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venerdì 22 febbraio 2019

Sulle tremende, storiche malattie della vite


Coltivazione della vite del Rossese in Località Rouchin di Dolceacqua (IM)
Nei periodi molto umidi la malattia dovuta al fungo Peronospera fa la sua comparsa sulle foglie e, in modo particolarmente pericoloso sul peduncolo dei fiori, con macchie irregolari di colore violaceo allo stadio iniziale che tendono a divenire bruno e marrone con l'evolversi dell'infezione disseccate al centro dell'infezione. Essa determina un rapido appassimento delle parti colpite e la loro prematura caduta con indebolimento generale della pianta. Si combatte efficacemente con prodotti ditiocarbammati, ossicloruri di rame o con fungicidi sistemi del tipo cymoxanil.
La Peronospora fece la sua prima comparsa in Francia tra il 1878 e in 1880, probabilmente introdotta tramite il materiale di viti americane, utilizzato per la ricostruzione dei vigneti minacciati o distrutti dall'afide Filossera (Filloxera vastatrix). Le problematiche destate da quest'ultima malattia fecero sottovalutare il pericolo della Peronospora fino al punto che nel corso degli anni l'infezione interessò tutte le principali regioni viticole d'Europa, manifestando appieno la sua capacità distruttiva. L'interesse, oltre che degli agricoltori, dei tecnici e degli studiosi per questo minaccioso epifita fu immediato e profondo, tanto che già da allora nacque una vasta gamma di osservazioni, ricerche e sperimentazioni. In Italia la Peronospora è considerata l'avversità crittogamica che arreca i maggiori danni alla viticoltura. Ad annate di medio attacco se ne alternano altre esenti ed altre ancora con manifestazioni particolarmente virulente (nel 1910, 1915 e 1934 si registrò la perdita del 50% della produzione di interi comprensori). In linea di massima, quantunque non si disponga di dati precisi, si stima che la crittogramma provochi la distruzione del 10% della produzione nazionale. L'epoca dell'infezione ed il tipo di danno variano nelle diverse regioni: mentre nell'Italia centro settentrionale si lamentano gravi attacchi primaverili, nell'Italia meridionale ed insulare si hanno soprattutto forti attacchi alla vegetazione autunnale, con gravi filloptosi anticipate. Ai danni della crittogama per la distruzione del prodotto va aggiunto il peso economico dei trattamenti il cui numero varia da 4 a 10, con un onere pari al 15 - 20% del valore del prodotto, e, non ultimo, il danno ecologico.
Quando ancora la scienza moderna non conosceva adeguate difese chimiche, due illustri scienziati, Pio Mantovani e Filippo Cintolesi ( in un testo di Elementi di Scienze Naturali, Livorno, 1894, p. 111 e seguenti) diedero, con le proposte di intervento necessario, la seguente definizione della FILOSSERA o FILLOSSERA (dal greco="foglia secca"): "La FILOSSERA (Philoxera vastatrix) è un insetto piccolissimo, ordinariamente privo d'ali, che vive sotterra sulle radici della vite. E' di colore giallo verdognolo ed alla bocca ha un rostro forte, che infigge nelle radici e da esse, poi, col rostro stesso, succhia il nutrimento. E' dannosissima soprattutto pel suo rapido moltiplicarsi, poiché tutte le filossere prive d'ali, che stanno sotterra, depongono da 30 a 40 uova, che tosto si, schiudono dando altre filossere eguali, atte a riprodursi dopo pochi giorni."

Vitigni di Rossese sulle colline di San Biagio della Cima (IM)
Ci sembra utile qui proporre la STORIA della calamitosa invasione in Europa da parte della FILOSSERA:
"Il mondo del vino ha già conosciuto il suo diluvio. Il flagello arrivò inaspettato nella seconda metà del secolo scorso, proprio al culmine di un periodo di grande floridezza per la viticoltura europea. Il Settecento era stato un secolo di fortuna crescente, con i vini francesi a dominare il mondo (malgrado il sequestro e la messa in vendita di molte delle più importanti proprietà in seguito alla Rivoluzione) e la ripresa, in Germania, dei bianchi del Reno e della Mosella dopo i guasti della guerra dei Trent'anni. Il Secolo dei Lumi per il vino aveva significato inoltre approfondimento delle conoscenze teoriche e miglioramento delle tecniche di vinificazione: nella seconda metà del Settecento gli studi di Lavoisier, il chimico che quantificò la trasformazione dello zucchero in alcol, contribuirono a descrivere i meccanismi della fermentazione, e nelle cantine fecero la loro comparsa torchi con vite di ferro e gabbia, antenati dei più moderni torchi idraulici. Il diciannovesimo secolo si apre dunque all'insegna dell'ottimismo per produttori e commercianti. Le fortune economiche li inducono a chiudere un occhio su fenomeni preoccupanti come la sofisticazione e la crescita indiscriminata degli impianti: per alimentare una produzione che sta assumendo proporzioni abnormi si ricorre spesso a varietà americane, più resistenti e produttive. Saranno proprio queste il veicolo delle malattie che metteranno fine agli anni del benessere spensierato, a causare "i dispiaceri" di cui parla Hugh Johnson nella sua Story of Wine. Una prima avvisaglia si presenta con l'oidio, un fungo che attacca le viti compromettendo la qualità e la quantità dei raccolti. La malattia è sconfitta nel giro di una decina d'anni, quando si scopre nello zolfo un ottimo antidoto contro di essa, ma ecco affacciarsi un pericolo ben più grave, rappresentato da un parassita micidiale, un afide che si nutre delle foglie e delle radici delle viti e che, una volta insediatosi in un vigneto, non lo abbandona prima di averlo distrutto completamente. La fillossera, originaria del continente americano, sbarca in Francia, alle foci del Rodano, negli anni in cui le navi a vapore hanno ridotto il tempo della traversata dell'Atlantico a una decina di giorni, consentendo al parassita di sopravvivere a un viaggio che doveva aver intrapreso molte volte in passato senza riuscire a giungere vivo nel Vecchio Continente. Dal porto di arrivo lo sconosciuto "puceron" si diffonde in tutta Europa, in Nord Africa, nel Medio Oriente e persino in India. Neppure Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica ne saranno esenti. I suoi effetti devastanti sono notati per la prima volta nella zona di Arles nel 1863. Individuata e battezzata nel '68 da Jules-Emile Planchon, agronomo di Montpellier, la Phylloxera vastatrix nel '71 è già attiva in Svizzera e in Portogallo. Nel '75 compare in Austria-Ungheria, e da qui infesterà l'Europa centro-orientale, dalla Grecia alla Russia. Nel '76 è a Bordeaux, due anni dopo a Meursault, in Borgogna, e in Spagna; nel '79 in Italia, nel 1880 in Germania e alla fine del secolo è presente anche in Algeria e nella Champagne. Sono quarant'anni nel corso dei quali i vignaioli, a lungo impotenti, le tentano tutte: scendono in campo studiosi seri insieme a improvvisatori e ciarlatani, attirati dai premi delle organizzazioni di produttori e dalla pubblica amministrazione, proponendo rimedi più fantasiosi che efficaci. Dapprima le sole pratiche valide sono irrorazioni dei vigneti con preparati chimici, ma a prezzo di operazioni abbastanza complicate oltre che costose."

da Cultura-Barocca


martedì 19 febbraio 2019

Il Maglio degli Eretici

 Girolamo Muzio, "Il Maglio degli Eretici", autore delle MENTITE OCHINIANE, giunse nel 1542 a Nizza, città dalla storia affascinante ma complessa, appartenente allo Stato Sabaudo, nella quale si temeva l'opera predicatoria dell'"apostata" Bernardino Ochino.

 

 
Per agevolare le riflessioni degli studiosi dell'argomento generale (non trascurando il significato "localistico e ligure" della presenza del MUZIO in NIZZA, città sabauda dove fu inviato dal governatore di Milano don Alfonso d'Avalos marchese del Vasto, temendo che in essa si rafforzasse oltremodo il pensiero riformato e l'azione dell'Ochino determinasse un proselitismo dall'area transalpina verso l'Italia: vedi qui DOCUMENTO II) si è pensato giovevole riprodurre l'intiero articolo di Benedetto Nicolini (GIROLAMO MUZIO E BERNARDINO OCHINO/ STORIA DI UNA POLEMICA RELIGIOSA CINQUECENTESCA), suddividendolo, tramite collegamenti informatici attivabili dai collegamenti che qui si fanno seguire, con le stesse intitolature che a suo tempo furono date dal filologo e critico condirettore di "BIBLION":


da Cultura-Barocca

martedì 12 febbraio 2019

Samuel Morse e l'invenzione del telegrafo

Samuel Morse mentre indossa tutte le onorificenze di cui fu insignito - Fonte: Wikipedia
Il telegrafo di Morse (1837), esemplare alla Cité des télécoms di Pleumeur-Bodou - Fonte: Wikipedia
Samuel Finley Breese Morse era un inventore e pittore statunitense; si laureò presso il collegio di Yale nel 1810 e l'anno dopo si recò a Londra dove studiò pittura.
Nel 1815 ritornò negli Stati Uniti e nel 1824/25 con altri artisti fondò la Società di belle arti successivamente la National Accademy of Design.
Tornò in Europa nel 1829 dove visitò Francia e Italia (1830), dipinse parecchi quadri durante il suo soggiorno italiano.
Mentre rientrava negli Stati Uniti nel 1832 a bordo della nave bastimento Sully, durante la traversata iniziò a pensare di usare l'elettromagnetismo per la telegrafia e, alcune settimane dopo essere sbarcato, si mise a costruire l'apparato telegrafico che era composto inizialmente da una cornice di un quadro recuperata dal suo studio di pittura, alcune ruote in legno ricavate da un vecchio orologio e da un'elettrocalamita donatagli dal professor Torrey. Solamente nel 1835 il suddetto telegrafo fu ultimato e sperimentato.
Nello stesso anno Morse entrò a far parte del corpo insegnante dell'Università di New York come professore di storia dell'arte e andò ad abitare in una casa a Washington Square.
Qui egli installò un laboratorio e progettò un trasmettitore automatico con il quale sperimentò il prototipo del codice che poi prese il suo nome.
Il 24 Maggio 1844 fu inaugurata la prima linea telegrafica che collegava Washington con Baltimora.
In quell'anno proprio a Baltimora si teneva la Convenzione del Partito Whig e in quelle circostanze la sua ideazione ebbe un successo enorme, in quanto telegrafando i risultati di detta convenzione a Washington, arrivarono due ore prima del treno che ne portava le notizie.
In ITALIA la prima linea di comunicazione secondo i principi del TELEGRAFO DI MORSE fu realizzata nel 1847 e collegava Livorno con Pisa. Successivamente l'applicazione della scoperta si diffuse in tutto il Paese (divenendo particolarmente utile in zone conme la LIGURIA COSTIERA in cui le comunicazioni stradali presentavano spesso problemi a causa della difficoltà di spostamento dei CORRIERI) sino a diventare un problema giurisdizionale dopo l'UNITA' D'ITALIA allorquando l'UFFICIO CENTRALE del SENATO DEL REGNO esibì in occasione di una SESSIONE PARLAMENTARE DEL del 1859 una sua negativa RELAZIONE avverso un PROGETTO DI LEGGE PORTANTE INDENNITA' AL SIGNOR MORSE PER L'APPARECCHIO TELEGRAFICO DI SUA INVENZIONE (valutazione negativa che comunque nulla tolse al pubblico riconoscimento dei grandi meriti della sua invenzione).

da Cultura-Barocca



mercoledì 6 febbraio 2019

Favorino di Arles, il geniale criptorchide (di Pietro Loi)

 
 
 
 

 
 

 
 
Pietro Loi [di Ventimiglia (IM): fu anche un valoroso patriota nella Resistenza], che fu veterinario e naturalista (ricordiamo alcuni suoi importanti contributi in seminari, nazionali e non, alle contaminazioni del pesce ad opera del mercurio), con lo pseudonimo di Pier delle Ville scrisse vari contributi (notevoli ed usati in varie parti di Cultura-Barocca) nel contesto dell'Aprosiana, più specificamente con il nome di "Quaderni dell'Aprosiana" [sempre di Ventimiglia (IM)], rivista di "Studi Barocchi", a lungo diretta da Bartolomeo Durante. Autore, inoltre, di un volume, quale ideale culmine di una serie di altri articoli e monografie, su Matteo da Viterbo, pittore dei papi avignonesi, con osservazioni pregnanti su Petrarca, Laura de Noves e naturalmente Valchiusa.
In merito alla rivista Aprosiana  è da dire che spiccano, editi postumi nel numero del 1995 per la sua repentina scomparsa, alcuni altri saggi di Pietro Loi assai interessanti, in gran parte digitalizzati o ampiamente citati qui su Cultura-Barocca.

da  Cultura-Barocca

domenica 3 febbraio 2019

Persecuzioni contro le streghe nel Cuneese a fine Quattrocento

Bernezzo (CN): Cappella della Maddalena (Fonte: bernezzo.diocesicuneo.it)
Tra la metà e la fine del secolo XV, in quell’area che ora corrisponde alla Provincia di Cuneo, una cinquantina di persone furono consegnate dall’Inquisizione al Braccio Secolare (istituzione che eseguiva materialmente le pene) e arse vive: e del resto il Basso Piemonte, oltre ad esser permeato di interventi contro le streghe che lo avrebbero infestato, diede i natali ad inquisitori più o meno noti come il cinquecentesco Silvestro Mazzolini.
Nella sola città di Cuneo, in un giorno non precisato dell’anno 1445, vennero arse vive ventidue persone, solo perché considerate eretiche (l’esecuzione avvenne nei pressi dell’attuale l’ospedale S. Croce); i ventidue sfortunati facevano parte di una cospicua comunità valdese dimorante in e nei pressi di Bernezzo, erano chiamati "poveri di Lugano, Gazari o Valdesi", dopo l’esecuzione i loro beni furono confiscati. Gli inquisitori furono frate Giovanni Fiamma e Pietro Bertramo. Il fatto è menzionato da Marco Aurelio Rorengo, in un antico libro di memorie citato da Pietro Gioffredo nel 1650: "…namque tunc pullulabat super Bernecium haeresis pauperum de Lugdano, qui a quibusdam appellabantur Gazari, ab aliquibus Valdenses, et intitulati a Magistris Johanne Fiamma et Bertramo Pere Inquisitoribus haereticae pravitatis; et in summa reperti fuerint XXII relapsi, et in Cuneo condemnati igne cremati sunt, et eorum bona praefatio Domino confiscata… ".
Nel 1497, altri documenti, pubblicati da Ferdinando Gabotto nel 1898, ci informano che anche Verzuolo invoca l’Inquisizione contro eretici e streghe (masche): " Verzuolo, 26 maggio 1497…si scelgano tre o quattro persone che vadano dall’illustre signore e marchese ad ottenere il permesso per gli uomini di Verzuolo di recarsi a colloquio dall’Inquisitore e giudice delle false teorie eretiche al fine di ricercare gli eretici e le dottrine errate (…) per il bene della Comunità si stabilì che venissero scelte tre o quattro persone per andare a Saluzzo a chiedere all’illustre signor Marchese fino a che punto volesse concedere la facoltà alla Comunità ed alla gente verzuolese di portare a Verzuolo l’Inquisitore delle falsità eretiche per ricercare i sospetti di eresia o gli eretici e le masche ed altre simili persone che sono fuori della religione cattolica, poiché arrecano molto danno nel suddetto paese e nel territorio di questa località… ".
" Verzuolo, 13 luglio 1497…si conviene di scegliere due persone che vadano a Saluzzo a concordare i provvedimenti da stabilirsi col reverendo Signor Inquisitore (…) si diedero disposizioni che venissero scelti… ".
" Verzuolo, 5 agosto 1497…si conviene di predisporre le spese relative al reverendo Signor Inquisitore ed al suo collaboratore che devono svolgere l’incarico di giudici delle false dottrine eretiche nel paese di Verzuolo. Si stabilì che le spese per il reverendo Signor Inquisitore ed il suo collaboratore vengano ascritte alle spese pubbliche per otto giorni e non oltre e che i giudici cerchino due testimoni per procurarsi informazioni dal segretario del reverendo Signor Inquisitore di Savigliano. Parimenti si scelgano tre o quattro persone che saranno sempre presenti e parteciperanno quindi alle indagini da compiersi circa le persone incarcerate o da incarcerare, riguardo alle false teorie delle masche e degli eretici… ".
" Verzuolo, 21 agosto 1497…si convenne che la Comunità si impegnava a sostenere le spese per il reverendo Signor Inquisitore e per il suo collaboratore e ciò fino a che non si trovassero colore che erano caduti nell’errore dell’eresia e si stabilì che ai prigionieri e ai condannati venissero pagati i debiti; e il nostro illustre padrone Signor Marchese promise di aiutare la Comunità e di pagare le spese relative ai suddetti debiti… ".
L’Inquisizione venne istituita alla fine del secolo XII da Papa Gregorio IX, alle sue dirette dipendenze, con la costituzione di tribunali ecclesiastici operanti al sol fine di reprimere l’eresia (deviazione dalla retta dottrinale cattolica cristiana che soprattutto nel medioevo, comportò l’inammissibilità da parte della Chiesa di interpretazioni, anche politiche, che costrinsero gruppi a sé stanti in confronto alla Chiesa ufficiale, la quale giustificò per estinguerli l’uso di metodi anche violenti tipo il rogo) tutelando il patrimonio dottrinale della fede cristiana. I primi giudici inquisitoriali furono i frati Domenicani, poi anche Francescani. I Domenicani, fondati dallo spagnolo Domenico da Guzman (1170 – 1221), erano dei predicatori erranti che operavano per lo più nella conversione degli eretici. Il paradosso di questo Ordine, era la loro organizzazione simile a quella degli stessi eretici per la quale si batteva: contatto con il popolo, predicazione errante e povertà.
Gli Inquisitori, per la maggior parte, non erano, come qualcuno potrebbe credere, un clan di monaci fanatici, bensì erano spesso una componente delle alte gerarchie ecclesiastiche, per le quali destinavano la loro educazione e le loro qualità. In prevalenza erano eminenti giuristi ed applicavano le leggi religiose come nell’esercizio di una professione. Per alcuni, la carica inquisitoriale era considerata solamente una tappa del loro "cursum honorum", cioè arrivisti, orgogliosi ed ambiziosi; alcuni di questi giunsero anche a capo della Chiesa romana.
Le paure di Roma per il diffondersi dell’eresia, non furono soltanto per le idee che l’eretico sosteneva e professava, ma anche per le cause che da esse potevano scaturire intaccando il potere politico economico, che Roma rischiava di perdere se non sradicava al più presto l’eresia (non per nulla nelle condanne per eresia seguiva sempre la confisca dei beni). Gli eretici, nella maggior parte dei casi, non erano altro che cristiani con una tendenza comune a criticare la ricchezza della Chiesa (la "critica" a volte era anche sanguinaria, anche loro, quando potevano non erano meno crudeli dei loro persecutori - vedi i Dolciniani - ) una ricchezza arrogante che si dimostrava paradossale e in netto contrasto con l’idea prima del Cristianesimo, in un periodo in cui al contrario la miseria era a livelli esasperanti. 
Come strumento debellativo a salvaguardia della purezza della fede venne istituita l’Inquisizione, così denominata per la procedura usata di tipo "inquisitorio", che permetteva l’inchiesta d’ufficio anche senza l’accusa o l’accusato, bastava che il presunto colpevole fosse diffamato dalla voce pubblica, cioè sospettato d’eresia.

da Cultura-Barocca