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sabato 11 novembre 2017

Il Sabba

Una celebre descrizione di SABBA si attribuisce comunemente a Stefano di Borbone mentre il capitolare franco, falsamente attribuito ad un Concilio di Ancira, noto come Canon Episcopi (IX sec.) al contrario ne aveva in precedenza negata la realtà, considerando il SABBA una leggenda alimentata dalla fantasia di donne superstiziose e peccaminose (vedi CORPUS IURIS CANONICI, col. 1030).
Una fra le più discusse interpretazioni del SABBA concerne un'abitudine, peraltro non estranea ad una discutibile quanto radicata (in certe regioni centro-europee e di cultura francone), di trafiggere con un paletto di legno (frassino in genere) dei bambini morti prima del battesimo al fine di impedire loro di tornare sulla terra sotto forma di fantasmi tormentanti, una tecnica apotropaica in qualche modo connessa ad una delle figure più temibili dell'orrorifico paneuropeo cioè il tema della lotta al VAMPIRO e alla VAMPIRA o meglio la LAMIA.
Sul SABBA, comunque, a titolo esemplificativo si riproduce comunque di seguito una pagina storica di descrizione del SABBA tratta dalla bolla Vox in Rama del 13 giugno 1233 di Gregorio IX edita in Les régistres de Grégoire IX, ed. L. Auvray, I, Paris, 1896, n. 1391, coll. 780-781: "Quando si accoglie un neofita e lo si introduce per la prima volta nella assemblea dei reprobi, gli appare una specie di rana; altri dicono che è un rospo. Alcuni gli danno un ignobile bacio sull'ano, altri sulla bocca leccando la lingua e la bava dell'animale. Talvolta il rospo appare a grandezza naturale, altre con le dimensioni di un'oca o di un'anitra. Naturalmente ha la grandezza della bocca di un forno. Il neofita, intanto avanza e si ferma di fronte a un uomo di un pallore spaventoso, dagli occhi neri, e talmente magro ed emaciato da sembrare senza carne e niente più che pelle e ossa. Il neofita lo bacia e si accorge che è freddo come il ghiaccio; in quello stesso istante ogni ricordo della fede cattolica scompare dalla sua mente. Poi si siedono tutti a banchettare e quando si alzano dopo aver finito, da una specie di statua che di solito si erge nel luogo di queste riunioni, emerge un gatto nero, grande come un cane di taglia media, che viene avanti camminando all'indietro e con la coda eretta. Il nuovo adepto, sempre per primo, lo bacia sulle parti posteriori , poi fanno lo stesso il capo e tutti gli altri, ognuno osservando il proprio turno: ma solo quelli che lo hanno meritato. Agli altri, cioè a quelli che non sono considerati degni di questo onore, lo stesso maestro di cerimonia augura loro la pace. Quando ritornano al loro posto rimangono in silenzio per qualche istante con la testa rivolta verso il gatto. Poi il maestro dice "Perdonaci". Lo stesso ripete quello che segue e il terzo aggiunge: "Lo sappiamo, signore". Il quarto conclude:"Dobbiamo ubbidire".
Terminata questa cerimonia si spengono le luci e i presenti si abbandonano alla lussuria più sfrenata, senza distinzione di sesso. Se ci sono più uomini che donne, gli uomini soddisfano tra loro gli appetiti depravati, e le donne fanno lo stesso.
Quando tutti questi orrori hanno fine, si accendono di nuovo le candele e tutti vanno al loro posto.
Poi, da un angolo scuro appare un uomo il cui corpo dai fianchi in su è brillante e luminoso come il sole, mentre nella parte inferiore è ruvido e peloso come quello di un gatto.
Il maestro taglia un pezzo dell'abito del neofita e dice rivolto al luminoso personaggio: "Padrone, costui mi si è concesso: a mia volta lo do a te".
Al che l'altro risponde "Mi hai servito bene, mi servirai anche meglio, quello che mi hai dato lo pongo sotto la tua custodia". E sparisce subito dopo aver detto queste parole.
Tutti gli anni, a Pasqua, essi ricevono il corpo del Signore dalle mani del sacerdote, lo portano in bocca e lo gettano tra le immondizie per recare offesa al Salvatore.
Questi uomini, i più miserabili, bestemmiano contro il Re dei cieli e nella loro pazzia dicono che che il Signore dei cieli ha operato da malvagio, gettando Lucifero nell'abisso.
Gli sventurati credono nel demonio, dicono che egli è creatore di tutti i corpi celesti e che, nei tempi futuri, dopo la caduta del Signore, ritornerà alla sua gloria.
Per mezzo di lui e con lui, non altrimenti sperano di raggiungere la felicità eterna e invitano a non fare ciò che piace a Dio ma ciò che a Lui dispiace".
Ed ecco, invece, alcuni stralci della cronaca del processo inquisitoriale, in cui comparve per la prima volta l'accusa concreta di stregoneria a carico di due donne e la descrizione circostanziata di un SABBA e della cerimonia di MESSE NERE, svoltosi, fra il 1330 ed il 1340, a Toulouse, nella zona di Carcassonne, con la RONDA E/O DANZA DEI DEMONI IN ASPETTO DI CAPRI (v.:H.CH.LEA): "Anna Maria di Georgel e Caterina, entrambe di Toulouse e in età matura, hanno detto nelle loro confessioni processuali che da circa vent'anni fanno parte dell'innumerevole esercito di Satana, concedendosi a lui, sia in questa come nell'altra vita. Che molto spesso, e sempre nella notte fra venerdì e sabato ( ma la scadenza settimanale del SABBA non d'obbligo cade di sabato, giorno dedicato a Saturno, il più oscuro dei pianeti ma anche, quasi per una sorta di sfida al divino, giorno consacrato alla Vergine. In molte credenze sembra preferirsi il giovedì, giorno di mezza settimana che rientra così nella simbologia del ponte che divide due concetti antitetici e di entrambi assorbe le caratteristiche, giorno che culmina il periodo settimanale della licenza, vigilia dei futuri tre giorni di penitenza, castità e digiuno, ed anche culmine del Carnevale) hanno assistito al SABBA, che si celebrava in un luogo o nell'altro....Ognuna, interrogata separatamente, ha dato spiegazioni che ci hanno portato alla convinzione della loro colpevolezza. Anna Maria di Georgel dice che una mattina, trovandosi da sola a lavare i panni della sua famiglia...vide venire verso di sè, sull'acqua, un uomo gigantesco, dalla carnagione molto nera, i cui occhi ardenti assomigliavano a due carboni accesi, vestito con pelli d'animali. Il mostro le chiese se voleva concedersi a lui, e lei rispose di sì. Allora lui le soffiò in bocca e dal sabato successivo fu portata al SABBA, per sua volontà. Qui trovò un CAPRONE gigantesco , che salutò ed al quale si abbandonò.
Il CAPRONE, in cambio, le mostrò ogni genere di segreti malefici .
Anna Maria di Georgel ha rivelato in seguito che nel lungo periodo di tempo trascorso dalla sua possessione sino all'incarceramento, non ha cessato di praticare il male e di compiere pratiche abominevoli, senza che la fermasse il timore del Signore. Così cuoceva in caldai, su un fuoco maledetto, erbe avvelenate, sostanze estratte sia dagli animali che dai corpi umani che, per un'orribile profanazione, avrebbe fatto alzare dal riposo dalla santa terra dei cimiteri (simili deliri non sono dunque esclusivo appannaggio delle menti malate, e dei vantaggi economici conseguenti, di alcuni registi contemporanei!) per servirsene nei suoi incantesimi; girovagava durante la notte intorno alle forche patibolari, sia per sottrarre strisce ai vestiti degli impiccati, sia per rubare la corda da cui pendevano, o per impossessarsi dei loro capelli, unghie e grasso...Ha voluto pentirsi, ha chiesto di riconciliarsi con la Chiesa, il che le è stato concesso, senza che per questo possa evitare di essere consegnata al potere secolare, che valuterà le pene in cui è incorsa.
Caterina, moglie di Pietro Delort, di Toulouse, è stata dichiarata colpevole: secondo le sue dichiarazioni e le testimonianze di persone affidabili dieci anni fa...si unì in criminale amicizia con un pastore che, abusando del suo ascendente su di lei, la costrinse a stringere un patto con lo spirito infernale. questa odiosa cerimonia ebbe luogo a mezzanotte, in un bosco, nel crocicchio di due strade (altro conosciutissimo topos del SABBA, legato all'idea di cerchio, figura che confonde i limiti e ottenebra i sensi con le vertigini del perpetuo moto -si pensi alla danza sabbatica, ancor più eseguita di spalle, ai girotondi ebbri delle feste di piazza, del Carnevale, a quelli instancabili dei bambini-, simbolo della Luna, di Diana cacciatrice, di Ecate dea degli Inferi, astro inciso sulla fronte delle sacerdotesse celtiche, da sempre simbolo della femminilità).
Qui si fece sanguinare il braccio sinistro, lasciando scorrere il sangue su un fuoco alimentato da ossa umane, rubate nel cimitero della parrocchia, pronunciò strane parole di cui non si ricorda, e il demonio Berit le comparve sotto forma di fiamma viola.
Da allora si occupa della preparazione di certi ingredienti e beveragggi nocivi, che causano la morte di uomini e greggi. Ogni sabato notte sprofondava in un sonno straordinario, durante il quale veniva trasportata al SABBA.
Interrogata sul luogo in cui veniva celebrato, ha risposto che alcune volte si celebrava in un posto, altre volte in un altro...
Qui [Caterina di Tolosa] adorava il CAPRONE e si concedeva a lui, come tutti i presenti in quella festa infame.
Si mangiavano cadaveri di bambini appena nati, strappati alle loro balie durante la notte; si beveva ogni tipo di liquori sgradevoli e tutti gli alimenti erano privi di sale....
Caterina, vivamente incalzata dai mezzi di cui disponiamo per far dire la verità, dopo aver protestato a lungo la sua innocenza e dopo aver pronunciato numerosi giuramenti falsi, è stata giudicata colpevole di tutti i reati di cui era stata sospettata. Faceva cadere la grandine sui campi di quelli che odiava, faceva marcire il grano grazie ad una nebbia pestilenziale, e gelare le vigne.
Provocava malattie mortali ai buoi e alle pecore dei suoi vicini per i benefici che ciò le dava. Per lo stesso motivo provocò la morte delle sue zie, in quanto doveva essere l'erede, esponendo a fuoco lento, moderato, delle immagini di cera vestite con qualche loro camicia, in modo che la vita di quelle donne disgraziate si consumasse man mano che le due statue fondevano nel braciere".