Melozzo da Forlì, Sisto IV nomina il Platina prefetto della Biblioteca Vaticana (1477) - affresco staccato, Pinacoteca Vaticana - Fonte: Wikipedia |
Fin dal sec. IV è attestato lo scrinium della Chiesa Romana, che serviva tanto da biblioteca quanto da archivio. Nel sec. VI è sottoposto al primicerius notariorum, mentre dalla fine del sec. VIII compare la figura del Bibliothecarius S. R. E., che assume pure le funzioni del cancelliere. La prima biblioteca ed il primo archivio dei papi vennero dispersi, per ragioni non ancora ben conosciute, nella prima metà del sec. XIII. Nuove collezioni dei papi di quel secolo, delle quali esiste ancora un inventario fatto sotto Bonifacio VIII, emigrarono con gravi perdite dopo la sua morte, a Perugia, poi ad Assisi, poi ad Avignone. Ivi Giovanni XXII cominciò la costituzione di una nuova biblioteca che, entrata nel sec. XVII nella collezione della famiglia Borghese, ritornò nel 1891 alla Santa Sede.
Fondatore della moderna Biblioteca Vaticana fu il papa Niccolò V (Tommaso Parentucelli), eletto nel marzo 1447. Egli trovò già in Vaticano trecentocinquanta codici latini, alcuni greci ed ebraici, che sono descritti in un inventario redatto sotto il suo predecessore Eugenio IV. Da questa eredità e dai suoi propri libri si originò la raccolta, che Niccolò V incrementò con larghezza, ordinando l'acquisto di manoscritti su tutti i mercati di Europa e d'Oriente e la trascrizione di altri, opere di una schiera di copisti. Dall'inventario redatto poco dopo la sua morte (24 marzo 1455) e da altre registrazioni risulta che i codici da lui lasciati furono circa 1500, un totale che rese la raccolta pontificia in quel momento la maggiore d'Europa. Successivamente Sisto IV con la bolla Ad decorem militantis Ecclesiae (15 giugno 1475) la dotò di rendite e nominò il bibliotecario nella persona di Bartolomeo Platina. I codici salirono nel 1475 a 2527 e a circa 3500 nel 1481 quando fu allestita una nuova sede al pianterreno del palazzo di Niccolò V con ingresso sul cortile del Pappagallo e prospetto sul cortile del Belvedere. La costituirono quattro aule di diseguale grandezza, dette, rispettivamente Bibliotheca Latina e Graeca (per le opere nelle due lingue), Secreta (per monoscritti non a diretta disposizione dei lettori, ivi compresi alcuni codici di pregio), Pontificia (per gli archivi e i registri papali). Il Bibliotecario era coadiuvato da tre sottoposti e da un legatore di libri. Si praticava la lettura in sede, con la disciplina di un severo regolamento; ma vigeva in questo tempo anche il prestito esterno, del quale rimangono i registri, per gli anni 1475/1547 (Vat. lat. 3964 e 3966). Nel 1587 Sisto V incaricò il proprio architetto Domenico Fontana della costruzione dalle fondamenta di una nuova e più ampia sede. L'edificio, che ospita tuttora la Biblioteca, sorse sulle scalee divisorie tra il Cortile del Belvedere e quello detto ora della Pigna; nel piano più alto si trova la grande aula a due navate, lunga 70 metri e larga 15 che fu destinata a contenere le raccolte. Sisto V emanò specifiche norme per l'uso e la conservazione delle raccolte.
Al principio del secolo XVII, sotto papa Paolo V, la parte propriamente documentaria fu distaccata dalla Biblioteca per dare origine all'Archivio Segreto Vaticano. La Biblioteca ricevette un ordinamento dei fondi, che è rimasto inalterato nelle grandi linee fino ad oggi. Con il secolo XVII si iniziò l'aggregazione di intere biblioteche, di origine principesca o privata, le quali sono rimaste in molti casi distinte dagli altri fondi aperti, creando appositi fondi chiusi di manoscritti e stampati: nel 1623, la Biblioteca Palatina di Heidelberg, venuta in mano del duca di Baviera Massimiliano I iure belli e donata a Gregorio XV in riconoscimento degli aiuti ottenuti dalla Santa Sede durante la guerra dei trent'anni; nel 1657, i manoscritti della Biblioteca dei Duchi di Urbino; nel 1689, i manoscritti già raccolti dalla regina Cristina di Svezia. Altre ingenti accessioni furono quelle dei codici Capponiani nel 1746 e Ottoboniani nel 1748. All'erudito secolo XVIII si deve il disegno di pubblicare un catalogo completo dei manoscritti conservati nella Biblioteca. Della serie grandiosa ideata da Giuseppe Simonio Assemani e dal nipote Stefano Evodio, che doveva comporsi di venti volumi in folio, non videro tuttavia la luce che i primi tre e il quarto incompleto. La fine del secolo portò ad un depauperamento delle raccolte Vaticane per il tributo di guerra imposto dalle armi napoleoniche alla Santa Sede; ma una gran parte dei libri ed oggetti asportati fu poi restituita nel 1815. Caratteristico del secolo XVIII fu il sorgere e l'incremento nella Biblioteca Vaticana di collezioni antiquarie e artistiche. In primo luogo il Medagliere, arricchito nel 1738 con l'acquisto della raccolta di medaglioni romani e greci del card. Alessandro Albani, allora la maggiore esistente dopo quella del re di Francia. Il cospicuo Museo Sacro si costituì nel 1757, con la riunione di tre importanti raccolte, e si arricchì continuamente di svariate categorie di oggetti appartenenti all'antichità cristiana (avori, smalti, bronzi, vetri, terrecotte, tessuti, ecc.) e provenienti in larga misura dalle catacombe romane. La separazione della parte profana da quella sacra, nel 1767, diede origine al Museo Profano. Anche queste collezioni soffrirono gravemente per gli avvenimenti della fine del secolo, e in particolare la raccolta numismatica fu in larga misura asportata e solo in parte fu poi recuperata.
Le collezioni di stampati si arricchirono nel 1855 del fondo Cicognara, dedicato a libri d'arte e di antichità. Dalla fine del XIX secolo in poi sono entrati in Biblioteca, fra gli altri, i manoscritti Borghese (1891), i fondi manoscritti e stampati Barberini e Borgiani (1902), Rossiani (1921), Chigi (1923) e Ferrajoli (1926), l'Archivio del Capitolo di S. Pietro (1940), il fondo Patetta (1945).
Sotto Leone XIII si avviò un processo di modernizzazione che ebbe quale autentico protagonista il prefetto (poi Cardinale bibliotecario) Franz Ehrle, S.I.: per qunto concerne gli interessi aprosiani giova qui rammentare che proprio sotto questo pontefice venne acquistata ed assimilata nella Biblioteca Vaticana la celeberrima Biblioteca Barberiniana anche detta Barberina istituita dal potente cardinale Francesco Barberini (Firenze 1597 - Roma 1679), nipote di Maffeo Barberini poi papa Urbano VIII, e ricchissima di codici greci, latini ed orientali (Aprosio fu in particolare in ottimi rapporti con il forse più grande bibliotecario della "Barberiniana", cioè Carlo Moroni col quale fu tra l'altro in corrispondenza).
da Cultura-Barocca