Powered By Blogger

mercoledì 1 novembre 2017

Sull'alcolismo nei secoli più recenti

Da un testo di diritto criminale, redatto nell'età intermedia dal giurista Antonio Concioli
Con il tempo, dato l'aggravarsi dei reati sicuramente dovuti all'ubriachezza molesta (lo stupro in particolare), i governanti inasprirono con celerità le relative pene: per esempio nella redazione dei Regolamenti militari della Repubblica di Genova nel XVIII secolo si comincia a dare un peso rilevante alle punizioni da infliggere a soldati resisi variamente colpevoli per ubriachezza: ad onor del vero, procedendo dalla metà del XVIII secolo, la giustizia laica, prima sostanzialmente tollerante verso i reati commessi da individui in stato di ebbrezza, finì per eccesso col diventare così severa che per esempio si dovette mitigare, ad esempio, il Codice penale sabaudo del 1859 una volta che nel 1861 fu esteso a tutti gli ex Stati d'Italia assorbiti nel nuovo Regno Unito tramite la revisione degli articoli 94 - 95 appunto concernenti le sanzioni, durissime, avverso i colpevoli d'aver compiuto crimini sotto gli effetti di bevande alcoliche.
Attraverso le acquisizioni dell'illuminismo e della moderna ricerca scientifica si andavano intanto sviluppando nuove interpretazioni in merito all'uso ed all'abuso dell'alcol: al proposito risulta sintomatico che tra la fine del '700 ed i primi decenni del XIX secolo fossero diversi i medici ordinari delle aree rurali che, contro l'abitudine dei predecessori, catalogavano elementi e indicazioni terapeutiche avverso etilismo ed ubriachezza. In merito vale la pena di citare da un Manoscritto, accuratamente redatto da un medico (che operava nell'area di Perinaldo, in Liguria occidentale, in un ambiente in cui l'uso anche alimentare del vino aveva costituito per secoli una costante dietetica) in cui oltre ad proposizione di cura (ricavata da un periodico di informazioni scientifiche) l'autore si ingegna, affrontando il temutissimo argomento delle morti apparenti, a tentare una sua ipotesi di pronto intervento contro una delle forme di morte apparente più consueta nell'ambito rurale, appunto quella dovuta all'Ubbriachezza.
La piaga dell'alcolismo era andata intanto assumendo un rilievo consistente e pericoloso proprio in Liguria: le rilevazioni degli istituti di cura per malati mentali sono state studiate soprattutto per quanto concerne la II metà dell'Ottocento e da esse si desume una notevole presenza, fra i reclusi dei manicomi di Genova, di vagabondi, alcolisti e prostitute (vedi A. Molinari, Alcol e Alcolisti a Genova tra Ottocento e Novecento: una prima ricognizione, in "Movimento Operaio e Socialista", 1980, n.2).
Nel 1879 Enrico Raseri (pubblicando i suoi materiali per l'etnologia raccolti per cura della Società italiana di antropologia ed etnologia, in "Annali di Statistica", serie II, vol.VIII) sottolineò decisamente alcuni fatti: soprattutto che la Liguria fosse al primo posto nelle statistiche di ricoveri per alcolismo e che erano considerevoli sul territorio regionale le morti casuali dovute ad incidenti sopraggiunti per abuso di "bevande spiritose".

Far bollire l'acqua aveva l'evidente effetto di distruggerne i componenti "velenosi".
In Oriente, e per l'esattezza in Cina, questa circostanza era gia' nota non meno di 5000 anni fa: non cosi' in Occidente, dove la "scoperta" fu rinviata al XVII secolo, qaundo il metodo di preparazione del caffe' e del te' diffuse su larga scala la pratica di far bollire l'acqua.
Con l'aumento del consumo di caffe' e te', quello delle bevande alcoliche subi' una drastica diminuzione.
In seguito all'introduzione del caffe' in Europa nel XVII secolo, il caffe' come bevanda e i locali pubblici che ne presero il nome conobbero una rapida espansione in tutta la Gran Bretagna.
Dal 1680 al 1730 si consumo' piu' caffe' a Londra che in qualsiasi altra citta' del mondo e, di conseguenza, verso la fine del secolo, si ebbe in Inghilterra una sensibile diminuzione dell'intossicazione da alcol fra le classi piu' abbienti.
La diffusione di bevande alternative comincio' a rendere superfluo il consumo di alcol come principale metodo atto ad assicurare l'equilibrio dei liquidi: ancor meno necessario il consumo di alcol era gia' diventato, a quel tempo, come metodo di assunzione di un'adeguata quantita' di calorie.
Fra il 1801 e il 1850 la popolazione europea, specie nelle aree urbane, subi' un forte incremento, mentre il processo di industrializzazione portava alla concentrazione di un numero crescente di persone in spazi sempre piu' ristretti.
Cosi', in mezzo secolo, la popolazione della Gran Bretagna si trovo' piu' che raddoppiata e quella di Glasgow, in Scozia, addirittura quadruplicata. La densita' crescente della popolazione e le considerazioni igieniche connesse portarono in primo piano il gravissimo problema della depurazione dell'acqua e in particolare della separazione delle acque luride da quelle di scarico.
Prima del 1900, le acque luride scolavano insieme con tutte le altre nei fiumi e nei laghi e, poiché questi costituivano la fonte dell'acqua potabile, il colera e il tifo erano malattie sempre piu' diffuse.
L'avvento della batteriologia, a cominciare da Pasteur per continuare con Ebert, che isolo' nel 1880 il bacillo del tifo, e con Koch, che isolo' nel 1883 quello del colera, comprovo' che la causa delle epidemie di cui questi organismi erano responsabili erano appunto le acque luride, che dovevano pertanto essere tenute separate dall'acqua d'approvvigionamento.
Infatti, benché fin dal 1854 John Snow avesse dimostrato la correlazione esistente fra il colera e il rifornimento idrico di Londra, si continuava a pensare che il problema piu' grave sollevato dallo scolo delle acque luride fosse il puzzo che pervadeva le città'.
A questo punto, sul finire del XIX secolo, nei paesi industrializzati dell'Occidente restava solo un ultimo passo da compiere per lo sviluppo delle misure igieniche e della depurazione dell'acqua potabile: eliminare completamente l'alcol come elemento essenziale della dieta, indipendentemente da tutti gli altri usi che se ne potessero fare.
In passato le societa' dell'Estremo Oriente e quelle occidentali presentavano le une rispetto alle altre grandi differenze nel consumo di liquidi: mentre in Oriente si beveva te' preparato facendo bollire l'acqua, in Occidente si bevevano vino e birra.
Tutto questo ha naturalmente subito profondi cambiamenti, ma le differenze del passato sollevano nuovi e importanti interrogativi sul metabolismo dell'alcol nell'uomo.
Circa la meta' della popolazione cinese e giapponese presenta un metabolismo dell'alcol sensibilmente diverso da quello comune praticamente a tutti gli occidentali, e cio' a causa di differenze genetiche che danno origine a una mancata funzionalita' della deidrogenasi dell'aldeide mitocondriale, la quale a sua volta si traduce nella cosiddetta flushing syndrome ("sindrome del rossore").
Gli orientali mancanti di questo enzima sono intolleranti all'etanolo, il cui consumo provoca in loro un grave disturbo. Misure terapeutiche (contro l'alcolismo), come l'uso dell'Antabuse, che simula le conseguenze di questa differenza genetica, ottengono bensi' il risultato dell'astinenza dall'alcol, ma attraverso tutta una serie di segni e di sintomi dai quali si puo' dedurre la pericolosita' e la tossicita' del farmaco.
Quella di controllare la quantita' di alcol ingerito non e' la principale funzione dell'Antabuse, né di altri analoghi agenti.
L'incapacita' di produrre la deidrogenasi dell'aldeide mitocondriale e' l'unica alterazione genetica specifica finora nota che dia luogo ad astinenza dall'alcol. I tentativi di simulare questa condizione genetica, pur non avendo dato risultati incoraggianti, hanno richiamato l'attenzione su possibili misure alternative, che sono state sperimentate in Oriente, soprattutto in Cina, per il trattamento dell'abuso di alcol, un problema che ovviamente si puo' verificare solo in quella meta' della popolazione nella quale non sussiste l'alterazione genetica di cui si e' detto.
Nei tentativi messi in atto per controllare il consumo di alcol non e' mai stato preso esplicitamente in considerazione il ruolo dell'"appetito".
Al momento attuale, la biochimica dell'appetito, o del desiderio, e' ancora in gran parte sconosciuta, sia per quanto concerne in particolare i cibi e le bevande sia per quanto riguarda il piacere in generale. E' indispensabile la comprensione di questa biologia molecolare, se si vuole arrivare alla definizione di una terapia razionale.
Un approccio alla terapia dell'alcolismo mediante una modificazione del desiderio di alcol resta tuttora da definire, anche se e' possibile perseguire questo obiettivo in modo empirico.
Approcci di questo tipo vengono utilizzati da millenni in Cina, dove proprio per questa strada si e' arrivati all'individuazione di Radix puerariae, un'erba dalla quale si potrebbe partire per ottenere una classe di composti in grado di agire sul desiderio dell'alcol.
Le varie forme in cui l'alcol puo' essere consumato in diverse combinazioni, a seconda dei fattori geografici, sociologici, economici, medici ed altri precedentemente citati, sono state largamente sperimentate negli ultimi 500 anni. Da circa 100 anni, poi, la medicina, la farmacologia, la psichiatria e le scienze alimentari producono a loro volta effetti di grande rilievo.
Tutte le possibili argomentazioni, di tipo medico, morale o religioso, sono state proposte e tentate allo scopo di correggere la tendenza all'eccessivo consumo di alcol, ma nessuna di esse, comprese quelle di tipo psicologico o psichiatrico, ha prodotto effetti decisivi o convincenti.
Nel caso della dipendenza da alcol come da altre sostanze, tutti i richiami alla ragione, di natura giuridica, religiosa o sanitaria, si sono dimostrati incapaci di modificare o di disciplinare la condotta morale dell'uomo.
La storia di questi sforzi ed il loro fallimento non incoraggia certo all'ottimismo: vi sono ben pochi elementi a sostegno di simili tentativi. Neppure le esperienze anglosassoni e americane fanno eccezione.
La letteratura in materia testimonia che attraverso i secoli sono stati vantati i pretesi successi di queste misure, ma che in realta' esse sono sempre state fallimentari e hanno addirittura complicato i problemi anziché risolverli.
La storia che abbiamo tracciato a grandi linee in questo articolo puo' forse aiutare a una migliore comprensione dell'argomento e a una definizione degli strumenti di gestione del problema, sulla base magari delle piu' approfondite conoscenze biologiche, fisiologiche e farmacologiche acquisite.
Tuttavia anche i fautori di un approccio razionale di questo tipo non dovrebbero dimenticare la massima pronunciata da lord D'Abernon nel 1918: "Coloro che sono disposti a prestare qualche attenzione alla ricerca scientifica sull'alcol lo fanno non tanto per acquisire conoscenze quanto per trovare armi e argomentazioni a sostegno delle proprie opinioni preconcette".