Coltivazione della vite del Rossese in Località Rouchin di Dolceacqua (IM) |
Nei periodi molto umidi la malattia dovuta al fungo Peronospera fa la sua comparsa sulle foglie e, in modo particolarmente pericoloso sul peduncolo dei fiori, con macchie irregolari di colore violaceo allo stadio iniziale che tendono a divenire bruno e marrone con l'evolversi dell'infezione disseccate al centro dell'infezione. Essa determina un rapido appassimento delle parti colpite e la loro prematura caduta con indebolimento generale della pianta. Si combatte efficacemente con prodotti ditiocarbammati, ossicloruri di rame o con fungicidi sistemi del tipo cymoxanil.
La Peronospora fece la sua prima comparsa in Francia tra il 1878 e in 1880, probabilmente introdotta tramite il materiale di viti americane, utilizzato per la ricostruzione dei vigneti minacciati o distrutti dall'afide Filossera (Filloxera vastatrix). Le problematiche destate da quest'ultima malattia fecero sottovalutare il pericolo della Peronospora fino al punto che nel corso degli anni l'infezione interessò tutte le principali regioni viticole d'Europa, manifestando appieno la sua capacità distruttiva. L'interesse, oltre che degli agricoltori, dei tecnici e degli studiosi per questo minaccioso epifita fu immediato e profondo, tanto che già da allora nacque una vasta gamma di osservazioni, ricerche e sperimentazioni. In Italia la Peronospora è considerata l'avversità crittogamica che arreca i maggiori danni alla viticoltura. Ad annate di medio attacco se ne alternano altre esenti ed altre ancora con manifestazioni particolarmente virulente (nel 1910, 1915 e 1934 si registrò la perdita del 50% della produzione di interi comprensori). In linea di massima, quantunque non si disponga di dati precisi, si stima che la crittogramma provochi la distruzione del 10% della produzione nazionale. L'epoca dell'infezione ed il tipo di danno variano nelle diverse regioni: mentre nell'Italia centro settentrionale si lamentano gravi attacchi primaverili, nell'Italia meridionale ed insulare si hanno soprattutto forti attacchi alla vegetazione autunnale, con gravi filloptosi anticipate. Ai danni della crittogama per la distruzione del prodotto va aggiunto il peso economico dei trattamenti il cui numero varia da 4 a 10, con un onere pari al 15 - 20% del valore del prodotto, e, non ultimo, il danno ecologico.
La Peronospora fece la sua prima comparsa in Francia tra il 1878 e in 1880, probabilmente introdotta tramite il materiale di viti americane, utilizzato per la ricostruzione dei vigneti minacciati o distrutti dall'afide Filossera (Filloxera vastatrix). Le problematiche destate da quest'ultima malattia fecero sottovalutare il pericolo della Peronospora fino al punto che nel corso degli anni l'infezione interessò tutte le principali regioni viticole d'Europa, manifestando appieno la sua capacità distruttiva. L'interesse, oltre che degli agricoltori, dei tecnici e degli studiosi per questo minaccioso epifita fu immediato e profondo, tanto che già da allora nacque una vasta gamma di osservazioni, ricerche e sperimentazioni. In Italia la Peronospora è considerata l'avversità crittogamica che arreca i maggiori danni alla viticoltura. Ad annate di medio attacco se ne alternano altre esenti ed altre ancora con manifestazioni particolarmente virulente (nel 1910, 1915 e 1934 si registrò la perdita del 50% della produzione di interi comprensori). In linea di massima, quantunque non si disponga di dati precisi, si stima che la crittogramma provochi la distruzione del 10% della produzione nazionale. L'epoca dell'infezione ed il tipo di danno variano nelle diverse regioni: mentre nell'Italia centro settentrionale si lamentano gravi attacchi primaverili, nell'Italia meridionale ed insulare si hanno soprattutto forti attacchi alla vegetazione autunnale, con gravi filloptosi anticipate. Ai danni della crittogama per la distruzione del prodotto va aggiunto il peso economico dei trattamenti il cui numero varia da 4 a 10, con un onere pari al 15 - 20% del valore del prodotto, e, non ultimo, il danno ecologico.
Quando ancora la scienza moderna non conosceva adeguate difese chimiche, due illustri scienziati, Pio Mantovani e Filippo Cintolesi ( in un testo di Elementi di Scienze Naturali, Livorno, 1894, p. 111 e seguenti) diedero, con le proposte di intervento necessario, la seguente definizione della FILOSSERA o FILLOSSERA (dal greco="foglia secca"): "La FILOSSERA (Philoxera vastatrix) è un insetto piccolissimo, ordinariamente privo d'ali, che vive sotterra sulle radici della vite. E' di colore giallo verdognolo ed alla bocca ha un rostro forte, che infigge nelle radici e da esse, poi, col rostro stesso, succhia il nutrimento. E' dannosissima soprattutto pel suo rapido moltiplicarsi, poiché tutte le filossere prive d'ali, che stanno sotterra, depongono da 30 a 40 uova, che tosto si, schiudono dando altre filossere eguali, atte a riprodursi dopo pochi giorni."
Vitigni di Rossese sulle colline di San Biagio della Cima (IM) |
Ci sembra utile qui proporre la STORIA della calamitosa invasione in Europa da parte della FILOSSERA:
"Il mondo del vino ha già conosciuto il suo diluvio. Il flagello arrivò inaspettato nella seconda metà del secolo scorso, proprio al culmine di un periodo di grande floridezza per la viticoltura europea. Il Settecento era stato un secolo di fortuna crescente, con i vini francesi a dominare il mondo (malgrado il sequestro e la messa in vendita di molte delle più importanti proprietà in seguito alla Rivoluzione) e la ripresa, in Germania, dei bianchi del Reno e della Mosella dopo i guasti della guerra dei Trent'anni. Il Secolo dei Lumi per il vino aveva significato inoltre approfondimento delle conoscenze teoriche e miglioramento delle tecniche di vinificazione: nella seconda metà del Settecento gli studi di Lavoisier, il chimico che quantificò la trasformazione dello zucchero in alcol, contribuirono a descrivere i meccanismi della fermentazione, e nelle cantine fecero la loro comparsa torchi con vite di ferro e gabbia, antenati dei più moderni torchi idraulici. Il diciannovesimo secolo si apre dunque all'insegna dell'ottimismo per produttori e commercianti. Le fortune economiche li inducono a chiudere un occhio su fenomeni preoccupanti come la sofisticazione e la crescita indiscriminata degli impianti: per alimentare una produzione che sta assumendo proporzioni abnormi si ricorre spesso a varietà americane, più resistenti e produttive. Saranno proprio queste il veicolo delle malattie che metteranno fine agli anni del benessere spensierato, a causare "i dispiaceri" di cui parla Hugh Johnson nella sua Story of Wine. Una prima avvisaglia si presenta con l'oidio, un fungo che attacca le viti compromettendo la qualità e la quantità dei raccolti. La malattia è sconfitta nel giro di una decina d'anni, quando si scopre nello zolfo un ottimo antidoto contro di essa, ma ecco affacciarsi un pericolo ben più grave, rappresentato da un parassita micidiale, un afide che si nutre delle foglie e delle radici delle viti e che, una volta insediatosi in un vigneto, non lo abbandona prima di averlo distrutto completamente. La fillossera, originaria del continente americano, sbarca in Francia, alle foci del Rodano, negli anni in cui le navi a vapore hanno ridotto il tempo della traversata dell'Atlantico a una decina di giorni, consentendo al parassita di sopravvivere a un viaggio che doveva aver intrapreso molte volte in passato senza riuscire a giungere vivo nel Vecchio Continente. Dal porto di arrivo lo sconosciuto "puceron" si diffonde in tutta Europa, in Nord Africa, nel Medio Oriente e persino in India. Neppure Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica ne saranno esenti. I suoi effetti devastanti sono notati per la prima volta nella zona di Arles nel 1863. Individuata e battezzata nel '68 da Jules-Emile Planchon, agronomo di Montpellier, la Phylloxera vastatrix nel '71 è già attiva in Svizzera e in Portogallo. Nel '75 compare in Austria-Ungheria, e da qui infesterà l'Europa centro-orientale, dalla Grecia alla Russia. Nel '76 è a Bordeaux, due anni dopo a Meursault, in Borgogna, e in Spagna; nel '79 in Italia, nel 1880 in Germania e alla fine del secolo è presente anche in Algeria e nella Champagne. Sono quarant'anni nel corso dei quali i vignaioli, a lungo impotenti, le tentano tutte: scendono in campo studiosi seri insieme a improvvisatori e ciarlatani, attirati dai premi delle organizzazioni di produttori e dalla pubblica amministrazione, proponendo rimedi più fantasiosi che efficaci. Dapprima le sole pratiche valide sono irrorazioni dei vigneti con preparati chimici, ma a prezzo di operazioni abbastanza complicate oltre che costose."da Cultura-Barocca