Powered By Blogger

lunedì 18 marzo 2019

L'Appello dei Liberali a Ferdinando II, Re delle Due Sicilie, dicembre 1847

Stampa del 1855 - Fonte: Wikipedia

L'APPELLO recava le firme di 32 Piemontesi e 34 Romani.
L'APPELLO così drammaticamente suonava:
"Sire ! Non sudditi di Vostra Maestà, ma Italiani d'altre province ed interessatissimi così al bene dei vostri popoli, della vostra corona e della nostra Patria comune, noi ci accostiamo in intenzione al Vostro trono, o Sire, per supplicarvi di volere accedere alla politica di Pio IX, di Leopoldo e di Carlo Alberto; alla politica italiana, alla politica della Provvidenza, del perdono, della civiltà, della carità cristiana.
"Sire, l'Italia vi aspetta, l'Europa vi guarda, Iddio vi chiama oramai. Noi non entriamo in memorie d'altri tempi; noi sappiamo che Iddio misericordioso tiene conto di ciascuno delle sue difficoltà, degli stessi incitamenti, e delle buone intenzioni nell'operare o anche errare. E sappiamo che in terra, come in cielo ogni uomo rimane poi giustificato o no, secondo se furono gli ultimi fatti determinanti della sua vita.
"Ed ora, o Sire, Voi siete giunto al punto culminante, all'atto sommo della vita vostra, al fatto principale in quella che vi resta; ora non può rimaner dubbia la vostra coscienza, poiché dubbio non è il volere della Provvidenza.
Guardate su, lungo tutta l'Italia, alla gioia dei popoli risorti, alla soddisfazione dei principi autori delle risurrezioni, alla unione reciproca, alla pace, alla innocenza, alla virtù di tutti questi fatti nostri, benedetti dal Pontefice, ribenedetti dal consenso di tutta la Cristianità; e giudicate Voi se noi facciamo una stolta ed empia rivoluzione, semmai anzi una buona, santa, felicissima mutazione assecondante i voleri di Dio !
"Sire, il vostro obbedire a tali voleri, il vostro accedere a tale mutazione, la farà più facile, più felice, più moderata che mai; ed aggiungendo un secondo al primo terzo di Italiani già risorti costituirà risorta in gran maggioranza la Nazione nostra; la farà inattaccabile dai nemici, indipendente dagli stessi amici stranieri, libera e tetragona in sé; le darà forza e tempo di svolgere pacatamente tutta l'ammirabile opera sua; farà, insomma, i destini d'Italia, quanto possa farsi umana cosa, assicurati.
"Ricuserete Voi, all'incontro, di seguire la fortuna, la virtù d'Italia ? Allora, o Sire, rimarrebbero sbarrati sì nella loro magnifica via, ma non tolti di mezzo per ciò, i destini Italiani.
Non può, non può l'Italia rimanere addietro, diversa, contraria dalla civiltà cristiana onnipotente e trionfatrice, non che di tutti questi piccoli ostacoli interni, ma di tutte le potenze umane, di tutti i popoli, di tutte le civiltà cristiane.
Quali che siano, ora o domani, i nemici o i freddi e falsi amici d'Italia, l'Italia piglierà il suo posto nel trionfo delle nazioni cristiane.
Ma forse, come già avvenne, gli ostacoli abbrevierebbero la via; forse (che Dio nol voglia!) il rifiuto Vostro troncherebbe immediatamente con la violenza le questioni più importanti del risorgimento Italiano !
Se non che questo ne resterebbe forse guastato; forse non rimarrebbe più, come è finora, incolpevole, santo, unico al mondo e nel corso dei secoli !
E, perciò, o Sire, noi gridiamo dall'intimo del cuore e dell'anima nostra: Dio nol voglia ! Dio nol voglia ! E perciò noi, Italiani, indipendenti da Voi, ci facciam supplici a pregare, dopo Dio, Voi che nol vogliate"
.

da Cultura-Barocca



domenica 10 marzo 2019

Merlin Cocai

Cappella funeraria di Teofilo Folengo - Fonte: Wikipedia
Teofilo Folengo, per Aprosio il "Principe dei Maccheronici", fu figlio di un notaio mantovano e ottavo di nove fratelli. Il nome di battesimo era Gerolamo e nacque a Mantova nel 1491 (1496 secondo alcuni studiosi). 

Insieme ad altri dei suoi fratelli venne avviato alla vita religiosa sin dal 1508, assumendo il nome di Teofilo, ma scrivendo anche sotto diversi pseudonimi tra cui quello di Merlin Cocai. 

Visse in diversi conventi del Veneto fino al 1524, anno in cui uscì dall'Ordine benedettino per diventare precettore privato dei figli di Camillo Orsini e stabilirsi a Venezia. 

Folengo coltivò assiduamente il genere maccheronico-goliardico, che aveva all'epoca largo seguito nella cultura veneta, riscattandone il carattere di esercizio parodistico ed elevandolo a strumento stilistico-letterario vero e proprio. Attraverso un linguaggio personalissimo che è un impasto tra forme del latino classico e lessico dialettale, questo originale scrittore riuscì a dare un ritratto assolutamente anticonvenzionale della realtà sociale del suo tempo. 

Fonte: Wikipedia
La sua opera più nota è l'Opus maccaronicum o Maccheronee, raccolta in quattro redazioni piuttosto diverse tra loro (1517; 1521; 1539-40; 1552 postuma); contiene: Zanitonella, narrazione dell'amore non corrisposto di Zani per Tonella; Moscheide, poema eroicomico sulla guerra tra le mosche e le formiche; una serie di epigrammi; il Baldus, poema in esametri sulle avventure di Baldo, discendente di Rinaldo. Quest'ultima opera ebbe un'influenza sull'opera di Rabelais. 

Folengo morì nel 1544 a Campese (Bassano del Grappa, Vicenza).

da  Cultura-Barocca


mercoledì 6 marzo 2019

Airole (IM) - colline



Uno stralcio dal Malleus Maleficarum

In uno dei caposaldi dell'INQUISIZIONE e della CACCIA ALLE STREGHE, il MALLEUS MALEFICARUM si legge: "Il modo in cui si compie la professione sacrilega, in base ad un PATTO DI FEDELTA' esplicito con i vari diavoli, è vario a seconda delle diverse pratiche cui attendono le stesse STREGHE per fare le loro stregonerie.
Per la comprensione di questo fatto dapprima bisogna premettere che ci sono TRE TIPI DI STREGHE, come si è accennato nella prima parte del trattato, cioè quelle che procurano lesioni, ma che non sono capaci di curare, quelle che curano, ma che, per un singolo patto intrapreso con il diavolo, non procurano lesioni, e quelle che procurano lesioni e curano.
Tuttavia, fra quelle che procurano lesioni, vi è un tipo superiore agli altri, e quelle che sono di questo genere sanno perpetrare tutte le dtverse stregonerie che le altre esercitano singolarmente.
Percio descrivendo la loro professione, si fa luce abbastanza anche sulle altre specie.
Vi sono certe che, contro l'inclinazione della natura umana e persino di tutte le belve, sono solite DIVORARE E MANGIARE I BAMBINI della propria specie.
Questa è la SPECIE SUPREMA nel compiere le stregonerie: queste sono infatti quelle che procurano altri innumerevoli danni.
Infatti esse scatenano grandinate, venti dannosi con fulmini, procurano sterilità negli uomini e negli animali, i bambini che non divorano li offrono ai diavoli, come apparve sopra, o li uccidono in altro modo.
Ma questo accade ai bambini non rinati nel fonte battesimale, mentre quelli che divorano sono rinati, come sarà chiaro, e ciò non senza il permesso di Dio.
Sanno anche gettare bambini nell'acqua quando vi camminano vicino, senza che nessuno le veda e al cospetto dei genitori; far imbizzarrire i cavalli sotto i cavalieri, passare da un luogo all'altro nell'aria sia corporeamente, sia immaginariamente, far cambiare le disposizioni dei giudici e dei magistrati affinchè non siano in grado di nuocere loro, procurare a sè e agli altri il silenzio durante i tormenti scatenare un gran tremito nelle mani e negli animi di coloro che le catturano, manifestare ad altri cose occulte, e predire alcuni avvenimenti futuri per informazione dei diavoli, quelli cioè che possono avere una causa naturale, scorgere le cose assenti come se fossero presenti, mutare le menti degli uomini verso un amore o un odio disordinati; e ancne dar mortre per un colpo di fulmine chiunque vogliano, sia uomini sia animali, privare della potenza generativa oppure della potenza di coito, procurare l'aborto, uccidere i bambini nell'utero della madre con il solo contatto esterno, e anche con il solo sguardo senza contatto, ed eventualmente stregare uomini e animali e dar loro la morte, dedicare ai diavoli i propri figli; in breve sanno procurare, come è stato premesso, tutte quelle cose pestifere che le altre streghe fanno singolarmente, quando la giustizia di Dio permette che avvengano tali cose.
Dunque quelle che appartengono a questo GENERE SUPERIORE sanno perpetrare ciò, ma non in senso contrario.
Questo tuttavia è comune a tutte: praticare sporcizie carnali con i diavoli.
Pertanto dal modo di professare di quelle che appartengono al GENERE SUPERIORE, facilmente si potrà capire il modo delle altre streghe.
Furono tali recentemente alcune, trent'anni fa, nei CONFINI SABAUDI, verso il dominio di Berna, come racconta Nider nel Formicarium.
Mentre ora, nei CONFINI DELLA LOMBARDIA, verso il dominio del duca d'Austria, dove appunto l'inquisitore di Como, come si eè trattato nella parte precedente, in un anno fece bruciare quarantuno streghe, e cio avvenne nell'anno del Signore 1485, e ancora oggi si affatica in una continua inquisizione.
Il modo dunque di professare è di due tipi.
Uno SOLENNE, per somiglianza al voto solenne, e l'altro PRIVATO, che può essere fatto al diavolo, separatamente, in qualunque momento.
Il SOLENNE ha luogo tra loro, quando le streghe si riuniscono in adunanza a una data stabilita; vedono il diavolo che ha assunto figura umana, il quale le esorta a serbargli sempre fedeltà, con abbondanza di beni temporali e lunga vita, allora le presenti gli raccomandano una novizia affinché la accolga.
Il diavolo chiede se voglia rinnegare la fede, il culto cristiano, la DONNA IMMENSA (così infatti denominano la beatissima VERGINE MARIA) e se non intenda più venerare i sacramenti: dopo aver trovato la novizia o il discepolo disposti a farlo di loro volontà, allora il diavolo stende la mano e a sua volta il discepolo o la novizia, levando la mano, promette di osservare i PATTI.
Allora il diavolo, ottenute le cose promesse, aggiunge subito che non bastano e, quando il discepolo chiede cos'altro ci sia da fare, il diavolo chiede l'OMAGGIO che consiste nell'appartenergli nell'anima e nel corpo per l'eternità e nel volere, per quanto più possibile, associare a sè chiunque altro, dell'uno e dell'altro sesso.
Aggiunge poi che gli si preparino certi UNGUENTI, tratti dalle OSSA E DALLE MEMBRA DI BAMBINI, soprattutto di quelli RINATI NEL FONTE BATTESIMALE, per mezzo dei quali e con la sua assistenza, potranno eseguire tutte le sue volontà."

da Cultura-Barocca


venerdì 1 marzo 2019

Su Gaio Valerio Flacco, autore de Le Argonautiche

Gustave Moreau, Giasone e Medea, 1865 (Museo d'Orsay, Parigi, Francia) - Fonte: Wikipedia
Gaio Valerio Flacco, morto forse nel 93, fu un poeta che visse sotto gli imperatori Vespasiano, Tito e Domiziano.

Poche sono le notizie circa la sua vita. Flacco è stato identificato come nativo di Padova ed amico del poeta Marziale. Si sa, inoltre, che fu membro del collegio dei quindici guardiani dei libri sibillini . 
In uno dei manoscritti vaticani è identificato anche come Setino Balbo, il che farebbe dedurre le sue origini presso Setia nel Lazio. 

Il solo scrittore antico che lo cita è Quintiliano, che lamenta la sua prematura e recente scomparsa come una grande perdita; poiché Quintiliano terminò la sua Institutio Oratoria verso il 90 dopo Cristo, si deduce che la sua morte debba essere avvenuta in quel periodo.

Il suo capolavoro, Le Argonautiche, dedicato a Vespasiano per le sue conquiste in Britannia, fu scritto durante la vittoria sugli ebrei in rivolta, e distruzione di Gerusalemme, da parte di Tito nel 70. 

Pare che l'eruzione del Vesuvio (79) lo abbia tenuto a lungo occupato nei riguardi della stesura del suo poema. 

Le Argonautiche è un poema epico in otto libri sulla conquista del Vello d'oro. Il poema ci è stato tramandato in modo molto frammentato, e finisce bruscamente con la richiesta di Medea di accompagnare Giasone nel suo viaggio verso casa. Non si sa esattamente se l'ultima parte dell'opera è stata perduta o se non fu scritta affatto. Le Argonautiche sono una libera imitazione e in parte traduzione del lavoro omonimo di Apollonio Rodio, già famoso presso i Romani nella versione di Publio Terenzio Varrone Atacino. 

L'oggetto dell'opera di Gaio Valerio Flacco è la glorificazione di Vespasiano per aver reso più sicuro l'impero romano alla frontiera britannica e per avere favorito i viaggi nell'Oceano (allo stesso modo in cui l'Eusino fu aperto dalla nave Argo).

Molti hanno stimato lo stile di Flacco, e alcuni critici hanno sottolineato la sua vivacità nelle descrizioni e nella resa dei personaggi. La sua dizione è pura, il suo stile corretto, i suoi versi sono lineari, sebbene monotoni. D'altro canto, egli manca di originalità, e la sua poetica, sebbene libera da grandi difetti, è artificiale e troppo elaborata. Il suo modello fu Virgilio, a cui egli fu molto inferiore in gusto e lucidità. Le sue esagerazioni retoriche lo rendono difficile da leggere, il che fa comprendere la sua impopolarità nei tempi antichi.

da Cultura-Barocca