambulismo, una fra le principali conseguenze dell'ipnosi, era già stato intimamente connesso a pratiche rituali pagane, perseguite dal Cristianesimo primigenio, come le "arti proibite" della Profezia e/o Divinazione [storicamente proprie della cultura oracolare e della tradizione profetica delle SIBILLE (PROFETESSE - PITONESSE -PIZIE) antiche [celeberrimo in particolare l'ANTRO DELLA SIBILLA CUMANA] ormai equiparate dalla pubblicistica ecclesiastica ma anche da interessati medici al rango di a STREGHE]: un rarissimo esempio della sopravvivenza della cultura oracolare delle Sibille (sconosciuto alla cultura inerente ed alle bibliografie ufficiali e comunque ascritto al settore dei "libri eretici" e quindi dei "libri proibiti") è il VOLUME (edito nel 1775 a Viterbo, per lo stampatore Domenico Antonio Zenti, formato in 8°, di pp.6-20-166 con il frontespizio interamente inciso) di Vincenzo Azzolini dal titolo Oracoli Sibillini, libri sei, Tradotti dal Greco in Versi Sciolti Toscani.
Sulle radici di una gloriosa tradizione letteraria il mito della SIBILLA CUMANA peraltro valicò la scomparsa del mondo antico e nel Medioevo si cercò di individuare, secondo la tradizione della poesia virgiliana letta attraverso il commento di Servio, la sede dell'oracolo sibillino: esercitò poi sempre un particolare fascino tra i dotti la leggenda virgiliana della discesa agli inferi di Enea, cioè della sua "missione" all'AVERNO destinata a forgiare e giustificare i destini di ROMA, sotto la guida della profetessa. Su tale direttrice culturale si cercò quindi di individuare l'antro della mitica discesa sulla sponda del LAGO D'AVERNO, localizzandolo presto negli ambienti tuttora caratterizzati dal toponimo GROTTA DELLA SIBILLA.
Per l'intiero Rinascimento non si discusse mai tale identificazione atteso che era stata sostenuta anche dal Petrarca e dal Boccaccio oltre che dagli antiquari locali e dai viaggiatori stranieri.
Scetticismo mostrarono ben pochi studiosi tra cui l'Alberti ed il Capaccio, che rigettarono siffatta localizzazione, in forza d'una analisi critica, esente da qualsiasi principio d'autorità, del testo virgiliano, che li portò ad individuare con giustezza nella GROTTA DELLA SIBILLA un arcaico camminamento tra il Lucrino e l'Averno: eppure nonostante la loro autorità da cui si evolsero i sempre maggiori dubbi degli eruditi, la visita all'ANTRO DELL'AVERNO costituì per molto tempo ancora una delle mete predilette del Grand Tour proprio mentre le rovine dell'Acropoli di Cuma erano degradate nell'indifferenza generale sino ad un secolare abbandono.
Si tratta probabilmente di leggende, connesse alla letteratura -in gran parte oracolare- fiorita intorno alle figure delle Sibille ma nello smisurato campo degli studi sull'aretalogia pagana si individuano vaghissime tracce su una casta sacerdotale femminile, per breve periodo di un certo peso culturale e sociale tra area Mesopotamica ed Oasi di Tineh in Egitto, la cui Sacerdotessa madre avrebbe detenuto il potere dell'Ingadurn, nome che è giunto solo oralmente e in vari esiti, tutti inspiegabili, che per quei pochi dati che è stato possibile mettere insieme parrebbe essere uno fra i tanti nomi dell'arte ipnotica, ma senza uso di filtri e specchi: sarebbe stato un modo d'entrare nelle menti dei più semplici e ricettivi sì da suggestionarli, creando immagini di varia natura, spesso terrificanti o consolatorie. Non si sa di più sulla tecnica dell'Ingadurn per alcuni si tratta solo d'una leggenda alimentata per rendere più temuta la figura della Sacerdotessa madre: per vie insondabili ed inspiegabili, già in epoca romana, alcune maghe di tradizione orientale avrebbero condotto nella capitale, più come un gioco da illusionisti, i rudimenti di tale "pseudoscienza" per far soldi alle fiere ed ai mercati.
Anche nella Grecia classica la condizione pseudonirica dell'estasi poi confusa facilmente con il discusso tema dell'ipnosi [cui peraltro non era estranea l'assunsione di sostanze allucinogene] era peraltro considerata - da una postazione sempre maschilista - più consona alla fragilità emotivo-costituzionale femminile (che si esaltava nel ruolo sacrale della PIZIA (PITONESSA), equivalente della "SIBILLA" O MEGLIO DELLE "SIBILLE") e poco in sintonia con l'aristocratico decoro dei maschi egemoni) o come il "Sonno rituale" o "terapeutico" presso gli antichi templi, contro cui (come avverso il rituale delle "abluzioni curative" nelle Fonti sacre dei Luci o "Boschi sacri", spesso votati alla religione celto-romana delle Matres ed ancor più contro il tema di ascendenza ellenistica ma non ignaro in contesto romano dell'Aretalogia o Miracolistica Pagana nel Sonno Sacro presso i Santuari della Guarigione e comunque connesso alla potenza guaritrice di Apollo e del di lui figlio Esculapio di cui restano importanti attestati archeologici e documentari), in varie fasi dell'evoluzione del cristianesimo, si dovette intervenire, dall'autorità episcopale, per dissuadere fedeli, in cui sopravvivevano, in sinergia e sincretismo cogli elementi base del Cristianesimo, radicate convinzioni idolatriche.
Naturalmente - pur non potendo ignorare questi presupposti cultuali e la storica, soprannaturale fobia per Demoni Incubi e Succubi (in qualche maniera, nell'età intermedia, fobia od ossessione esorcizzata dal Sonno profondo sotto forme di parossistico terrore e spesso posta alla radice probatoria -come Maleficio- di procedimenti per Stregheria) - la storia recente dell'IPNOSI si rifà alle osservazioni parascientifiche di Mesmer da cui poi derivarono distinte interpretazioni, sino alla storica dicotomia tardo ottocentesca tra il pensiero di Charcot (spiegazione neurofisiologica dell'ipnosi) e di Bernheim (interpretazione psicologica), dicotomia alla fine superata da FREUD che rivalutò l'impegno diretto del paziente messo in grado di raggiungere da solo le conoscenze liberatorie.
In termini estesi si può definire l'ipnosi alla stregua di uno stato psicofisico di destabilizzazione della coscienza che viene evocato dall'ipnotizzatore e che decorre durante il rapporto con lo stesso.
In base alla tecnica seguita dall'ipnotizzatore ed in relazione alla particolare condizione emotiva dell'ipnotizzato, il processo di ipnosi è in grado di svilupparsi secondo distinti livelli (dalla vigilanza al sonnambulismo) e quindi assumere caratteristiche anche molto diverse.
Sulla linea delle considerazioni terapeutiche che le si attribuiscono l'ipnosi ha la proprietà di agire per linea diretta sulla persona psicofisica profonda del paziente. Lo stato ipnotico si reputa oggi principalmente quale condizione prevalentemente dinamica e risulta distinto dal predominio di funzioni rappresentativo-emotive in luogo di quelle critico-intellettive e da fenomeni di ideoplastia (cioè di uno stato ipnotico passivo per cui il paziente od il soggetto su cui vien fatto un particolare esperimento ipnotico può ricevere idee e suggestioni dell'ipnotizzatore) e condizioni di relativa dissociazione psichica.
Queste, come detto, sono le osservazioni sulla moderna scienza a riguardo dell'ipnosi, ma si è anche fatto riferimento alla vicenda antichissima di questa "tecnica", in forma elementare utilizzata a livello di alcune antichissime religioni pagane: proprio la capacità di "suggestionare una persona particolarmente predisposta e di inculcarle delle idee contrarie alla sua indole" ha finito per costituire nel passato uno dei pilastri ideologici della Fascinazione, matrice elementare quanto temuta dell'ipnosi vera e propria.
La FASCINAZIONE che si riteneva poter avvenire non solo attraverso la SEDUZIONE DEGLI OCCHI ma pure col concorso di particolari bevande e pozioni o sostanze capaci di modificare la psicologia di un individuo piegandola alla volontà, generalmente malefica, dell'eventuale operatore: anche per questa ragione M. DELRIO potè definire la Fascinazione come un Maleficio d'asservimento, ritenendo che per mezzo di forze distinte, principalmente col potere magnetico degli occhi ma pure servendosi di formule magiche e/o filtri vari, Streghe, Maghi e Vampiri potessero impadronirsi delle coscienze altrui e quindi delle loro stesse anime, inducendone peraltro i corpi, in forma di sonnambulismo (e quindi tramite la riproposizione di condannate esperienze idolatriche e pagane), ad operare in modi contrastanti alla loro stessa consuetudine esistenziale.
Sulla sottilissima linea che per secoli separò la giustezza dell'empirismo da vaghe esternazioni parapsicologiche, FRANZ ANTON MESMER, medico e filosofo tedesco (Iznang, lago di Costanza, 1734-Meersburg 1815) laureatosi in filosofia e in medicina a Vienna con la tesi Dissertatio physicomedica de planetarum influxum (1776), provò dapprima quali effetti potesse avere sull'organismo l'applicazione del ferro calamitato [su un piano diverso di ricerche ma comunque parimenti legato al tema antichissimo (altresì legato al teorema alchemico della FONTE DELL'ETERNA GIOVINEZZA di RINGIOVANIMENTO - IMMORTALITA' E/O ETERNA GIOVINEZZA) si può mettere SERGE VORONOFF, scienziato che ebbe contatti non indifferenti col PONENTE LIGURE e con VENTIMIGLIA in particolare].
Sulle radici di una gloriosa tradizione letteraria il mito della SIBILLA CUMANA peraltro valicò la scomparsa del mondo antico e nel Medioevo si cercò di individuare, secondo la tradizione della poesia virgiliana letta attraverso il commento di Servio, la sede dell'oracolo sibillino: esercitò poi sempre un particolare fascino tra i dotti la leggenda virgiliana della discesa agli inferi di Enea, cioè della sua "missione" all'AVERNO destinata a forgiare e giustificare i destini di ROMA, sotto la guida della profetessa. Su tale direttrice culturale si cercò quindi di individuare l'antro della mitica discesa sulla sponda del LAGO D'AVERNO, localizzandolo presto negli ambienti tuttora caratterizzati dal toponimo GROTTA DELLA SIBILLA.
Per l'intiero Rinascimento non si discusse mai tale identificazione atteso che era stata sostenuta anche dal Petrarca e dal Boccaccio oltre che dagli antiquari locali e dai viaggiatori stranieri.
Scetticismo mostrarono ben pochi studiosi tra cui l'Alberti ed il Capaccio, che rigettarono siffatta localizzazione, in forza d'una analisi critica, esente da qualsiasi principio d'autorità, del testo virgiliano, che li portò ad individuare con giustezza nella GROTTA DELLA SIBILLA un arcaico camminamento tra il Lucrino e l'Averno: eppure nonostante la loro autorità da cui si evolsero i sempre maggiori dubbi degli eruditi, la visita all'ANTRO DELL'AVERNO costituì per molto tempo ancora una delle mete predilette del Grand Tour proprio mentre le rovine dell'Acropoli di Cuma erano degradate nell'indifferenza generale sino ad un secolare abbandono.
Si tratta probabilmente di leggende, connesse alla letteratura -in gran parte oracolare- fiorita intorno alle figure delle Sibille ma nello smisurato campo degli studi sull'aretalogia pagana si individuano vaghissime tracce su una casta sacerdotale femminile, per breve periodo di un certo peso culturale e sociale tra area Mesopotamica ed Oasi di Tineh in Egitto, la cui Sacerdotessa madre avrebbe detenuto il potere dell'Ingadurn, nome che è giunto solo oralmente e in vari esiti, tutti inspiegabili, che per quei pochi dati che è stato possibile mettere insieme parrebbe essere uno fra i tanti nomi dell'arte ipnotica, ma senza uso di filtri e specchi: sarebbe stato un modo d'entrare nelle menti dei più semplici e ricettivi sì da suggestionarli, creando immagini di varia natura, spesso terrificanti o consolatorie. Non si sa di più sulla tecnica dell'Ingadurn per alcuni si tratta solo d'una leggenda alimentata per rendere più temuta la figura della Sacerdotessa madre: per vie insondabili ed inspiegabili, già in epoca romana, alcune maghe di tradizione orientale avrebbero condotto nella capitale, più come un gioco da illusionisti, i rudimenti di tale "pseudoscienza" per far soldi alle fiere ed ai mercati.
Anche nella Grecia classica la condizione pseudonirica dell'estasi poi confusa facilmente con il discusso tema dell'ipnosi [cui peraltro non era estranea l'assunsione di sostanze allucinogene] era peraltro considerata - da una postazione sempre maschilista - più consona alla fragilità emotivo-costituzionale femminile (che si esaltava nel ruolo sacrale della PIZIA (PITONESSA), equivalente della "SIBILLA" O MEGLIO DELLE "SIBILLE") e poco in sintonia con l'aristocratico decoro dei maschi egemoni) o come il "Sonno rituale" o "terapeutico" presso gli antichi templi, contro cui (come avverso il rituale delle "abluzioni curative" nelle Fonti sacre dei Luci o "Boschi sacri", spesso votati alla religione celto-romana delle Matres ed ancor più contro il tema di ascendenza ellenistica ma non ignaro in contesto romano dell'Aretalogia o Miracolistica Pagana nel Sonno Sacro presso i Santuari della Guarigione e comunque connesso alla potenza guaritrice di Apollo e del di lui figlio Esculapio di cui restano importanti attestati archeologici e documentari), in varie fasi dell'evoluzione del cristianesimo, si dovette intervenire, dall'autorità episcopale, per dissuadere fedeli, in cui sopravvivevano, in sinergia e sincretismo cogli elementi base del Cristianesimo, radicate convinzioni idolatriche.
Naturalmente - pur non potendo ignorare questi presupposti cultuali e la storica, soprannaturale fobia per Demoni Incubi e Succubi (in qualche maniera, nell'età intermedia, fobia od ossessione esorcizzata dal Sonno profondo sotto forme di parossistico terrore e spesso posta alla radice probatoria -come Maleficio- di procedimenti per Stregheria) - la storia recente dell'IPNOSI si rifà alle osservazioni parascientifiche di Mesmer da cui poi derivarono distinte interpretazioni, sino alla storica dicotomia tardo ottocentesca tra il pensiero di Charcot (spiegazione neurofisiologica dell'ipnosi) e di Bernheim (interpretazione psicologica), dicotomia alla fine superata da FREUD che rivalutò l'impegno diretto del paziente messo in grado di raggiungere da solo le conoscenze liberatorie.
In termini estesi si può definire l'ipnosi alla stregua di uno stato psicofisico di destabilizzazione della coscienza che viene evocato dall'ipnotizzatore e che decorre durante il rapporto con lo stesso.
In base alla tecnica seguita dall'ipnotizzatore ed in relazione alla particolare condizione emotiva dell'ipnotizzato, il processo di ipnosi è in grado di svilupparsi secondo distinti livelli (dalla vigilanza al sonnambulismo) e quindi assumere caratteristiche anche molto diverse.
Sulla linea delle considerazioni terapeutiche che le si attribuiscono l'ipnosi ha la proprietà di agire per linea diretta sulla persona psicofisica profonda del paziente. Lo stato ipnotico si reputa oggi principalmente quale condizione prevalentemente dinamica e risulta distinto dal predominio di funzioni rappresentativo-emotive in luogo di quelle critico-intellettive e da fenomeni di ideoplastia (cioè di uno stato ipnotico passivo per cui il paziente od il soggetto su cui vien fatto un particolare esperimento ipnotico può ricevere idee e suggestioni dell'ipnotizzatore) e condizioni di relativa dissociazione psichica.
Queste, come detto, sono le osservazioni sulla moderna scienza a riguardo dell'ipnosi, ma si è anche fatto riferimento alla vicenda antichissima di questa "tecnica", in forma elementare utilizzata a livello di alcune antichissime religioni pagane: proprio la capacità di "suggestionare una persona particolarmente predisposta e di inculcarle delle idee contrarie alla sua indole" ha finito per costituire nel passato uno dei pilastri ideologici della Fascinazione, matrice elementare quanto temuta dell'ipnosi vera e propria.
La FASCINAZIONE che si riteneva poter avvenire non solo attraverso la SEDUZIONE DEGLI OCCHI ma pure col concorso di particolari bevande e pozioni o sostanze capaci di modificare la psicologia di un individuo piegandola alla volontà, generalmente malefica, dell'eventuale operatore: anche per questa ragione M. DELRIO potè definire la Fascinazione come un Maleficio d'asservimento, ritenendo che per mezzo di forze distinte, principalmente col potere magnetico degli occhi ma pure servendosi di formule magiche e/o filtri vari, Streghe, Maghi e Vampiri potessero impadronirsi delle coscienze altrui e quindi delle loro stesse anime, inducendone peraltro i corpi, in forma di sonnambulismo (e quindi tramite la riproposizione di condannate esperienze idolatriche e pagane), ad operare in modi contrastanti alla loro stessa consuetudine esistenziale.
Sulla sottilissima linea che per secoli separò la giustezza dell'empirismo da vaghe esternazioni parapsicologiche, FRANZ ANTON MESMER, medico e filosofo tedesco (Iznang, lago di Costanza, 1734-Meersburg 1815) laureatosi in filosofia e in medicina a Vienna con la tesi Dissertatio physicomedica de planetarum influxum (1776), provò dapprima quali effetti potesse avere sull'organismo l'applicazione del ferro calamitato [su un piano diverso di ricerche ma comunque parimenti legato al tema antichissimo (altresì legato al teorema alchemico della FONTE DELL'ETERNA GIOVINEZZA di RINGIOVANIMENTO - IMMORTALITA' E/O ETERNA GIOVINEZZA) si può mettere SERGE VORONOFF, scienziato che ebbe contatti non indifferenti col PONENTE LIGURE e con VENTIMIGLIA in particolare].