Con il Cristianesimo la "Vita del Teatro", al pari di quella di altri spettacoli ludici, in particolare i giochi sportivi e soprattutto quelli gladiatori, venne meno.
A questo proposito si possono citare due testi fondamentali e cioè il "De Spectaculis" dell'autore cristiano Tertulliano [opera in cui i Capitoli XVII (I teatri sono sentine d'impurità e di disonestà) e XVIII (Le tragedie, le commedie hanno in loro qualcosa d'illecito e di empio) assieme al Capitolo XXVI. Il teatro è cosa che ha in sé carattere demoniaco sembrano davvero "tuonare" come una condanna totale ed ergersi a profetico epitaffio per un genere d'arte che dai Greci ai Romani conobbe opere e autori di straordinaria grandezza] e, per quanto concerne la sanzione legislativa, il Libro XV al punto trattante 5.10, De Spectaculis precisamente al Capo 7.10 del "Codice dell'Imperatore Teodosio" colui che in definitiva concluse l'opera di Costantino il Grande (e conseguentemente del I Concilio di Nicea con la basilare sanzione del Simbolo Niceno) determinando a pro del Cristianesimo "Religione Ufficiale dell'Impero" una graduale ma ineluttabile cancellazione del Paganesimo.
In questo formidabile processo di "moralizzazione secondo i dettami della Cristianità" le donne perdettero tutto quanto avevano ottenuto in tema di diritti civili e naturalmente le "Donne dello Spettacolo" scomparvero nel nulla, divenendo un pallido ricordo: ed è sempre di Tertulliano, ancora per la sua versione quasi profetica e fatta in tempi in cui il Paganesimo era la Religione ufficiale, la sanzione più terribile su di esse contenuta nel citato Capitoli XVII (I teatri sono sentine d'impurità e di disonestà) laddove appunto scrive in merito ad Attrici, Mime, Cantanti ecc. = ....Quello che fa riscuotere al teatro, il favore più grande, risulta da tutto un insieme di immoralità: ogni cosa è basata su di esse: uno di Atella s'abbandona a gesti ridicoli ed immorali; ecco una rappresentazione mimica; vi sono anche donne che recitano, portando proprio fino all'ultimo gradino quel senso di dignità e di pudore che è pure proprio della donna: è più facile che una arrossisca in casa... ma sulla scena non sarà mai. Il pantomimo finalmente ha vissuto sulla propria persona l'onta della vergogna più turpe, ancora fanciullo, per poi esser capace di rappresentarla sulla scena in un modo, così efficace. Si portano sulla scena donne da trivio, avanzi della corruzione e del pubblico più bestiale capriccio; più disgraziate lì, sotto gli occhi stessi delle matrone alle quali sole erano rimaste forse nascoste: eccole lì, ora, portate in bocca di tutti: gente d'ogni età e di ogni qualità e grado: si sa il luogo della loro vergogna, il prezzo del loro disonore, le loro abilità e i loro pregi!... sono proclamati... anche a chi non li vorrebbe sapere. Non dico nulla poi di tutto il resto che bisognerebbe tenere gelosamente nascosto nei più solitari recessi e sotto la cortina più densa di tenebre, perché tante vergogne non riescano ad inquinare e ad offuscare la luce del giorno. Provate vergogna, o senatori, e così pure o cittadini, di ogni ordine, arrossite! E quelle donne che ormai hanno infranto il senso e il principio del loro onore e della loro dignità, nel timore che esse hanno di presentarsi in piena luce al cospetto di tutto un popolo, arrossiscano di vergogna, per quei loro gesti immorali, almeno una volta in un anno. Se ogni forma di volgarità e di bassezza deve esser colpita dalla nostra maggiore esplicita esecrazione, come potrebbe esser lecito udire ciò che non ci è possibile di dire?".
La "distruzione ufficiale del Teatro" ad opera del Cristianesimo data però almeno ufficialmente dal Sinodo d'Elvira del IV secolo, inducendo anche gli spettatori oltre che gli attori - sia con la partecipazione che con la visione di spettacoli osceni - a perpetrare il gravissimo peccato della lussuria: anche se con il trascorrere dei secoli il rischio venne parzialmente ridimensionato. Il "Problema del Teatro e dei Teatranti" in effetti però non venne mai meno attraverso i secoli ed anzi i millenni, pur attraversando postazioni ondivaghe, ora più severe, ora maggiormente tolleranti, ma con un'impostazione, quasi immutabile nella sostanza, della Chiesa.
da Cultura-Barocca