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domenica 26 agosto 2018

Villafranca

Da Theatrum Statuum Sabaudiae, Amsterdam, 1682, in B. Durante-R. Capaccio "Marciando per le Alpi..." , Cavallermaggiore [Gribaudo-Paravia], 1993


Da Theatrum Statuum Sabaudiae, Amsterdam, 1682, in B. Durante-R. Capaccio "Marciando per le Alpi..." , Cavallermaggiore [Gribaudo-Paravia], 1993

Da Theatrum Statuum Sabaudiae, Amsterdam, 1682, in B. Durante-R. Capaccio "Marciando per le Alpi..." , Cavallermaggiore [Gribaudo-Paravia], 1993

Villafranca (Villefranche-sur-Mer) oggi - Fonte: Wikipedia
Nizza, Forte di Monte Albano (Fort du Mont Alban) - Da Theatrum Statuum Sabaudiae, Amsterdam, 1682, in B. Durante-R. Capaccio "Marciando per le Alpi..." , Cavallermaggiore [Gribaudo-Paravia], 1993

Fort du Mont Alban oggi - Fonte: Wikipedia


Forte di Santo Spirito - Da Theatrum Statuum Sabaudiae, Amsterdam, 1682, in B. Durante-R. Capaccio "Marciando per le Alpi..." , Cavallermaggiore [Gribaudo-Paravia], 1993

La cittadella Sant'Elmo di Villafranca (Villefranche-sur-Mer) oggi - Fonte: Wikipedia

La rada di Villafranca in un manoscritto turco del 1543 - Fonte: Wikipedia
Villafranca in “Viaggio da Genova a Nizza scritto da un ligure nel 1865” di anonimo, ma in effetti Padre Luigi Ricca, minore osservante di Civezza (IM)
ancora il Ricca
Villafranca e Monte Albano nel “Viaggio nella Liguria Marittima” del Bertolotti (1834)
 
da Cultura-Barocca

sabato 25 agosto 2018

Le Nuove Mura di Genova

Genova, Forte Tenaglia - Fonte: Wikipedia
Le Nuove Mura [di Genova] furono progettate e decise nel 1626 per sostituire le trincee e bastie provvisorie di terra e fascine, affrettatamente compiute lungo lo stesso percorso nel 1625, quando la Repubblica si era trovata in grave pericolo, minacciata dall'Armata franco-savoiarda; quindi in molti era sorta l'idea di rendere quelle opere campali più stabili e soprattutto permanenti per difendere la Superba città di Genova in modo definitivo, traducendole in una lunga cinta di mura bastionate. 

Genova in quel tempo era già munita di una ben robusta cinta bastionata, più evoluta rispetto alle antiche Mura medioevali, ma ormai incapace di contenere l'espansione continua dei borghi sempre più dilatati e soprattutto inadatta a proteggere la città e il porto dai tiri sempre più lunghi delle batterie del nemico.

"La settima cinta è quindi molto più ampia dell'area effettivamente abitata, che resta quella dei bastioni del 1536, e risponde all'esigenza di intercettare i crinali che scendono al mare e le vie d'accesso sia da levante che da ponente, comprendendo inoltre l'intero arco portuale, anche questo murato, dalla Lanterna al Molo." 

La Repubblica di Genova , in un quadro storico-politico segnato da profonde incertezze, aveva capito che era ormai tempo di affidare la difesa della propria indipendenza ad una efficiente organizzazione militare. Il sottile gioco politico delle alleanze non era più perseguibile a causa delle incertezze legate all'inaffidabilità di un alleato come la Spagna ed alle sempre più grandi ambizioni dei Savoia. 

La Spagna nella primavera del 1571 si era annessa il territorio di Finale con il proposito, poi rivelatosi inutile, di creare quello sbocco al mare tanto reclamato dalla regione della Lombardia. 
Il Ducato di Piemonte pure ambiva ad una ambiziosa possibilità di poter "raggiungere" il mare in un modo più agevole rispetto a Nizza e quindi Genova pareva essere sempre di una importanza strategica. 
Un terzo motivo, considerato da molti storici, con ragione, il più immediato e che dette l'avvio alla costruzione delle Nuove Mura, fu la breve guerra per il Marchesato di Zuccarello, fra il 1624 e il '25.

Nel mese di marzo del 1625, l'esercito piemontese ben organizzato, rapidissimo nelle manovre, conquistò ad uno ad uno tutti i castelli di confine. Caddero Ovada, Rossiglione, Voltaggio e altrettanto velocemente raggiunsero a Genova le notizie delle sconfitte, confuse e ingigantite per quel carattere ligure chiuso, pessimista per natura, ma certo non rassegnato a subire la resa. 

In aiuto alla Repubblica e al suo Porto questa volta giunse la squadra navale di Spagna, mentre fuori città spontaneamente, si organizzò una difesa provvisoria delle alture. "Tutti con grande ardore si posero all'opera" e guarnirono i monti di trincee, muri a secco, palizzate, lungo un percorso indicato da una Commissione di Esperti tra cui primeggiava Padre Vincenzo Maculano. 
Una linea fortificata, che seguiva il crinale della Lanterna fino alla Bastia di Peralto e di lì, attraverso il Castellaccio e lo Zerbino si congiungeva con le Mura Vecchie sopra il Bisagno. Queste opere seguite frettolosamente sotto la minaccia di un assedio che poi non si verificò, costituirono, durante gli anni che seguirono, un primo tracciato per l'opera definitiva delle Nuove Mura. 

L'opinione pubblica intanto si stava sempre più convincendo che, per una patria libera, era quindi indispensabile creare un immenso recinto onde poter dominare e non essere dominati, e che fosse e riuscisse il più ampio possibile. Si formò quindi un grosso dibattito, si chiese il parere di molti uomini illustri i quali intervennero, ognuno con una propria proposta, fino a quando finalmente fu decretata dal Senato, il 19 aprile del 1626, l'opera definitiva delle Nuove Mura.
L'opera definitiva delle Nuove Mura fu decretata dal Senato il 19 aprile del 1626. Il testo fu sottoscritto dal Senato "e siglato su uno dei due garandi rotoli, lunghi in tutto sei metri, dov'era stato disegnato in scala di palmi 1:1000 l'intero percorso con la forma di ogni bastione, eccetto, come precisa il documento, la parte 'sita alla bastia di Promontorio'. Quel tratto rimaneva sospeso, in attesa di un ulteriore esame per decidere se si dovesse lasciare l'antica fortezza 'fuori o dentro' le Nuove Mura." 

Per dare inizio alla fabbrica uno dei più gravi problemi era quello di come poter ottenere i denari necessari: quindi tutte le fabbriche private vennero sospese per avere abbondanza di 'mazzacani', e di materiali da costruzione come soprattutto di calce; tutti gli uomini della città dai 17 ai 20 anni ogni anno almeno dovevano lavorare dalle 6 ai 20 giorni scelti ad arbitrio; vennero messi a disposizione del cantiere sia muli che somari almeno 2 giorni su 6; vennero richiesti dei mattoni a seconda della disponibilità dei padroni di fornaci; tutti i 'camalli' della città e dei sobborghi dovevano partecipare almeno 16 giornate all'anno; e così via. 
Assicurati quindi i mezzi per avere il denaro, gli uomini e i materiali, l'8 novembre si riuniva una Commissione per collocare la prima pietra; si pensò che la Lanterna fosse il sito più idoneo, il simbolo della città oggi oramai perso poiché soffocato dal tempo, dal degrado e dall'incuria; fu scelto quel luogo poiché rappresentava la porta principale della città con i suoi baluardi destinati a guardarla, quasi a proteggerla. 
Venne celebrata la Messa sacra dall'Arcivescovo Domenico De Marini poi da tutto il Clero, dai religiosi, dalle confraternite, nonché dai Consoli di tutte le Arti. 
Una settimana dopo la cerimonia inaugurale, fu finalmente presentato al Senato il progetto per la costituzione del Magistrato delle Nuove Mura.
Il Magistrato si componeva di un Presidente e da sei membri scelti fra i nobili cittadini i quali, a turno di due, diventavano Deputati: ogni mattina si recavano solerti in un ufficio a loro assegnato presso il Palazzo Ducale per sbrigare le pratiche correnti "tra l'altre come saldare li conti e sottiscrivere li mandati della fabbrica perché possano esser pagati da quel Magistrato di Azenda che a questa impresa deve imporsi." Un altro membro era Deputato alla fabbrica e il suo incarico consisteva di andare in cantiere per visitare i lavori e decidere e ordinare cose lievi e di poter "castigare fino a due tratti di corda li operai delinquenti e farli carcerare." Il Magistrato inoltre disponeva di un cancelliere, un sottocancelliere, un sindaco, due targette (uscieri), un bargello, ed era autorizzato ad assumere tanti soprastanti (assistenti ai lavori) quanti ne poteva avere bisogno. 

Al Magistrato delle Nuove Mura si era aggiunto un Magistrato dell'Erario o d'Azenda formato da cinque nobili cittadini che avevano l'importante compito di amministrare i finanziamenti finché la fabbrica non fosse finita; collaboravano con essa un cancelliere ed un cassiere. L'istituzione formatasi quindi restò tale fino a quando la fabbrica delle Nuove Mura potrà essere dichiarata finita. Cominciarono finalmente le costruzioni presso la Lanterna e sul Bisagno ma i lavori procedevano assai lentamente. 

Nel frattempo, si riconosceva l'importanza di difendere in modo adeguato il settore murario verso il Bisagno. 

Dopo l'impulso iniziale, dai vivaci dibattiti sulla progettazione fino alla cerimonia di posa della prima pietra alla Lanterna, sembra che la fabbrica subì un periodo di rallentamento, che permase per quasi due anni fino a quando nell'aprile del 1630 si elesse un nuovo Magistrato delle Mura: Giacomo Lomellini, colui che, in qualità di Doge, aveva posto la prima pietra sotto la Lanterna. 
Il 20 maggio 1630 venne eletto Architetto e Capo d'Opera il Maestro Bartolomeo Bianco, poiché fu necessario disporre di un architetto, non distratto da altre occupazioni, che avesse l'incarico di vigilare che tutto il lavoro fosse eseguito secondo il disegno approvato e a regola d'arte, mentre un mese prima venne nominato alla direzione della fabbrica delle Mura, il Deputato Ansaldo De Mari che aveva già lavorato per la Repubblica quando diresse i tracciamenti per le Nuove Mura, seguendo i consigli del Domenicano Padre Vincenzo Maculano da Fiorenzuola il quale, in seguito, lascio` la sua mirabile impronta progettando il recinto del Gianicolo a Roma e le Fortificazioni di Malta. 
La guerra che era iniziata nel 1626, dopo un gran variare di eventi, finalmente fini` nel 1630 con la morte di Carlo Emanuele; si stabili` la pace e i Genovesi si convinsero sempre di più di condurre a termine il progetto della grande cinta bastionata e muraria iniziata in realtà senza un disegno definitivo. 

Quindi solo nell'aprile del 1630 venne approvato dal Senato il "Disegno delle Nuove Mura della Città di Genova approvato dai Serenissimi Collegi con Decreto del 19 aprile 1630"; è un disegno compreso in due ampi rotoli di carta, contrassegnati rispettivamente come parte I e parte II, in uno dei quali e` rappresentato, con semplice linea, il tracciato dalla Lanterna a Peralto e nell'altro dalla punta di Peralto fino al Bisagno. Questi disegni furono eseguiti senza alcuna descrizione di misura e di quota, ma indicano l'intero perimetro con le cortine e i bastioni poi fedelmente realizzati. Inoltre rappresenta una stesura quasi definitiva da assegnare al tracciato murario, poiché il progetto venne approvato con riserva: ancora non era stato deciso il percorso, che dovevano seguire le Mura dalla parte degli fino al monte Peralto. 

Questa incertezza provoco` un dibattito nel quale emerse la brillante personalità di Frate Vincenzo Maculano da Fiorenzuola, un dottissimo uomo religioso dell'Ordine dei Domenicani, maestro indiscusso nell'arte delle Fortificazioni che "... veniva sovente consultato e più sovente ancora incaricato di dare disegni di fortezza, che si eseguivano poi dagli Architetti, sotto la sua direzione". 
Fu infine confermata l'ipotesi di far passare le Nuove Mura sul Promontorio e finalmente fu presentato un calcolo, una stima dall'Architetto Bartolomeo Bianco e dall'Ingegnere Bastiano Ponzello che rimase definitivo poi nell'ottobre del 1631 quando si decise di attenersi al primitivo progetto: fu poi "suffragata da un'ultima relazione di Padre Don Giovanni de Medici in data 20 ottobre 1631 pienamente approvata dal Senato il 20 dicembre 1631". Finalmente il 19 dicembre 1631 si potevano contare 22 lotti dati in appalto in diversi punti della lunga cinta. Per capire meglio le modalità tecniche ed amministrative seguite durante la costruzione delle Mura seguiamo il Capitolato che C. Bruzzo ha descritto grazie ai documenti che ha trovato nell'Archivio di Stato di Genova contenuti nelle filze "Nuove Mura, anni 1630-1631-1632".

da Cultura-Barocca

martedì 21 agosto 2018

Dall'"Atlante di Sanità" di Matteo Vinzoni (fatto stendere dalla Repubblica di Genova dopo l'arrivo della peste a Marsiglia nel 1720)


Descrizione delle strade che vengono nel territorio di Savona da Confini del Sassello e dal Ponte Invrea, Cairo, Altare e Mallare Monferrato e dal Marchesato di Finale, s.d. [1743], Disegno a penna colorato, cm. 48,5 X 42 di Matteo Vinzoni (A.S.G., Raccolta cartografica, Busta 28 bis, Miscellanea n. 105 = Massimo Quaini, Sagep, 1983, p 39)
CARTA DELLA RIVIERA DI PONENTE DEL DOMINIO DI GENOVA 
 


   

 IL COMMISSARIATO DI VENTIMIGLIA A RIVA DEL MARE PRINCIPIA A PONENTE DA UN VALLONE, O SIA TORRENTE DETTO IL GARAVANO ALLA META' CIRCA DELLA SPIAGGIA DI MENTONE, DA CUI E' DISTANTE UN TIRO DI MOSCHETTO, E SI ESTENDE A LEVANTE SINO AL FIUME NERVIA.
QUESTO TRATTO CALCOLASI MIGLIE CINQUE CIRCA.
DAL DETTO VALLONE GARAVANO, CHE E' DIVISORIO, SALENDO PER LO STESSO SINO AD UN SCOGLIO DETTO IL BALZETTO CONFINA CON MENTONE E PRINCIPIA QUELLO DEL CASTELLARO DI NIZZA ASCENDENDO PER UN RIO DETTO CANAL DELLA ROSSA ARRIVA SINO ALLA SOMMITA' D'UNA COSTIERA DI MONTE DETTA MICIORE', E DI LA' SPEMPRE PER DETTA COSTA, MONTE DELLA LONGHEURA E MONTE ACORNARO AD ACQUA PENDENTE GIUNGE AL PRINCIPIO DEL MONTE DETTO GRAMONDO TERMINE DEL PRESENTE COMMISSARIATO CON QUELLO DELLA BORDIGHERA FRA TERRA; E DALLA SBOCCATURA DEL GARAVANO SINO A DETTO CORNARO SONO MIGLIA TRE E MEZZA CIRCA.
IL DETTO TRATTO DI TERRA, CHE E' COMPOSTA DI MONTI ALPESTRI, E QUELLO DI MARINA DI SPIAGGIE, CALE DA SBARCO E SCOOGLI VIEN GUARDATO DALLI SEGUENTI DODICI POSTI.

N. 1 GUARDIA DEL CORNARO RISIEDE IN CASETTA A SECCO, ASISTITA DA TRE UOMINI DI MILIZIE GIORNO E NOTTE. CONCORRONO QUESTI DELLI SUBURBI, O SIA COME DICONO LORO REGIONI DELLE TORRI, BURGHEE E CALCO, CHE FANNO
CAPORALI 2
UOMINI 40
SONO DISTANTI LI PRIMI CIRCA TRE ORE E MEZZO DI CAMINO, LI SECONDI TRE ED ALTRETTANTO LI TERZI.
RESTANO FRANCHI PRIMA DI RITORNAR DI GUARDIA GIORNI DODECI CIRCA.

N. 2DI MICIORE'
IN CASETTA A SECCO
UOMINI TRE COME SOPRA VENGONO DALLE REGIONI SEGUENTI S. ANTONIO, APPIO E ORIGNANA
CAPORALI 1
UOMINI 40
SONO DISTANTI DALLA DETTA SUA GUARDIA, CIOE' S. ANTONIO ORE TRE, APPIO TRE E MEZZA, E ORIGNANA QUATTRO CIRCA. VACANZA GIORNI 12 CIRCA.

N. 3DI FRAMPAURE
IN CASETTA A SECCO
UOMINI TRE COME SOPRA, OLTRE UN DEPUTATO CHE HA DI SALARIO DALLA COMMUNITA' DI VENTIMIGLIA LIRE UNA E SOLDI QUATTRO AL GIORNO E SOLDI CINQUANTA D'OTTO IN OTTO GIORNI RICAVATI DALLE VEDOVE IN N. 20.
vENGONO DA MORTOLA SUPERIORE E MORTOLA INFERIORE
CAPORALI 1
UOMINI 40
DISTANTI LI PRIMI UN'ORA E LI SECONDI DUE. RESTANO FRANCHI GIORNI N. 12 CIRCA.
IL SUDETTO DEPUTATO VI DIMORA GIORNI N. 15 E SONO QUATTRO DI VENTIMIGLIA CHE FANNO A VICENDA E ABITA IN UNA CASETTA DI CAMPAGNA DI GIACOMO DEL ERBA DEL CASTELLARO DISTANTE SESSANTA PASSI CIRCA DALL GUARDIA

N. 4DELL'OLIVA
IN CASETTA PARTE A SECCO E PARTE DI TAVOLE.
UOMINI TRE COME SOPRA, CONCORRONO DA LATTE, SGORRA E CELZA CAPORALI 1 UOMINI 39 SONO DISTANTI DALLA LORO GUARDIA LI DUE PRIMI ORE DUE ED ORE TRE CIRCA LI TERZI.
ANNO DI VACANZA GIORNI N. 12 CIRCA.
QUESTE QUATTRO GUARDIE RESTANO SOTTO LA DIREZIONE DEL SUDDETTO DEPUTATO DI FRAMPAURE, CON OBBLIGO DI VISITARLE GIORNO E NOTTE, DAL QUAL GLI VIEN DISPENSATO IL NOME.
SUDETTI QUATTRO SOGETTI, CHE FANNO A VICENDA QUANDO ANNO TERMINATI LI LORO RESPETTIVI QUINDICI GIORNI ADEMPISCONO ALL'ALTRE INCOMBENZE, CHE CLI VENGONO COMANDATE, ESENDO PER QUELLA DI FRANPAURE PAGATI.

N. 5 DELLA BARRIERA E TORRE DE BALZI ROSSI

IN CASETTA DI LEGNO CON PIAZZA AVANTI ARMATA DI DUE MOSCHETTI A CAVALETTO
IN TUTTO UOMINI OTTO SCIELTI SI DI GIORNO CHE DI NOTTE DISTACCATI DALLA CITTA’ E CAMPAGNA DI VENTIMIGLIA CAPORALI 5 UOMINI 125
DISTANTI LA CITTA’ DI VENTIMIGLIA QUATTRO MIGLIE CIRCA ED IL SIMILE GL’ALTRI
ANNO DI VACANZA GIORNI N. 15
VI ASSISTE UN DEPUTATO DELLI PRINCIPALI CITTADINI DI VENTIMIGLIA
LE DETTE GUARDIE DEL MICIORE’, FRANPAURE, OLIVA, BARRIERA E TORRE DE BALZI ROSSI SONO IN DENTRO DA CONFINI, SUL QUALE NON SI SON POSTE, ESTENDENDOSI QUESTO, COME SI E’ DETTO, NELLA SPIAGGIA DI MENTONE AL VALLONE GARRAVANO E SINO AL PRINCIPIO DEL CANALE DELLA ROSSA, TRATTO DI QUASI DUE MIGLIE, LA MAGGIOR PARTE IN PIANO COLTIVATO D’ALBERI D’OLIVE E LIMONI, CHE PER CUSTODIRLO VI SAREBBE STATA NECESSARIA QUANTITA’ DI RASTELLI, CORPI DI GUARDIA E MOLTA GENTE, E DIFFICILE L’IMPEDIMENTO DEL COMMERCIO CON QUELLI DI MENTONE SENZA QUALCHE CIMENTO D’ARMI E DISORDINE, ATTESO CHE TUTTO QUESTO TRATTO DI PAESE, SINO SOTTO LA BARRIERA SUDETTA DE BALZI ROSSI CHIAMATO LE CUSE, ABENCHE’ TUTTO DOMINIO DELLA SER.MA REPUBBLICA, VIEN POSSEDUTO DALLI UOMINI DI MENTONE, CHE VI HANNO OLIVETI, GIARDINI E VIGNE. ONDE SI PER NON AGRAVARE LI POPOLI DI TANTE GUARDIE NON ESSENDONE CAPACE LA POCA GENTE DI QUESTO COMMISSARIATO, COME PER RENDERE PIU’ FACILE IL GUARDAR LA FRONTIERA A TUTTI LI PASSI, SI SONO RITIRATI IN DENTRO NE SCOGLI, CHE SONO INACESSIBILI AD ESCLUSIONE D’UN PICCOLO SENTIERO CHE CONDUCE ALLA BARRIERA. ANZI PER RENDERE DEL TUTTO IMPRATICABILE LA STRADA ROMANA CHE PASSA A RIVA DEL MARE LLE FALDE DI DETTI SCOGLI, SI E’ ROTTO IL PONTE, CHE SERVIVA IN DETTA STRADA PER COMMUNICAZIONE DA UN SCOGLIO ALL’ALTRO, E TUTTO QUESTO CON LA DIREZIONE DEL SIG.R SERGENTE MAGGIOR PORO DI VENTIMIGLIA IN TEMPO DEL PRIMO ILL.MO SIGNOR COMMISSARIO VENUTO A VENTIMIGLIA CESARE MARI 1720 DI 7BRE, E POI FATTONE DECRETO DALL’ILL.MO SIGNOR GIO BATTA GRIMALDI PURE COMMISSARIO LI 30 8BRE 1720.
NELLA DETTA PIAZZA DELLA BARRIERA DUE VOLTE LA SETTIMANA SI RICEVANO E PROFUMANO AL DI FUORI LI PIEGHI DI NIZZA E MONACO CON L’ASSISTENZA DEL DETTO MAGGIORE E IL CANCELLIERE DELLA SANITA’, E SI CONSEGNANO QUELLI DI GENOVA PER RICAVARNE PUBLICA QUITANZA.
A PONENTE DI DETTO POSTO ALLE FALDE DE SCOGLI AD UNA CAPELLETTA DI S. LUIGGI NELLA SPIAGGIA SI FA LA CONSEGNA DE COMESTIBILI CHE PROVENGONO DAL SITO DI GENOVA PER PASSAR A MENTONE.
QUESTA, SECONDO IL MIO DEBOLE INTENDIMENTO, SI DOVREBBE FARE NELLA SPIAGGIA DI LATTE, A MOTIVO CHE RESTEREBBERO LI FORASTIERI NON SOLO SOTTO IL CALORE DI NOSTRE GUARDIE, MA ANCHE SOTTO IL TIRO DEL CANONE DEL FORTE S. PAOLO, E FACILE AD ACORRERVI PRONTAMENTE SOCCORSO DE NOSTRI PAESANI PER QUALSISIA ACCIDENTE, O SUPERCHIERIA; TUTTO AL CONTRARIO COLA’ SENZA NE MENO PER COSI’ DIRE IL SOCCORSO DELLE GUARDIE DE BALZI ROSSI, PERCHE’ FUORI DEL TIRO DEL FUCILE,E QUASI DA QUELLI NON SCOPERTI.

N. 6DELLA PONTA DALLA MORTOLA
IN CASETTA, O SIA PICCOLA TORRE DI MATTERIA
ASSISTITA D TRE UOMINI DI MILIZIE GIORNO E NOTTE DEL LUOGO DI LATTE
CAPORALI 1
UOMINI 30
DISTANTI MEZZ'ORA. VACANZA GIORNI N. 9 CIRCA

N. 7 DALLA SPIAGGETTA DI BEGLIAMINO
IN CASETTA DI MATTERIA DEL REV.DO GIO PAOLO ORENGO, CHE RICEVA LA PIGGIONE DALLA COMMUNITA' DI VENTIMIGLIA
CAPORALI 1
UOMINI 27
DELLA CITT' DI VENTIMIGLIA
DE QUALI ARMANO QUESTO POSTO TRE UOMINI COME SOPRA GIORNO E NOTTE
RESTANO DISTANTI TRE QUARTI D'ORA
VACANTI GIORNI OTTO CIRCA

N. 8DI LATTE
IN CASA DELLA SIG.RA ISABELLA ORIGNANA, POI ULTIMAMENTE COMPRATA DALLA COMMUNITA' ALLA FOCE D'UN VALLONE, CHE PRENDE IL NOME DA DETTO LUOGO ALLA METTA' DELLA SPIAGGIA
UOMINI TRE DI MILIZIE GIORNO E NOTTE
CAPORALI 1
UOMINI 27
DELLA CITTA'
DISTANTI MEZZ'ORA
VACANTI GIORNI OTTO CIRCA

N. 9 PORTA DI MARINA DI VENTIMIGLIA, O SIA SPIAGGIA DI S. NICOLO' O S. GIUSEPPE.
IN CASETTA DI DETTA CAPELLA, DI CUI NE PAGA LA PIGGIONE LA CITTA'
CUSTODITA DA QUATTRO UOMINI SCELTI DEL LUOGO DI BEVERA GIORNO E NOTTE
CAPORALI 1
UOMINI 50
SONO DISTANTI ORE 2.
RESTANO FRANCHI DA UNA GUARDIA ALL'ALTRA GIORNI DODECI CIRCA
SUDDETTE QUATTRO SENTINELLE ANNO OBBLIGO DI NOTTE DI ASCENDERE SOPRA UNO SCOGLIO, CHE RESTA SOTTO IL GIARDINO, MONTE E MONASTERO DELLE MONACHE PER GUARDARE LA SPIAGGIA SOTTO LA COLLA
VI ASSISTE UN DEPUTATO PER LE BOLLETTE, E QUI SI DA SOLAMENTE LA PRATTICA

N. 10 DI S. ROCCO
IN CASETTA DI LEGNO
UOMINI TRE DI GIORNO E DI NOTTE SCELTI DI VENTIMIGLIA ED UNO DI BEVERA
CAPORALI 1
UOMINI 25
-+1DI V3EENTIMIGLIA
CAPORALI 1
UOMINI 50
DI BEVERA
PROVEDONO QUESTI AL POSTO SEGUENTE
DISTANTI ORE DUE
VACANTI GIORNI DODECI PER CIASCHEDUN POSTO
VI ASSISTE UN DEPUTATO DI TERRA PER LE BOLLETTE, E VI SI DA LA PRATICA

N. 11 DELL'ASSE
IN CASETTA DI MATTERIA FABRICATA A QUEST'EFFETTO
UOMINI TRE SCELTI DAL DETTO CAPORALE DI BEVERA GIORNO E NOTTE
DISTANTI E VACANTI COME SOPRA

N. 12 DI NERVIA
IN CASETTA PURE FABRICATA COME SOPRA
UOMINI TRE DI MILIZIE GIORNO E NOTTE DEL SOBORGO DI S. AGOSTINO
CAPORALI 1
UOMINI 24
DISTANTI UN QUARTO D'ORA
VACANTI GIORNI SETTE CIRCA
DI PIU' VI E' UN CAPORALE DI MILIZIE DI VENTIMIGLIA CON UOMINI 15 DESTINATI PER RONDINI DUE PER OGNI NOTTE CIOE' UNO A PONENTE SINO A BALZI ROSSI E L'ALTRO A LEVANTE SINO A NERVIA
VACANTI GIORNI 6
LE RONDE SONO IN N. 30 DEL SECONDO ORDINE DELLA CITTA' DUE PER OGNI NOTTE
LI DEPUTATI ALLA PORTA MARINA SONO IN N. 6 UNO PER GIORNO
LI DEPUTATI DI S. ROCCO DI GIORNO E NOTTE IN N. 20
LI BOLLETTARI SONO IL CANCELLIERE DELLA COMMUNITA' E SUO FRATELLO
  cultura barocca

 

 COMMISSARIATI (DI SANITA') DI VENTIMIGLIA E BORDIGHERA
[RICOGNIZIONI DI MATTEO VINZONI DAL SUO DIARIO DI VIAGGIO PER LA RIVIERA DA PONENTE DA A.S.G., MAGISTRATO COMUNITA' - FILZE VINZONI, 112. DIARIO DEL VIAGGIO ER LE RIVIERE A CAUSA DE' COMMISSARIATI DI SANITA DELLA SANITA' (1722 - 1723 )
***********************
RIPRODUZIONE DELLE REGISTRAZIONI VINZONIANE PER I COMMISSARIATI DI VENTIMIGLIA E BORDIGHERA

" Havendo deliberato l'Ill.mo et Ecc.mo agistrato di Sanità di formare un libro distinto di tutti li Comissariati d'ambi le Riviere, mi honorarono di darmi questa incombenza con particolare Comissione nell'Ill.mi Sig.ri Alessandro pallavicini e Gianni Scaglia, da' quali ricevute le istruzioni e lettera ostensibile per tutti li Ill.mi S.ri Comissarii, partii in compagnia del mio Aiutante S.ri Gio. Batta Musso e Antonio Maria delle Piane.

A 27 Settembre 1722
Imbarcatisi sopra una fregata del Patrone Stefano Pancaldo di San Remo si gionse in detto luogo, al giorno seguente a mezzo giorno, ove andato ad inchinare l'Ill.mo Sig.r Giacomo Grimaldo Comissario generale di detto luo, e presentatagli la lettera ostensibile, letta che l'hebbe, mostrò tutta la difficoltà in permettermi l'essequire la mia incombenza, con risalva però che andando io a Ventimiglia farà quello che faranno l'altri.

a 29 detto
Prese due cavalcature, et una soma per le valigie gionsi alla Bordighera ad hora di terza, dove pure fui a riverir l'Ill.mo S.r Luigi Spinola Comissario, che m'acolse con gentilezza grande, e poi proseguii a Ventimiglia, su la Piazza della quale città ritrovai l'Ill.mo Sig. Cesare Mori Comissario, al quale partecipato quanto mi era stato comandato d'operare, mi ritirai ad un ottimo alloggio.

A 30 detto
Principiai le mie incombenze con la misura delle strade, spiaggie e cale sino alli Balzi rossi, ove è la barriera, e di la per una Costiera disastrosissima sino al confine della Penna, che confina con Mentone e il Castellaro di Nizza, et alla sera di ritorno sì per la stanchezza, come per la notte che ne sopragionse me conveniva dormire al posto della Guardia detta Franpaura servendosi per letti d'un Posta di Stalla e per materazze de nostri Feraioli; e per cena d'un garbuglio di cipolle, zucca, fagioli et ove, e bisognò aspettare sin quasi a mezza notte ad aspettare il vino, che per uno di guardia havevo mandato a comprare alla Mortola distante più di 2 miglia.

A 1 d'ottobre
Ritornai a Ventimiglia per haver proseguito le misure della spiaggia di Late.

A 2 detto
Si misurò la città di Ventimiglia per formar la pianta.

A 3 detto
Si continuò le misure

A 4 detto
Giorno del Santissimo Rosario si tralasciò di misurare

A 5 detto
Il Sig. Sergente Maggior Porro ne diede un sontuoso pranzoo, essendovi anche il Sig.r Capitano Carlo Francesco Palmaro. Alla sera il Sig.r Carlo Antonio Biamonte Cancelliere della Comunità che ha per moglie una di Levanto volse darmi pure un'ottima cena.

A 6 detto
L'Ill.mo Sig. Comissario mi comandò in essecuzione d'ordine ricevuto dalla Camera Ecc.ma che dovessi riconoscere il stato di quella Fortezza detta di S. Paolo, il che essequii, e gliene feci la relazione in scritto, e poi restava seco a pranzo.

A 7 detto Ottobre
Si partì per la Bordighera misurando la spiaggia, che da questa città di Ventimiglia continua sino a detto luogo, ove gionto il detto Ill.mo Sig.r Luiggi Spinola, ne favorì del pranzo, e si principiò la misura del recinto di fuori. Alla sera comandate all'hoste due ove fresche per uno, le portò che poco vi mancava non havessero il pollo dentro di che rimproverato, rispose che erano fresche, mentre non poteva esser un mese che erano nate; la minestra di fideletti mi sembrò pasta da calzolari et il vino era aceto, onde veramente mi parse di essere nel più fetido ospitale, che si ritrovi, e per ultimo compimento appena corcatisi in letto, alorché stracci del misurare e scrivere sin a mezza notte, ne sorpese un così grande esercito di cimici, che bisognò saltar su con tutta celerità, e servirsi de nostri feraioli sopra una cascia per caduno sino che giongesse il giorno per levarsi da tale osteria della misericordia.

A 8 detto
Si continuò le misure e l'Ill.mo Sig. Comissario non solo ci graziò della tenda, ma anche ci provide di letto, sentito quanto sopra seguto al'osteria.

A 9 detto
Si prese il prospetto e si proseguì misurando al solito le spiaggie, cale et altro di questo Comissariato sin alli Confini di quello di San Remo, che gionto al Ospitaletto, spiaggia con poche case, fatta colazione, e non havendovi ritrovato alcun ordine del detto Sir. Comissario di S. Remo, non più si misurò, ma s'avanzamo sino a S. Remo, ove quel Sig.r Comissario hebbe la stessa difficoltà di lasciarmi misurare volendo che l'ordine gli venga dal Trono Serenissimo, anzi mi disse che se volevo aspettare al ritorno della posta haverei sentite le deliberazioni dei Ser.mi Colleggi, il che io non stimai bene di fare per non restar tanto tempo su le spese et inutile senza far alcuna operazione.

A 10 detto Ottobre
Partii con gozzo preso a questo effetto per il Porto Mauritio, ove dall'Ill.mo Sig.r Giacomo Maria de Franchi Comissario e dall'Ill.mo Sig.r Gio Michele de Franchi fui acolto con quella gentilezza loro propria, tanto più che con loro lettere replicatemi alla Bordighera e Ventimiglia me ne havevano fatta premurosa istanza, di colà ritrovarmi prima della terminazione del tempo del suo Comissariato, e da esso ne fu provisto di stanza e tavola. Il mio Aiutante andò a Diano per veder suo fratello.

A 11 detto
Ritornò l'aiutante e principai a prender le misure del Porto Mauritio

........Il Diario continua = vedi Quaini, Sagep, 1983, da pag.60..........

da Cultura-Barocca

lunedì 13 agosto 2018

Iconografia di mulini d'epoca romana



 

In epoca romana esistevano i frantoi, ma la spremitura delle olive avveniva per mezzo di TORCHI mossi dall'uomo o attivati per trazione animale, detti "mulini a sangue". A differenza di quanto accadeva per il grano, spesso macinato in complesse aziende di molitura: un esempio industriale si legge archeologicamente ad ARLES dove si è ricostruita un'INDUSTRIA DI MULINI OPERANTI IN SEQUENZA per realizzare - sfruttando un'EVOLUTA TECNOLOGIA - un grande quantitativo di prodotto da commerciare.

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venerdì 10 agosto 2018

Pubblicità nell'antica Roma imperiale

Alle spalle del TEATRO ad OSTIA, che fu il grande approdo commerciale di Roma, si trova un complesso costituito da un foro, un portico quadrangolare, e le due file di colonne di tipo dorico di cui si vede un particolare nell'immagine.
Nel III sec. d.C. la navata del grande complesso architettonico risalente all'età dell'imperatore Ottaviano Augusto venne divisa in 50 stationes (stanze, cameroni, uffici), che venivano utilizzate dai negozianti e dagli imprenditori, quali sedi di rappresentanza per PUBBLICIZZARE le loro attività (più avanti nel corso delle tante ristrutturazioni l'area della navata venne ingrandita e le stationes furono portate a 64).
Per comodo dell'utenza, sempre frenetica per le contrattazioni, da una serie di mosaici, affreschi, bassorilievi ed altro ancora ci si serviva per pubblicizzare e segnalare celermente le ATTIVITA' che si esercitavano all'interno di ognuna di queste strutture e che facevano capo ad AZIENDE e CORPORAZIONI che operavano realmente su SCALA MONDIALE.
 
Il panificio (pistrinum) di Sotericus, su Via dell'Abbondanza, è uno dei più grandi di Pompei. Il nome del proprietario appare sulle iscrizioni riportate sulle anfore. Oltre alle macine, azionate da muli, si conservano il forno e l'impastatrice: altre tracce, come quella dell'insegna in rilievo, sono andate purtroppo perdute.

La raffigurazione in questo caso serviva come FORMA PUBBLICITARIA per un'azienda di trasporti marittimi.
Chi accedeva a questo ufficio di rappresentanza veniva quindi subito messo al corrente da allusivi mosaici, da disegni ed affreschi ed ancora da scritte di cui rimangono diversi esemplari su quali fossero le attività ivi svolte, su che tipo di transazioni vi si svolgessero ed ancora su quali possibilità di affari vi si potessero finalizzare.
OSTIA era solo il TERMINALE (o viceverse lo SCALO DI PARTENZA) di un impressionante sistema di affari svolti su scala mondiale nella secolare sistematicità del MERCATO APERTO ROMANO IMPERIALE come scrive l'economista CRACCO RUGGINI: e su dimensioni che travalicavano spesso i confini stessi del pur sterminato Impero di Roma come poteva accadere per la VIA DELLE SPEZIE o la VIA DELL'AMBRA da cui si ricavano monili e gioielli molto apprezzati dalla raffinata società imperiale.
L'efficienza dell'IMMAGINE PROMOZIONALE era stata scoperta senza dubbio per la sua rapidità di comunicazione ma anche per valicare gli ostacoli frapposti dalle centinaia di lingue parlate dai sudditi imperiali e da quanti raggiungevano il mondo romano provenendo fin dall'estremità dell'Oriente.
Riconosciute dalle IMMAGINI PROPAGANDISTICHE le mete commerciali ed affaristiche desiderate ci si poteva poi avvalere degli interpreti più adatti e che mai mancavano, spesso messi a disposizione dagli stessi funzionari di queste AZIENDE che (è l'esempio delle "Corporazioni di Arelate" = oggi Arles) avevano uffici in ogni parte dell'ecumene romano ed anche oltre.

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domenica 5 agosto 2018

Aosta

Aosta: Arco di Augusto - Fonte: Wikipedia
Aosta venne fondata nel 25 a. C. dopo la sottomissione dei Salassi da parte del console romano Terenzio Varrone Murena, che vi insediò una colonia di pretoriani (da qui il nome Augusta Praetoria) e ne fece un importante centro militare. [La fondazione di AUGUSTA PRAETORIA fa parte del piano strategico usato dai romani (e propriamente iniziato da AUGUSTO con la realizzazione dell'ITALIA FELIX) per assicurarsi il controllo ed il dominio dei valichi alpini, ma al tempo stesso deve considerarsi come la conclusione di quei numerosi atti di guerriglia delle popolazioni indigene montane che fonti storiche ed epigrafiche identificano con i Salassi. Il conflitto tra i Romani, che ambivano al controllo dei valichi alpini indispensabili ai fini mercantili, e i Salassi, popoli di origine gallica, indipendenti e fortemente radicati sul territorio canavesano, si risolse con il successo della seconda spedizione militare guidata da Appio Claudio, dopo che la prima nel 141 a.C. era stata sconfitta.]

Sede vescovile dalla metà del sec. V, fu presa da Teodorico ai burgundi che l'avevano occupata; fece parte successivamente dei regni ostrogoto, longobardo, franco, poi, dal 904, del regno di Borgogna. Nella seconda metà del sec. X soffrì delle incursioni saracene. 
Eretta a contea ed assegnata ad Umberto Biancamano nel 1032, fu da allora possesso dei Savoia; nel 1302 divenne ducato, integrato nei domini sabaudi. Rimase tuttavia a lungo controllata dai vescovi di AOSTA e da famiglie nobiliari, quali i Challant, che solo nel 1295 rinunciarono al titolo di visconti di AOSTA. Ripetute concessioni dotarono la citta e il suo territorio di particolari autonomie all'interno dello stato sabaudo: a cominciare dalla Carta delle franchigie, concessa da Tommaso I nel 1191, e un susseguirsi di speciali privilegi che fecero sopravvivere fino alla seconda metà del sec. XVIII (riforme di Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III) istituti come gli stati generali e il parlamento o Conseil de Commis, formato da rappresentanti del clero, della nobiltà e della borghesia o popolo. La floridezza economica della città decadde a partire dal sec. XVI, allorché Emanuele Filiberto trasferì la capitale dello stato sabaudo da Chambery (Savoia) a Torino (1560); in tal modo AOSTA, che si trovava al centro delle principali correnti di traffico viario e commerciale, se ne trovò improvvisamente emarginata. La città subì a più riprese brevi periodi di occupazione francese (1690-91, 1704-06, 1798-99, 1800-14). Dopo l'Unità AOSTA fece parte della provincia di Torino; elevata a capoluogo di provincia nel 1927, dal 1945 è capoluogo della Regione Autonoma della Valle d'Aosta.
La CITTA' fu ben presto difesa con una linea di mura, quasi completamente conservata, il cui tracciato ripeteva la forma rettangolare quasi quadrata dell'antico castrum, quale un giorno era stato piantato da Terenzio Varrone Murena nella sua campagna di conquista. Le vie dell'interno seguivano tutte un andamento rettilineo e si incontravano ad angolo retto, dando vita a numerose insulae perfettamente delimitate. Una via tagliava la città da E . a O. un'altra da N. a S.: paralleli a queste (dette cardo e decumanus maximus) correvano i cardines e i decumani minores. Un ARCO, sorto all'ingresso della città sulla via che veniva da Roma, onorava Augusto vincitore dei Salassi e, nella sua solida e armonica struttura, rappresenta ancora oggi uno dei più begli esempi di archi onorari romani. Nel cerchio delle mura 4 porte si aprivano sui 4 lati. A oriente la Porta Praetoria, ancora mirabilmente conservata, con le sue cortine che racchiudono il vasto cortile d'armi, limitata nella parte esterna da due massicce torri. A S la Porta Principalis Dextera, sulla quale nel 1200 sorse il castello di Bramafam. A N. della Porta Principolis Sinistra non restano che le fondamenta, e infine a occidente la Porta Decumana, distrutta quasi totalmente durante il periodo napoleonico. La prima insula che si incontra entrando nella città tra il lato E. e il lato N. era riservata ai pubblici edifici. Qui sorgeva il teatro recentemente scavato e restaurato, con la sua piccola e armonica cavea racchiusa per tre lati entro un muraglione di cui rimane un magnifico tratto alto più di 30 m. dal suolo. Più a N. sorgeva l'anfiteatro, forse unito al teatro da un porticato. Quasi al centro della città sorge un altro importante monumento, il Criptoportico, costituito appunto di un portico sotterraneo che gira su tre lati, sviluppandosi per una lunghezza di m 90 ea. per ogni senso. A un livello più alto sono i resti di un tempio la cui posizione, non perfettamente su asse con il centro del porticato, fa supporre l'esistenza di un altro tempio di uguale grandezza. Con molta probabilità questi ultimi monumenti facevano parte del foro, sorgente di regola al centro della città.

La più notevole testimonianza monumentale dell'età medioevale, oltre che dalle numerose torri (Bramafam, del Lebbroso, dei Balivi), è costituita dalla grande collegiata di S. Orso, sorta fuori le mura fra il 994 e il 1025, forse sul sito della cattedrale paleocristiana. Della costruzione primitiva restano soltanto la cripta e le pitture del sottotetto. Il gran campanile isolato, che utilizza nella zona inferiore blocchi della murazione romana, è del 1131. La chiesa attuale è rifacimento quattrocentesco, con volte a costoloni e abside poligonale. Nella sagrestia del coro si conserva il tesoro, raccolta di calici, reliquiari, croci processionali e dipinti. Il chiostro (sec. XII) ha 40 preziosi capitelli figurati, dalla complessa iconografia. Accanto, il priorato (sec. XV) completa il pittoresco insieme della collegiata, con una architettura fortemente chiaroscurata e ricca di calde intonazioni cromatiche

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