Palazzine del Porto Franco di Genova in una incisione di fine XVIII sec. di A. Giolfi e G.L.Guidotti |
Il "PORTUS IMMUNIS" traducibile col termine di PORTOFRANCO ufficialmente fu istituito l'11 agosto 1590 quando Genova fu colpita da una terribile carestia.
Con tale termine si alludeva alla concessione di grandi benefici sotto forma di dazi e pagamenti da concedere alle navi granarie che fossero giunte al grande porto ligure.
Questo espediente (che diede frutti positivi) in realtà non era del tutto nuova anche se ufficializzato solo da tale data: oltre cinquantanni prima, nel 1531, si era infatti sancito un provvedimento analogo di grosse agevolazioni a vantaggio delle navi che fossero approdatye allo scalo genovese avendo almeno i due terzi del carico composti di cerali e legumi.
Il provvedimento ufficiale del 1590 peraltro non potè nemmeno essere temporaneo -come da qualche parte si sperava- in quanto la carestia si manifestò con violenza anche nel 1591.
Le agevolazioni furono quindi ribadite ed anche estese: i vantaggi fiscali erano significativi per i mercanti del nord Europa, in particolare per gli Olandesi che trasportavano grandi quantità di cereali.
Per certi aspetti la carestia costrinze l'oligarchia genovese di fine '500, tutta impegnata nelle operazioni finanziarie ed ormai piuttosto estranea alle vicende del porto in cui pure si era formata la fortuna dei suoi avi, a rioccuparsi dei destini del commercio.
Nel '500 la marineria genovese risenta di un'evidente CRISI a tutto vantaggio di altre basi commerciali mediterranee e non.
Per quanto possa sembrare strano l'istituzione da parte dei ducali di Firenze di un Portofranco a Livorno -in alternativa all'ormai interrato porto di Pisa- finì per costituire un successo a fronte della decadenza del porto genovese.
Con l'istituzione del PORTOFRANCO Genova vide fiorire gli scambi con l'Olanda le cui navi ormai contendevano a quelle tedesche e soprattutto inglesi l'egemonia dei commerci.
Alla fine di favoprire il successo del "Portofranco genovese", a scapito di quello di Livorno, non si ricorse a mezze misure.
Per esempio il comandante Gio De Mari ricevette l'incarico di recarsi nel porto di La Spezia con un liuto, ben fornito di armi e uomini, allo scopo di convincere gli Olandesi (e gli eventuali altri meracnti) di recedere da Livorno e riparare a Genova (l'incarico diceva di usare "ogni cortesia" ma, in modo più o meno esplicito, lo spiegamento, pur dimostrativo, dei mezzi di guerra finiva per costituire un probante elemento persuasivo).
Nonostante il modo discutibile l'operazione èpropagandistica a favore del "Portofranco genovese" ebbe successo: le navi olandesi cominciarono a portare allo scalo ligure il prezioso grano polacco che commerciavano.
Così (fiorendo la collaborazione mercantile tra Genova ed Olanda, collaborazione che si protrarrà fino alla morte della Repubblica a fine '700) il "portofranco" nel 1606 fu trasformato in PORTOFRANCO GENERALISSIMO cioè con l'estensione di agevolazioni per le navi che vi portassero molte altre merci e non solo più i cereali.
Per il sistema portuale e mercantile di Genova, dopo la dedenza del '500, si ebbe per il XVII secolo un rifiorire abbastanza celere.
Allo scalo genovese giunsero così nuove merci e si potenziarono particolari tipi di scambi.
Si cita soprattutto l'importazione di cerali e di merluzzo del Nord Europa in cambio delle apprezzatissime sete e lane liguri.
L'amministrazione del "Portofranco" qualche decennio dopo, precisamente nel 1623, venne concessa al BANCO DI S. GIORGIO.
Sotto questa amministrazione -destinata a continuare ininterrottamente sino alla fine della Repubblica di Genova- il PORTOFRANCO crebbe di importanza.
Verso la metà del XVII secolo nel "portofranco" si potevano riconoscere oltre un centinaio di "case", grossomodo quello che si potrebbero oggi definire le organizzazioni degli spedizionieri.
Assieme ai liguri avevano infatti aperto "case" anche mercanti francesi, olandesi, inglesi ed anche ebrei -particolarmente favoriti allo sacopo di allontanarli da Livorno che costituiiva una loro base storica-.
L'espediente genovese anche se portò dei frutti non potè sconfiggere l'iniziativa ducale: Livorno avrebbe infatti continuato a fiorire per la tempestività dell'iniziativa e l'esperienza rapidamente maturata e non mancarono città liguri che, come nel caso di SARZANA, abituate ad intrattenere relazioni vantaggiose coi traffici di Livorno, si ritennero penalizzate dal Portofranco genovese sin al punto di avanzare proteste ufficiali presso il Senato della Serenissima.
Tuttavia lo scalo genovese ebbe dei vantaggi considerevoli che furono testimoniati dal lato delle sovrastrutture, oltre che dall'impianto di imprese spedizioniere, anche dalla realizzazione di nuovi edifici per la conservazione di merci e prodotti.
A questo proposito meritano di essere ricordati i DEPOSITI PER L'OLIO IN PORTOFRANCO, un cui disegno fu allegato al "Registro degli edifici posseduti dalla Casa di S. Giorgio" .
Con tale termine si alludeva alla concessione di grandi benefici sotto forma di dazi e pagamenti da concedere alle navi granarie che fossero giunte al grande porto ligure.
Questo espediente (che diede frutti positivi) in realtà non era del tutto nuova anche se ufficializzato solo da tale data: oltre cinquantanni prima, nel 1531, si era infatti sancito un provvedimento analogo di grosse agevolazioni a vantaggio delle navi che fossero approdatye allo scalo genovese avendo almeno i due terzi del carico composti di cerali e legumi.
Il provvedimento ufficiale del 1590 peraltro non potè nemmeno essere temporaneo -come da qualche parte si sperava- in quanto la carestia si manifestò con violenza anche nel 1591.
Le agevolazioni furono quindi ribadite ed anche estese: i vantaggi fiscali erano significativi per i mercanti del nord Europa, in particolare per gli Olandesi che trasportavano grandi quantità di cereali.
Per certi aspetti la carestia costrinze l'oligarchia genovese di fine '500, tutta impegnata nelle operazioni finanziarie ed ormai piuttosto estranea alle vicende del porto in cui pure si era formata la fortuna dei suoi avi, a rioccuparsi dei destini del commercio.
Nel '500 la marineria genovese risenta di un'evidente CRISI a tutto vantaggio di altre basi commerciali mediterranee e non.
Per quanto possa sembrare strano l'istituzione da parte dei ducali di Firenze di un Portofranco a Livorno -in alternativa all'ormai interrato porto di Pisa- finì per costituire un successo a fronte della decadenza del porto genovese.
Con l'istituzione del PORTOFRANCO Genova vide fiorire gli scambi con l'Olanda le cui navi ormai contendevano a quelle tedesche e soprattutto inglesi l'egemonia dei commerci.
Alla fine di favoprire il successo del "Portofranco genovese", a scapito di quello di Livorno, non si ricorse a mezze misure.
Per esempio il comandante Gio De Mari ricevette l'incarico di recarsi nel porto di La Spezia con un liuto, ben fornito di armi e uomini, allo scopo di convincere gli Olandesi (e gli eventuali altri meracnti) di recedere da Livorno e riparare a Genova (l'incarico diceva di usare "ogni cortesia" ma, in modo più o meno esplicito, lo spiegamento, pur dimostrativo, dei mezzi di guerra finiva per costituire un probante elemento persuasivo).
Nonostante il modo discutibile l'operazione èpropagandistica a favore del "Portofranco genovese" ebbe successo: le navi olandesi cominciarono a portare allo scalo ligure il prezioso grano polacco che commerciavano.
Così (fiorendo la collaborazione mercantile tra Genova ed Olanda, collaborazione che si protrarrà fino alla morte della Repubblica a fine '700) il "portofranco" nel 1606 fu trasformato in PORTOFRANCO GENERALISSIMO cioè con l'estensione di agevolazioni per le navi che vi portassero molte altre merci e non solo più i cereali.
Per il sistema portuale e mercantile di Genova, dopo la dedenza del '500, si ebbe per il XVII secolo un rifiorire abbastanza celere.
Allo scalo genovese giunsero così nuove merci e si potenziarono particolari tipi di scambi.
Si cita soprattutto l'importazione di cerali e di merluzzo del Nord Europa in cambio delle apprezzatissime sete e lane liguri.
L'amministrazione del "Portofranco" qualche decennio dopo, precisamente nel 1623, venne concessa al BANCO DI S. GIORGIO.
Sotto questa amministrazione -destinata a continuare ininterrottamente sino alla fine della Repubblica di Genova- il PORTOFRANCO crebbe di importanza.
Verso la metà del XVII secolo nel "portofranco" si potevano riconoscere oltre un centinaio di "case", grossomodo quello che si potrebbero oggi definire le organizzazioni degli spedizionieri.
Assieme ai liguri avevano infatti aperto "case" anche mercanti francesi, olandesi, inglesi ed anche ebrei -particolarmente favoriti allo sacopo di allontanarli da Livorno che costituiiva una loro base storica-.
L'espediente genovese anche se portò dei frutti non potè sconfiggere l'iniziativa ducale: Livorno avrebbe infatti continuato a fiorire per la tempestività dell'iniziativa e l'esperienza rapidamente maturata e non mancarono città liguri che, come nel caso di SARZANA, abituate ad intrattenere relazioni vantaggiose coi traffici di Livorno, si ritennero penalizzate dal Portofranco genovese sin al punto di avanzare proteste ufficiali presso il Senato della Serenissima.
Tuttavia lo scalo genovese ebbe dei vantaggi considerevoli che furono testimoniati dal lato delle sovrastrutture, oltre che dall'impianto di imprese spedizioniere, anche dalla realizzazione di nuovi edifici per la conservazione di merci e prodotti.
A questo proposito meritano di essere ricordati i DEPOSITI PER L'OLIO IN PORTOFRANCO, un cui disegno fu allegato al "Registro degli edifici posseduti dalla Casa di S. Giorgio" .