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lunedì 22 agosto 2016

Bartolomé de Las Casas

Fonte: Wikipedia
Bartolomé de Las Casas (Siviglia, 1484 – Madrid, 17 luglio 1566) fu figlio di un ricco proprietario spagnolo di piantagioni nei Caraibi. 
Ammirò la portata delle GRANDI SCOPERTE GEOGRAFICHE NEL "NUOVO MONDO", convinto delle ENORMI PROSPETTIVE PER LE GENTI DI TUTTO IL MONDO GRAZIE ALL'IMPRESA DEGLI ESPLORATORI. Ma fu disgustato dalla CONQUISTA BRUTALE DI INTIERE CIVILTA' con i "Conquistadores" spinti solo da colpevole AVIDITA' DI ORO E RICCHEZZE DEGLI "IMPERI DEL SOLE", MASCHERATA SOTTO GIUSTIFICAZIONI DI CIVILIZZAZIONE, LOTTA AGLI INFEDELI, A RITI BARBARI E PRATICHE MAGICHE. 
Rimase certo sconvolto tanto dalla tragedia del crollo dell'IMPERO AZTECO quanto dell'IMPERO INCA, poiché vide nella gesta dei "Conquistadores" non solo l'assenza di ogni umanità, ma anche il segno di quella stupidità umana, mossa dall'avidità, che, inducendo a devastare ogni cosa che non fosse ricchezza, finì col distruggere anche le scientifiche e culturali CONQUISTE DI CIVILTA' EVOLUTE, CHE AVREBBERO POTUTO GIOVARE AGLI EUROPEI. I "Conquistadores" sfruttarono ogni cosa che procurasse denaro, ma trascurarono per esempio il PATRIMONIO COSTITUITO DALLA FITOTERAPIA PRECOLOMBIANA, andando invece a depredare le "MUMMIE" DELLE NECROPOLI INCAICHE, sperando di poter alimentare - ma le loro aspettative si rivelarono presto prive di fondamento per il diverso processo di IMBALSAMAZIONE - il remunerativo, ma ormai carente commercio delle MUMMIE EGIZIE, a prezzi esorbitanti utilizzate in medicina.
Decise allora di difendere gli Indios come predicatore e divenuto vescovo di Chiapas nel 1544 intensificò questa sua opera, ottenendo però l'odio dei latifondisti spagnoli. Nonostante l'appoggio del papa fu costretto a ritornare in patria e discolparsi, con successo, da gravi accuse di eresia, dietro cui si celava l'avversione che si era attirata sia per le CRITICHE PALESEMENTE MOSSE AI GOVERNANTI SPAGNOLI DELLE AMERICHE sia per le convinzioni, spesso pubblicamente espresse, che meglio e di più per i nativi AVREBBERO POTUTO FARE LE MISSIONI CATTOLICHE [pur se fra i diversi religiosi sussistevano giudizi divergenti, specie a riguardo dell'operato dei "Conquistadores"; basta qui confrontare ciò che scrisse fra timore, disgusto e sincera volontà d'aiutare gli indigeni contro le prepotenze dei Conquistatori Fra Marco da Nizza (n.d.r.: o  Fray Marcos de Niza) dell'Ordine di S. Francesco, testimone oculare del tracollo dell'Impero Inca, con quanto invece in merito al processo di "civilizzazione" ed "evangelizzazione" del Messico compare in questa assai consolatoria Lettera del Reverendo Padre Francesco da Bologna scritta dalla Città di Messico nell'India o Nuova Spagna al Reverendissimo Padre Clemente da Monelia Provinciale di Bologna].
[Vedi qui i punti basilari de: Encomienda, dibattito su colonialismo e schiavizzazione delle popolazioni amerindiane, Leggi di Burgos, Leggi Nuove, Giunta di Valladolid, contesa Las Casas - Sepulveda.]
Per l'età avanzata e le malattie, Bartolomé de Las Casas non tornò più in America, ma continuò a difendere la causa degli Amerindiani al punto estremo da consigliare poi la TRATTA DEI NERI: ritenendo che, per la loro robustezza, gli africani fossero meglio idonei degli Indios a sopportare il massacrante lavoro delle coltivazioni americane e che comunque in tali nuove contrade potessero ottenere migliori possibilità di vita. Contraddetto dai fatti, successivamente si pentì aspramente di questa affermazione (verisimilmente vagliando anche le disumane condizioni con cui gli schiavi catturati venivano trasportati per via delle NAVI NEGRIERE), sostenendo pubblicamente che la "cattività dei negri è ingiusta tanto quanto quella degli indiani".

da Cultura-Barocca