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mercoledì 19 agosto 2015

Scontri tra Turchia e Persia nel XVI secolo


Nell'immagine tratta dal manoscritto Fogge diverse del vestire conservato presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (ms. cl. it. IV - 491/15578) si vede effigiato SULTAN BAIASIT IL SANTO
La nominazione corretta era BAYAZID (ma comparvero anche le forme BAJESID, BAYEZID, BAJAZET): il nome derivava dalla corruzione della forma ABU YAZID e risultò conferito a due sultani turchi, l'antico BAYAZID I [(1359-1403) soprannominato YLDIRIM (IL FULMINE) per la rapidità con cui portò avanti le sue conquiste in Bulgaria, Macedonia e Tessaglia] e BAYAZID II il sultano o Gran Turco presso il quale per gran parte della sua esistenza di schiavo risiedette GIANNANTONIO MENAVINO che, nelle proprie memorie, usò sempre per denominarlo la forma, ulteriormente corrotta, di PAIAXIT.
BAYAZID II era succeduto al padre MAOMETTO II nel 1481 riuscendo a scacciare il fratello Gem (Zizim secondo le fonti occidentali) con cui era sorta una disputa per il potere.
Fu un eccellente condottiero che ottenne importanti successi militari in Egitto sui Mamelucchi ed in Europa sui moldavi spingendo le sue conquiste sin nella Croazia, nella Bosnia e nell'Erzegovina: tra l'altro combattè anche contro i Veneziani a cui portò via i possessi storici di Lepanto, Santa Maura, Corone, Modone e Navarino.
L'appellattivo de IL SANTO gli derivò tuttavia dal suo processo di consolidamento interno dell'Impero e da una serie notevole di opere di riorganizzazione ed amministrazione che migliorarono lo stato sociale in tutto il suo vasto dominio.
Nei suoi scritti il MENAVINO non nascose la propria simpatia per questo Sultano alla cui deposizione nel 1512 ad opera del figlio SELIM I (che al contrario disprezzava o comunque odiava, temendolo) ed alla cui tragica fine dedicò pagine significative.
SELIM I (Amasya 1467-Costantinopoli 1520) figlio di BAYAZID II IL SANTO ebbe invece il triste soprannome de IL CRUDELE soprattutto per l'efficienza e la spetatezza con cui depose il padre e soprattutto risolse la successione liberandosi dei fratelli: argomento su cui le pagine del genovese MENAVINO costituiscono un'importante miniera di informazioni.
Però nonostante il lugubre appellativo si rivelò sovrano avveduto capace di garantire solidità e continuità per la dinastia aprendo la strada al grandioso regno del figlio SOLIMANO IL MAGNIFICO.
Con lui, dopo il periodo di consolidamento interno voluto dal padre, l'impero ottomano riprese la propria tradizione guerriera ed espansionistica e tra l'altro conquistò Siria, Egitto ed Arabia garantendo all'Impero turco anche il controllo dei luoghi santi dell'Islam.
La sua impresa più celebre (quella contro i Savafidi dell'Iran, di cui assoggettò una parte prossima alla Mesopotamia con la battaglia di Chaldiran del 1514) fu però in qualche modo inficiata da una sorta di eventi imponderabili che ne resero in un primo momento indecifrabile la lettura: tanto che, per esempio, lo stesso MENAVINO, che pure vi partecipò e che dalla confusione di tanti concitati accadimenti trasse occasione per la fuga ed il ritorno in patria (appunto nel 1514), la interpretò alla stregua di un fallimento.
Al contrario di quanto scrisse l'autore genovese, palesemente soddisfatto di una supposta sconfitta di SELIM I, questi ebbe chiaramente il sopravvento sullo scià di Persia ISMAIL che, a detta del MENAVINO anche indotto dalle suppliche di un nipote sopravvissuto agli eccidi che SELIM I aveva fatto della sua famiglia, avrebbe preso l'iniziativa di assalire l'Impero Turco.
In effetti ISMAIL si mosse militarmente per dare ulteriore unità ai suoi sudditi sciti contro i maomettani sunniti che circondavano la Persia: la sua impresa era contestualmente guerra di religione ed espansionismo imperialista.
Gli Uzbechi che reggevano la Transoxiana erano giunti infatti ad occupare il Khuruzan ed allora ISMAIL col suo esercito li aggredì conquistando Harat e scacciandoli dalla Persia od Iran.
Ritenendosi protetto ad Oriente si mise quindi in marcia contro l'Impero Turco ad Occidente: fece tra l'alotro impiccare alcuni esponenti di quei sunniti che formavano la maggioranza della città di Tabriz e obbligò il resto della popolazione a recitare quotidianamente una preghiera con cui si maledicevano i primi tre califfi quali usurpatori di Alì.
Lo scontro di Chaldiran del 1514 (soprattutto la sua incapacità di opporsi all'artigliera imperiale turca: cui pure il MENAVINO fece cenno) gli risultò fatale, aprendo a SELIM I la via per la graduale conquista della Mesopotamia (completata nel 1516).
Però la battaglia di Chaldiran per quanto vittoriosa non potè essere subito sfruttata dal sultano turco sì da distruggere ISMAIL conquistandone tutto il regno: l'esercito turco, sfibrato da lunghe marce e faticosi combattimenti, imprevedibilmente (data anche la ferrea disciplina che lo distingueva) si ammutinò (con la conseguenza di parecchio disordine, diserzioni e fughe tra cui quella del MENAVINO) ed obbligò SELIM I ad una momentanea ritirata strategica consentendo sallo scià di ritornare tranquillamente nella sua capitale e, speculando su un'interessata pubblicistica, a pavoneggiarsi alla stregua di un re guerrero e vincitore.
In effetti fortuna ed imprevedibilità caratterizzarono tutta la vita dello SCIA' ISMAIL I (già ISMAIL DI AZERBAIJAN) che fondò la dinastia SAFAVID (1502-1736) riuscendo ad unificare quel caos di stati indipendenti (Iraq, Yazd, Samnan, Firuzkuh, Diyarbekir, Kashan, Khurusan, Qnadahar, Balkh, Kirman e Azerbaijan) in cui si era frazionata la Persia.
La grande intuizione di colui che era anche detto il SOFFI (come, oltre che il MENAVINO, ne scrisse Marin Sanudo nei suoi Diarii: "Soffi, re di Persia, cussì chiamato come è a dir sapiente) fu quella di aver fuso, con improbabile fortuna, la propria audacia ad una scelta religiosa che potesse costituire in Persia un elemento di fusione fra le genti.
In Persia la religione si identificava con la SHI'A cioè IL PARTITO DI ALI' genero di Maometto: essa non riconosceva legittimi altri califfi che ALI' ed i suoi 12 discendenti diretti od IMAM ("RE SANTI"): visto che nell'Islam religione e governo non risultavano separati, secondo tale dottrina a questi discendenti soltanto sarebbe spettato il diritto di reggere sia Chiesa che Stato.
Alla maniera dei Cristiani convinti che Cristo sarebbe tornato a stabilire il suo regno in terra, gli SCITI pensavano che l'ultimo IMAM (cioè MUHAMMAD IBN-HASAN) giammai sarebbe defunto onde un giorno fissare il suo governo sul mondo.
Un pò come i protestanti che condannavano i cattolici per il fatto di accettare, oltre alla Bibbia, anche la "tradizione" così gli SCITI rimproveravano ai SUNNITI, che costituivano la maggioranza maomettana ortodossa, di vedere la sunna cioè il sentiero verso la rettitudine non solo nel Corano ma puranco nella prassi di Maometto tramandata dai suoi compagni e seguaci.
In uno strano collegamento coi cristiani protestanti, che abbandonarono il culto dei santi e chiusero i conventi) gli SCITI attaccarono i mistici sufi facendo chiudere i Dervisci vale a dire l'equivalente maomettano dei monasteri europei.
Sfruttando queste contraddizioni teologiche ISMAIL affermò di discendere dal settimo IMAM (cioè SAFI-AL-DIN = "Purezza della fede") donde coniò il nome della sua dinastia, appunto quella dei SAFAVIDI) e, ottenuto ampio credito (proclamando contestualmente lo SHI'A quale religione ufficiale dell'Iran) coagulò tutte le genti della Persia in una sorta di pia unificazione religiosa avversa ai blasfemi MAOMETTANI SUNNITI (coi quali nessuno SCIITA avrebbe giammai neppur mangiato).
Con questo semplice ma esplosivo espediente egli fece una forza di genti tanto divise ed anche nemiche: e da tale iniziativa ottenne spunti vari per conquiste e ampliamenti territoriali.
Anche se aveva indubbiamente sottovalutato la forza effettiva dell'IMPERO TURCO e le capacità di reazione dell'efficiente GRAN TURCO SELIM I "IL CRUDELE.