Incisione di un ODOMETRO TERRESTRE dall'opera "Di Lucio Vitruuio Pollione De architectura libri dece traducti de latino in vulgare affigurati: commentati: & con mirando ordine insigniti: per il quale facilmente potrai trouare la multitudine de li abstrusi & reconditi vocabuli a li soi loci & in epsa tabula con summo studio expositi & enucleati ad immensa utilitate de ciascuno studioso & beniuolo di epsa opera", Como : Gottardo da Ponte, Impressa nel amoena ... citate de Como : per magistro Gotardo da Ponte citadino milanese, 1521. 15. mensis Iulii: si tratta della prima ed. in italiano, tradotta da Cesare Cesariano, come si evince da c. A1r.
L'incisione rappresenta un ODOMETRO TERRESTRE utilizzato dai Romani per misurare le distanze stradali: Vitruvio descrive però anche l'ODOMETRO NAVALE grossomodo simile apportate modifiche opportune.
L'ODOMETRO (dal greco hodós, strada, e métron, misura) è una macchina ideata nell'antica Roma, per misurare la distanza percorsa su una via terrestre mediante i giri di una ruota (misuratore stradale), oppure la distanza percorsa da una imbarcazione in mare (odometro navale) = vedi qui in testo latino e traduzione Vitruvio, De Architectura, libro X, cap. IX. I Romani utilizzarono l'odometro per posizionare le PIETRE MILIARI (SPESSO POI RIUTILIZZATE IN ANTICHE CHIESE CRISTIANE) su quel loro gigantesco COMPLESSO STRADALE ove assunse presto un ruolo importante anche la via IULIA AUGUSTA il che avrebbe permesso anche una programmazione delle operazioni e delle spese belliche. Sulla via Appia si possono ancora ritrovare parecchi di questi riferimenti.
La complessità del meccanismo inizialmente non sembrava compatibile alla tecnica dell'epoca, ma dopo la scoperta e lo studio della macchina di Anticitera (un complesso planetario funzionante con alcune decine di ruote dentate) sembra confermato che i Greci e altri scienziati del tempo fossero in grado di progettare e costruire questi congegni, che altro non erano che sofisticati "calcolatori" dedicati a particolari scopi) =recentemente ne son stati ricostruiti vari tipi non necessariamente disposti su una carrozza come qui ma da trainare a forza manuale = essendo facilmente visibili in rete e risultando opere di professionisti operanti nell'oggi per il riguardo dovuto si rimanda alla consultazione in rete delle loro ricostruzioni. (l'ODOMETRO fu anche ricostruito da Leonardo da Vinci e riprodotto nel Codice Atlantico in diverse versioni comprese quelle manuali: verosimilmente in uso presso i Romani per il calcolo dei tratti meno agevoli come alcuni per esempio nella IULIA AUGUSTA).
[TRADUZIONE DAL DE ARCHITECTURA DI VITRUVIO = IX. L' ODOMETRO. Meditiamo adesso sopra un altro apparecchio che prescindendo dal fatto d'esser molto giovevole comprova le notevoli qualità d'ingengno dei nostri antenati. Ha questo la proprietà di misurare in miglia le distanze che si son percorse sia seervendosi di carrozze per viaggiare quanto di navi. Ecco in qual cosa consiste. Ognuna delle ruote della carrozza bisogna che misurino 4 piedi di diametro [quindi divise in sestanti] di manier che, segnalando per via di un contrassegno il punto donde iniziano a girare procedendo sul fondo stradale, una volta che abbiano completato un giro, risulti esser stata percorso con precisione lo spazio di dodici piedi e mezzo. 2. Dopo questa basilare precauzione è necessario sistemare al'interno del della ruota un tamburo che abbia un solo dente il quale però fuoriesca dalla sua superficie circolare. Di sopra, entro la cassa della carrozza, si deve ben posizionare una scatola dotata di un tamburo mobile sistemato a coltello e fissato su di un asse. E' necessario che questo abbia dei denti distributi in maniera regolare ed in numero di quattrocento in grado di ingranare con quelli del tamburo sottostante. Poi nel tamburo superiore è da sistemarsi un altro dente che sporga lateralmente in modo superiore agli altri. 3. E quindi sopra sopra ancora dovrà trovarsi un' ulteriore scatola fornita di un terzo tamburo del pari dentato ma dislocato in linea orizzontale orizzontale destinato ad ingranare col dente fissato sul lato del secondo . In questo terzo tamburo dovranno esser fatti tanti fori per quante miglia si ritengano percorribili in un giorno. L'approssimatività del calcolo risulta un fatto di rilevanza secondaria. Entro ogni foro va poi sistemato un sassolino rotondo e nella scatola che contiene questo tamburo si deve aprire un forame con un piccolo condotto per cui i sassolini introdotti nei fori del tamburo cadranno uno per uno in successione all'interno di un contenitore di bronzo posto a basso entro la cassa del carro. 4 . La ruota, nel suo spostamento, farà ruotare il tamburo inferioreche a sua volta ad ogni giro di ruota trasmetterà in forza del lavoro del suo dente il moto ai denti superiori de tamburo, con la conseguenza che una volta che il primo tamburo abbia compiuto quattrocento giri il secondo ne avrà concluso soltanto uno e il dente sporgente, posto sul suo lato, avrà fatto avanzare un solo dente del terzo tamburo disposto in modo orizzontale. Ne deriverà che se a quattrocento giri del tamburo inferiore ne corrisponde uno solo completo di quello superiore la distanza coperta risulterà di cinquemila piedi vale a dire di mille passi. Di conseguenza ogni sasso che andrà a cadere nel contenitore segnalerà tramite il rumore generato dalla sua caduta ogni miglio che sarà stato percorso. E il numero globale dei sassolini che saranno poi raccolti mostrerà quante miglia saranno state percorse in una giornata. Un sistema pressoché identico, pur con qualche lieve e necessaria modifica, è utilizzabile anche in occasione di qualche navigazione. In tal caso si fa passare attraverso le fiancate della nave un asse le cui estremità sporgano quanto sia la bisogna ed in fuori alle quali dovranno risultare incastrate delle ruote di quattro piedi e mezzo di diametro sulla cui superficie esterna siano inchiodate delle pale che sfiorino l'acqua. La parte mediana dell'asse, al centro della nave, (è provvista) di un tamburo a sua volta fornito di un dente che sporge dalla sua circonferenza esterna. Vi si porrà accanto una scatola con un secondo tamburo di quattrocento denti uguali che andranno ad ingranare sul dente del tamburo montato sull'asse. Questo secondo tamburo sarà poi dotato di un altro dente che sporgerà lateralmente più di tutti gli altri. 6. Più su, dentro una seconda scatola, sarà fissato quindi un terzo tamburo disposto in orizzontale con denti uguali che ingranerannono con quelli laterali del tamburo inferiore sistemato a coltello: con questo espediente si farà compiere al tamburo orizzontale una rotazione completa, spostando per ogni giro i suoi denti uno a uno. Sarà necessario poi che il tamburo orizzontale abbia parimenti dei fori ove sistemare dei sassolini rotondi mentre nella scatola che lo contiene andrà fatto un foro per creare quel necessario condotto attraverso cui un sassolino che trovi il percorso privo di intoppi cada generando un certo rumore all'interno di un contenitore di bronzo. 7. Allorché la nave si muoverà per forza dai remi o del vento, le pale applicate alle ruote sfiorando l'acqua riceveranno una adeguata spinta, che le farà girare all'indietro: contestualmente pure l'asse inizierà la propria rotazione e con esso il tamburo il cui dente sposterà a ogni giro uno dei denti del secondo tamburo, fino a fargli completare un intiero giro. Ed una volta che le ruote a pale avranno fatti quattrocento giri il tamburo ne avrà terminato uno solo completo di maniera che il suo dente laterale avrà cagionato lo spostamento di un solo dente del terzo tamburo orizzontale. Via via che, in virtù della rotazione di quest'ultimo tamburo, i sassolini che si troveranno in corrispondenza del foro cadranno attraverso il condotto e il rumore da essi prodotto e il loro numero segnaleranno le miglia percorse. Ho ora così terminato di illustrare le tecniche di quelle macchine che trovano un uso giovevole e nemmenoprivo di un certo trastullo nei periodo di pace e di tranquillità].
da Cultura-Barocca