In Medio Oriente la tradizione delle danzatrici e delle cantanti spesso estemporanee è antichissima [il francese Visconte di Marcellus (che con l'inglese A. Burnes) fu tra i più grandi esploratori dell' Asia nel XIX sec. registrò ad es. la costumanza delle donne dell'isola di Rodi famose per improvvisare canti d'amore detti "Travondiesi"] ma come anche suggerisce questa RARA STAMPA d'epoca nulla poteva competere con la fama leggendaria delle ALME' = FRA CUI CELEBERRIMA FU GIUDICATA LA BELLISSIMA "ZOBEIDE" AMANTE DEL CALIFFO HARUN-AL-RASCID, le voluttuose danzatrici del Medio Oriente [il Cheshney nel testo appena riportato commentando la stampa parla sia delle
almée che di altre danzatrici le gawazee in effetti con qualche discordanza rispetto alla realtà storica modernamente ricostruita = come appena scritto l' interpretazione moderna si distingue da quella sette-ottocentesca qui riportata: per essa infatti le "awalim (sing. alma), note in occidente attraverso il termine almée,
che è di origine francese, sarebbero state donne o studiose istruite
che scrivevano poesie, componevano musica, improvvisavano e cantavano e
danzavano, seppur solo per le donne e non di rado suonavano anche uno
strumento per accompagnare le loro canzoni giungendo ad ottenere gran
reputazione proprio per la loro capacità di improvvisazione dei Mawal appunto canti improvvisati.
Stando alle attuali acquisizioni il Chesney sembrerebbe qui riferirsi soprattutto alle gawazee (sing. gaziyah spesso tradotto con “zingara”)
che si ritiene facessero parte di una Cabila o tribù di berberi o
beduini del nord Africa e Arabia di cui non è chiara la provenienza
(vedi qui integralmente digitalizzata l'opera Nozioni
Preliminari intorno allo Stato Politico e Morale della Turchia
necessarie per la completa intelligenza delle "Rimembranze" del Visconte
di Marcellus e di qualunque opera relativa all'Oriente = Cap. dal
Viaggio in Siria ed in Egitto di F. C. Volney e nello specifico dell'argomento trattato
il capitolo "Idea degli Arabi Beduini" = vedi ancora qui sempre digitalizzati con indici moderni i Viaggi in Arabia di J. L. Burckardt) . Ritenute donne molto eccentriche (potevano esprimersi anche parlavano anche per via di una una lingua segreta, il sim) eran solite tingersi
i capelli con l’hennè, truccarsi e delinearsi alla maniera delle donne
classiche gli occhi con l’antimonio, indossando braccialetti, pendenti
alle orecchie e portando cerchi d’oro al naso: recavano paecchi anelli
alle mani e alle dita dei piedi e collane di perle al collo. Danzavano
durante le feste, celebrazioni, per la strada o di fronte ai caffè e
risiedevano in quartieri speciali della città.
Ma non si dedicavano solo al ballo e al canto; esse esercitavano pure
altre attività: oltre a contribuire all'animazione delle feste
praticavano il disegno di tatuaggi, la preveggenza tramite conchiglie e
sabbia, la lettura dei fondi del caffè e sapevano operare la
circoncisione sui bambini = a prescindere dalle moderne constatazioni
sugli "Zingari", reperibili on line sul Web, è da dire che
gli Zingari e le Zingare furono nell'età intermedia, a giudizio sia di Stato che di Chiesa, furono ascritti ai "diversi"
nel senso di mali homines e malae foeminae come qui si legge
all'interno dell'enorme silloge di Padre Lucio Ferraris assolutamente da consultare (sotto il profilo etimologico il Battaglia rimanda il lemma "zingaro" a "zingano" con cambio di suff. e per quanto riguarda "zingano" lo fa derivare dalla voce dotta medievale greca athigganos, nella forma popolare atoigganos = "intoccabile" che al plurale avrebbe indicato una setta di manichei frigi: è da precisare che un documento del 4 marzo 1283 emesso dalla magistratura veneziana dei Signori di Notte, che tutelava l'ordine pubblico a Venezia, in cui si ordinava di allontanare dalla città i "gagiuffi" (termine antico che deriva probabilmente da "egiziano" e significava quindi "zingaro" = vedi qui M. Cassese, La chiesa cattolica del Nord-Est ed il suo rapporto con gli zingari, in La chiesa cattolica e gli zingari, Roma, 2000, pagg. 85-119).
gli Zingari e le Zingare furono nell'età intermedia, a giudizio sia di Stato che di Chiesa, furono ascritti ai "diversi"
nel senso di mali homines e malae foeminae come qui si legge
all'interno dell'enorme silloge di Padre Lucio Ferraris assolutamente da consultare (sotto il profilo etimologico il Battaglia rimanda il lemma "zingaro" a "zingano" con cambio di suff. e per quanto riguarda "zingano" lo fa derivare dalla voce dotta medievale greca athigganos, nella forma popolare atoigganos = "intoccabile" che al plurale avrebbe indicato una setta di manichei frigi: è da precisare che un documento del 4 marzo 1283 emesso dalla magistratura veneziana dei Signori di Notte, che tutelava l'ordine pubblico a Venezia, in cui si ordinava di allontanare dalla città i "gagiuffi" (termine antico che deriva probabilmente da "egiziano" e significava quindi "zingaro" = vedi qui M. Cassese, La chiesa cattolica del Nord-Est ed il suo rapporto con gli zingari, in La chiesa cattolica e gli zingari, Roma, 2000, pagg. 85-119).
Al di là di queste considerazioni resta fuor di dubbio il fascino
sensuale esercitato da queste cantanti e danzatrici = dal punto di vista
storico l'autore propone qualche loro probabile enfatizzazione esotica
rimandandone "l'invenzione" all'Antico Egitto dei Faraoni e a Semiramide = la regina sempre al centro delle riflessioni sulla voluttà e la tentazione suscitata dal corpo femminile].
Esse, a prescindere dalla varie possibili precisazioni, nella sostanza
eran giudicate dall'epoca medievale -nell'ottica dell'intransigente
anacoretismo cristiano delle origini e quindi dei controversisti
antislamici- in qualche modo "EREDI" DELLA LASCIVIA E DELLA LUSSURIA DELLE DONNE PAGANE E COME QUESTE ELETTE A SIMBOLO DELLE "CONCUBINE DI BABILONIA" (onde esser per vari aspetti ritenute simbolo supremo della tradizione della provocazione
femminile a peccato e lussuria tramite il canto e la danza -aspramente
condannata anche dai controversisti cristiani e antislamici- nel mondo
classico) = la stampa con il relativo testo è custodita entro il XVIII volume della grande silloge ("Raccolta di viaggi dalla scoperta nel Nuovo Continente fino a' dì nostri")
realizzata dal geografo italiano Marmocchi per i tipi dell'editore
Giachetti di Prato (1845) ove si trovano queste due opere qui
digitalizzate e sunteggiate:
1 - "VIAGGIO NELLE CONTRADE DELLA MESOPOTAMIA DI CALDEA E DI ASSIRIA DEL COLONNELLO CHESNEY"
2 - VIAGGIO A MEROE E IN ETIOPIA DEL KOSCKINS
1 - "VIAGGIO NELLE CONTRADE DELLA MESOPOTAMIA DI CALDEA E DI ASSIRIA DEL COLONNELLO CHESNEY"
2 - VIAGGIO A MEROE E IN ETIOPIA DEL KOSCKINS