Moneta di Costantino V e di suo padre Leone III - Fonte: Wikipedia |
Il VII CONCILIO ECUMENICO (II CONCILIO DI NICEA) si tenne dal 28 settembre al 23 ottobre 787 avendo quale tema di base la legittimità del culto delle immagini.
La lunga lotta contro le immagini, manifestatasi nel 726 ed esplosa nel 730, dilaniava l'impero bizantino.
Il partito degli ICONOCLASTI, appoggiato dagli imperatori Leone III (711 - 741) e Costantino V (741-775), era riuscito momentaneamente a trionfare.
Solo i MONACI non si erano piegati, e per questo motivo erano caduti sotto i provvedimenti di Costantino V.
Il favore popolare si era progressivamente volto verso i MONACI ICONOFILI, autoproclamatisi la coscienza della Chiesa di fronte al letargo dell'episcopato.
Le ragioni teologiche si fondevano con scelte sociali, e si trasformavano in orientamenti di politica ecclesiastica.
La Chiesa di Roma e l'Occidente erano contrari all'iconoclasmo ma Costantino V aveva reso possibile un grosso successo del partito iconoclasta quando nel 754 aveva convocato a Iereia in un palazzo imperiale sulla sponda asiatica di Costantinopoli un concilio di 338 vescovi bizantini, autoproclamatosi ecumenico, che aveva condannato il culto delle immagini.
L'assenza dei patriarchi orientali ed il contrario orientamento della Sede romana annullavano tale pretesa qualsiasi decisione presa sul piano della Chiesa universale.
Però nel vasto contesto dell'IMPERO ORIENTALE l'iconoclastia, sino a quel momento sorretta dai soli editti imperiali, poteva ora sentarsi quale dogma della Chiesa e del patriarcato di Costantinopoli.
Allorché, dopo il 780, l'imperatrice Irene volle restaurare il culto delle immagini, accanto alle scelte di ordine politico, fu obbligata ad affrontare lo pseudo concilio ecumenico del 754.
Irene pensò quindi alla possibilità di convocare un concilio ecumenico in grado di abbattere legalmente i contenuti della riunione di Iereia.
Per questo fu indirizzata la scelta del nuovo patriarca di Costantinopoli verso la figura di Tarasio, un laico, abile funzionario imperiale.
Costui, elevato all'episcopato, sarà il prudente orchestratore del concilio.
Irene e Tarasio ebbero per ciò il consenso di papa Adriano, che ratificò la proposta bizantina di un concilio ecumenico sul culto delle immagini, a condizione che venisse riconosciuto il diritto primaziale petrino della chiesa di Roma di confermare o meno le deliberazioni conciliari.
I patriarchi orientali, dal canto loro, diedero il proprio assenso alla celebrazione del concilio.
I lavori iniziarono a Costantinopoli nella chiesa dei SS. Apostoli (agosto 787).
Una parte delle guardia imperiale, ispirata da ufficiali iconoclasti, fece però irruzione in chiesa disperdendo i vescovi.
Irene riuscì a far reprimere la rivolta ma decise di trasferire il concilio in una sede più sicura e optando scelse NICEA anche per il ricordo e il prestigio legato alla sede per NICEA celebre sede del primo concilio ecumenico.
La presidenza legale fu nelle mani dei rappresentanti papali ma in effetti venne esercitata dal patriarca Tarasio.
Vi presero parte all'inizio 238 vescovi che divennero 335 alla conclusione del Concilio.
Le deliberazioni vennero lette alla presenza dell'imperatrice e di suo figlio il 23 ottobre.
Esse constano di ventidue canoni disciplinari e di una definizione di fede: il Verbo di Dio si è fatto uomo, e pertanto può essere rappresentato, così pure i Santi. Le immagini non possono essere oggetto di adorazione (latreìa) in se stesse, poiché essa é dovuta solo a Dio, ma di devota venerazione (timetiché proskunesis).
La venerazione risulta quindi giustificata per l'intima correlazione tra l'immagine eil prototipo (vale a dire la persona o il mistero rappresentato nell'immagine).
La lunga lotta contro le immagini, manifestatasi nel 726 ed esplosa nel 730, dilaniava l'impero bizantino.
Il partito degli ICONOCLASTI, appoggiato dagli imperatori Leone III (711 - 741) e Costantino V (741-775), era riuscito momentaneamente a trionfare.
Solo i MONACI non si erano piegati, e per questo motivo erano caduti sotto i provvedimenti di Costantino V.
Il favore popolare si era progressivamente volto verso i MONACI ICONOFILI, autoproclamatisi la coscienza della Chiesa di fronte al letargo dell'episcopato.
Le ragioni teologiche si fondevano con scelte sociali, e si trasformavano in orientamenti di politica ecclesiastica.
La Chiesa di Roma e l'Occidente erano contrari all'iconoclasmo ma Costantino V aveva reso possibile un grosso successo del partito iconoclasta quando nel 754 aveva convocato a Iereia in un palazzo imperiale sulla sponda asiatica di Costantinopoli un concilio di 338 vescovi bizantini, autoproclamatosi ecumenico, che aveva condannato il culto delle immagini.
L'assenza dei patriarchi orientali ed il contrario orientamento della Sede romana annullavano tale pretesa qualsiasi decisione presa sul piano della Chiesa universale.
Però nel vasto contesto dell'IMPERO ORIENTALE l'iconoclastia, sino a quel momento sorretta dai soli editti imperiali, poteva ora sentarsi quale dogma della Chiesa e del patriarcato di Costantinopoli.
Allorché, dopo il 780, l'imperatrice Irene volle restaurare il culto delle immagini, accanto alle scelte di ordine politico, fu obbligata ad affrontare lo pseudo concilio ecumenico del 754.
Irene pensò quindi alla possibilità di convocare un concilio ecumenico in grado di abbattere legalmente i contenuti della riunione di Iereia.
Per questo fu indirizzata la scelta del nuovo patriarca di Costantinopoli verso la figura di Tarasio, un laico, abile funzionario imperiale.
Costui, elevato all'episcopato, sarà il prudente orchestratore del concilio.
Irene e Tarasio ebbero per ciò il consenso di papa Adriano, che ratificò la proposta bizantina di un concilio ecumenico sul culto delle immagini, a condizione che venisse riconosciuto il diritto primaziale petrino della chiesa di Roma di confermare o meno le deliberazioni conciliari.
I patriarchi orientali, dal canto loro, diedero il proprio assenso alla celebrazione del concilio.
I lavori iniziarono a Costantinopoli nella chiesa dei SS. Apostoli (agosto 787).
Una parte delle guardia imperiale, ispirata da ufficiali iconoclasti, fece però irruzione in chiesa disperdendo i vescovi.
Irene riuscì a far reprimere la rivolta ma decise di trasferire il concilio in una sede più sicura e optando scelse NICEA anche per il ricordo e il prestigio legato alla sede per NICEA celebre sede del primo concilio ecumenico.
La presidenza legale fu nelle mani dei rappresentanti papali ma in effetti venne esercitata dal patriarca Tarasio.
Vi presero parte all'inizio 238 vescovi che divennero 335 alla conclusione del Concilio.
Le deliberazioni vennero lette alla presenza dell'imperatrice e di suo figlio il 23 ottobre.
Esse constano di ventidue canoni disciplinari e di una definizione di fede: il Verbo di Dio si è fatto uomo, e pertanto può essere rappresentato, così pure i Santi. Le immagini non possono essere oggetto di adorazione (latreìa) in se stesse, poiché essa é dovuta solo a Dio, ma di devota venerazione (timetiché proskunesis).
La venerazione risulta quindi giustificata per l'intima correlazione tra l'immagine eil prototipo (vale a dire la persona o il mistero rappresentato nell'immagine).