Powered By Blogger

domenica 5 febbraio 2017

L'Urna del Seminario

Alessandro Magnasco, La zona di San Fruttuoso vista dalla villa Saluzzo Bombrini di Albaro (1740) - Fonte: Wikipedia
In senso estensivo e mediato la CABALA (in ambito teologico con tale termine si indica la dottrina ebraica diretta all'interpretazione simbolica del senso intimo e segreto della Bibbia quale è stato trasmesso per tradizione secondo una catena ininterrotta di iniziatori), che a sua volta deriva dal complesso campo della GEMATRIA, è entrata a far parte dell'universo, in qualche maniera, parallelo delle arti magiche e divinatorie, specie se connesse all'arte della numerologia cui non fu nemmeno estraneo ANGELICO APROSIO (soprattutto per influenza dell'erudito spirito toscano di PIER FRANCESCO MINOZZI) nella stesura di vari scritti ed in particolare di una crittografia in cui l'evidenziazione dei segni alfabetici rimandava a calcoli numerici.
Nelle forme più grezze essa presume di poter gestire l'arte della DIVINAZIONE attraverso un rapporto di connessioni fra numeri, segni, sogni intesi come presagi da decifrare.
E' da collegare alla CABALA il GIOCO DEL LOTTO che ebbe origine proprio a Genova nel XVI secolo probabilmente per ideazione di un patrizio della città, tale Benedetto Gentile, che applicò questo gioco d'azzardo alle scommesse che venivano fatte sulle elezioni del Senato della Repubblica.
Al gioco veniva però dato anche nome di GIOCO DEL SEMINARIO forse dal luogo in cui originariamente si giocava.
E' anche vero tuttavia che si chiamava URNA DEL SEMINARIO quella in cui venivano deposti i foglietti coi nomi dei candidati da eleggere.
Non passò molto tempo che si sostituirono i nomi dei senatori con quelli dei numeri sì che il gioco divenne quello che di fatto è oggi.
Il consenso ricevuto dalla popolazione (tra la quale era comunque altissima la pratica del GIOCO D'AZZARDO) fu altissimo e permise agli organizzatori privati del LOTTO di gestire enormi guadagni.
Questo fatto attirò l'attenzione dello Stato, che si sostituì ai privati istituendo nel 1643 una tassa.
Gli altri governi italiani, vedendo che anche molti loro sudditi si adopravano per giocare al LOTTO GENOVESE, emanarono severissimi bandi con cui si impediva ai non genovesi la partecipazione alla lotteria.
Le leggi non ottennero tuttavia grossi risultati e la partecipazione al gioco genovese di cittadini di altri Stati non venne meno.
I vari sovrani anzi, valutando l'impossibilità di proibirne la frequentazione e valutando i consistenti guadagni che esso garantiva al Governo che lo avesse autorizzato, lo liberalizzarono ed anzi ne assunsero l'esclusiva.
Fu questo il caso di Carlo Emanuele di Savoia che nel 1674 lo cedette in appalto a gestori privati lucrando sull'operazione.
Seguendo un suo piano moralizzatore il successore Vittorio Amedeo lo proibì nel 1713 ma ancora una volta i governanti sabaudi si trovarono a fare i conti con le giocate clandestine.
Per questo motivo, oltre che per trarne un guadagno fiscale, Carlo Alberto, che pure personalmente si dichiarava contrario al "Gioco del Lotto", lo fece ripristinare.
Il Sovrano non poteva infatti rinunciare ad un importante cespite di guadagno, che vigorosamente sosteneva l'erario statale: l'unica concessione al moralismo albertino fu l'imposizione di un limite massimo di giocata, sin al valore di una lira (1835).
Successivamente con R.D. 5-XI-1863 dichiarò mantenuto a vantaggio dello Stato il gioco del Lotto.
Poi (D.L. del 19-VII-1880) il governo venne autorizzato ad emanare due decreti per disciplinare le deroghe alla proibizione generale di svolgere pubbliche lotterie, comminando le sanzioni penali in caso di contravvenzione al divieto nonché per riunire e coordinare in un testo unico le tante disposizioni sin ad allora emanate in materia di LOTTO.

da Cultura-Barocca