Powered By Blogger

martedì 6 febbraio 2018

Aleramici, Arduinici, Obertenghi

Sottomissione di Berengario d'Ivrea all'imperatore Ottone I. Manuscriptum Mediolanense, circa anno 1200 - Fonte: Wikipedia
Nel contesto delle trasformazioni di epoca medievale, susseguenti al ruolo di primo piano assunto dai Franchi, soprattutto nel periodo di splendore delle dinastie dei MEROVINGI e quindi dei CAROLINGI, non si può trascurare la citazione dello sviluppo amministrativo, socio-politico e giurisdizionale del territorio francese prima e successivamente imperiale.
L'essenza delle evoluzioni, che in Europa occidentali segnarono davvero la fine della civiltà antica ed aprirono il pieno passaggio verso la grande epoca feudale, è comunque da collegare al fiorire della dinastia francese dei CAPETINGI che fu alla radice di grandi trasformazioni socio-amministrative che coinvolsero anche l'ITALIA.
Per il nord-ovest della penisola italiana risultò comunque già particolarmente rilevante la riorganizzazione amministrativa in tre grandi MARCHE del territorio ligure e pedemontano, precisamente l'ARDUINICA, l'ALERAMICA e l'OBERTENGA, venutesi a sviluppare per IDEAZIONE DEL RE D'ITALIA BERENGARIO II e nel contesto di una progettazione eminentemente militare e di fini antisaraceni.

Berengario II, Marchese d'Ivrea, figlio di Adalberto d'Ivrea, fu nipote di BERENGARIO I, ed apparteneva ad una delle potenti casate delle quali Ugo re d'Italia aveva sancito la fine violenta per ristabilire il potere centrale della monarchia nel territorio della penisola. Quando Ugo impegnò il massimo delle sue forze contro le famiglie italiche ostili al rafforzamento dell'istituzione regia, Berengario, che era stato esiliato in Germania, venne richiamato in patria dai nemici del re: quest'ultimo, rimasto imprevedibilmente senza alcun appoggio politico (e militare) in Italia, si rifugiò in Provenza abdicando a favore del figlio Lotario nel 945.
Berengario, re di fatto, lo divenne pure di diritto, in compagnia del figlio Adalberto allorché Lotario morì nell'anno 950. Progettando un consolidamento del suo potere, Berengario imprigionò Adelaide, vedova di Lotario, e si trovò quindi a rivestire il titolo di re senza rivali, seppur nel periodo di estrema debolezza istituzionale dello Stato in Italia, vista in particolare la gravissima e irreversibile crisi degli ordinamenti carolingi: anche per queste ragioni e ridare un nuovo assetto, oltre che un equilibrio politico all'Italia feudale, Berengario ideò una sua ristrutturazione in Marche, da cui non restò esclusa la Liguria, innestata col Piemonte nel vasto, e spesso amorfo, complesso geopolitico dell'Italia nord- occidentale.
Aspirando alla corona d'Italia e quella imperiale, Ottone I di Germania scese però in Italia a sconvolgere tutti i piani di Berengario (ormai re Berengario II). e si unì in matrimonio ad Adelaide che nel contempo era fuggita dal carcere grazie all'aiuto di Adalberto Atto di Canossa: forte dell' appoggio di una vasta serie di casate feudali e dei diritti acquisiti per via di tale matrimonio politico Ottone I fu in grado di trasformare Berengario II in un suo vassallo nell'anno 952.
Con la seconda discesa in Italia, avvenuta nel 961, Ottone I divenne imperatore (962) ed immediatamente intraprese una dura guerra contro Berengario II, guerra che si concluse solo dopo la resa della rocca di San Leo nel Montefeltro (963), dove Berengario si era rifugiato con le sue forze: l'ex re d'Italia fu quindi inviato prigioniero in Germania con la moglie dove, pochi anni dopo morì, precisamente a Bamberga nel 966. 

Berengario I re d'Italia ed imperatore: già marchese del Friuli, fu uno dei grandi feudatari, italici e transalpini, che si scontrarono alla conclusione del periodo carolingio per acquisire sia la corona d'Italia che quella imperiale. L'incertezza politica e la fragilità estrema delle istituzioni dell'epoca obbligarono Berengario, divenuto re d'Italia nell' 888, a dividere il governo dello Stato con Guido di Spoleto e poi con il figlio di quest'ultimo Lamberto. In pratica il territorio della penisola venne diviso e a Berengario, per quanto legittimo sovrano, spettò soltanto il controllo della porzione nord-orientale d'Italia. Alla morte di Guido (894) e quindi di Lamberto (898) Berengario divenne re unico d'Italia e nel 915 assunse anche la dignità imperiale. Berengario partecipò sempre in prima persona alla politica italica e soprattutto impegnò tutte le proprie energie per la sopravvivenza del vacillante potere regio sistematicamente messo in crisi da un inarrestabile processo disgregante delle sue stesse basi istituzionali. In questo tempo si andava verificando una lenta ma costante decadenza dei conti, che in fondo garantivano l'ossatura portante di questo genere di Stato feudale, e di converso si andava affermando vieppiù il potere temporale, oltre che spirituale, dei vescovi. A costoro Berengario I si trovò obbligato a concedere varie prerogative pubbliche, soprattutto in dipendenza delle pesantissime devastazioni ungariche (899): in relazione a ciò venne indebolito l'assetto della pubblica amministrazione, compresa l'autorità regale stessa, e l'ordinamento statale carolingio accelerò la sua già intrapresa decadenza istituzionale. Nel 923 Berengario patì una pesante sconfitta militare, ad opera del potente Rodolfo di Borgogna, a Fiorenzuola d'Arda, nel Piacentino, che fu una delle più sanguinose battaglie dell'epoca. Dopo solo un anno il re morì assassinato a Verona per opera di una congiura locale ordita da un funzionario minore e in qualche modo la sua morte divenne il simbolo del sopravvento delle forze disgregatrici del particolarismo postcarolingio a scapito della stessa istituzione monarchica.

ALERAMICI: famiglia nobiliare che amministrò una delle quattro parti in cui, verso metà del sec. X, era stata suddivisa la grande marca d'Ivrea formatasi a fine secolo IX nel Piemonte e governata dagli Anscarici.
Gia prima del trionfo dell'imperatore Ottone I sul marchese d'Ivrea e re d'Italia Berengario II (963) Aleramo, il capostipite degli Aleramici, è indicato quale marchese in un atto che fu steso verisimilmente tra il 958 ed il 961.
La famiglia aveva posto le sue basi nel territorio del Monferrato, sino ad Acqui ed a Savona, alterando la struttura dell'antica marca eporediese, in forza anche di conquiste ed integrazioni territoriali.
Dopo la morte nel 991 di Aleramo , la marca venne divisa fra i suoi eredi e figli Anselmo, che ottenne il territorio di Savona, e Oddone, cui spettò il Monferrato.
Nei secoli XI e XII la marca aleramica si frazionò ulteriormente in vari distretti controllati da altrettante famiglie discendenti dal ceppo originario, conseguentemente al fenomeno di dissoluzione dei grandi gruppi parentali, alla distribuzione delle cariche ai soli discendenti maschili ed al loro radicamento ad ambiti circoscritti, provinciali e subprovinciali.
Siffatti distretti ebbero vita lunga nelle mani dei discendenti degli Aleramici.
Si possono rammentare tra i distretti di principale rilievo Savona, Saluzzo, il Monferrato, dove nel 1305 subentrarono i Paleologi nella persona di Andronico al quale il marchesato era giunto attraverso la moglie Violante, sorella di Giovanni I, ultimo aleramico maschio monferrino.

ARDUINICI: si trattò di una grande casata di rango comitale e marchionale attiva in Piemonte nei secoli X e XI.
Propriamente essi si affermarono come "uomini nuovi" rispetto alla vecchia feudalità ma, grazie a capacità non comuni di iniziativa politica e di diplomazia, rapidamente divennero titolari di una delle quattro grandi compagini politiche nate dalla frantumazione della vasta ed antica marca d'Ivrea.
Giunti in Italia all'inizio del sec. X gli Arduinici si posero al servizio di Rodolfo, conte di Auriate, un comitato posto, secondo l'interpretazione degli storici, nella fascia meridionale della diocesi di Torino.
Rogerio e Arduino raggiunsero presto la titolatura vassalli di Rodolfo e gli ARDUINICI crebbero in potenza sveltamente sino al punto che Rogerio succedette a Rodolfo nella carica, sposandone la vedova, da cui gli nacquero due figli, Rogerio II, che diede in moglie la figlia Guntilda ad Amedeo, figlio di Anscario II d'Ivrea, e Arduino il Glabro, che risulta menzionato nel 964 come marchese, ed il cui figlio, Manfredo sposò una figlia del capostipite dei Canossa, Adalberto Atto, da cui ebbe una figlia che diede i natali ad Arduino re d'Italia.
Gli Arduinici ebbero così successo in una celere scalata ai massimi vertici della nuova e potente feudalità italica del "secolo di ferro": dopo il comitato ottennero infatti una marca (o marchesato) e si imparentarono gradualmente con tutte le piu importanti casate del loro tempo.
Vari elementi concorsero alla rapida ascesa di questa nuova e vigorosa feudalità: senza dubbio vi concorsero il valore militare e la spregiudicatezza economica che le era unanimemente riconosciuta ma un peso non indifferente nel suo fortunato progredire ebbe anche la grave crisi del potere centrale.
Il centro pulsante della loro marca era costituito dai comitati di Auriate e Torino ma a questi via via si unirono altre basi di indubbio prestigio, come i comitati di Alba, Albenga, Asti, Ventimiglia.
Nel territorio di Asti il potere della Casata fu invece in qualche modo frenato dalla giurisdizione che il potente vescovo locale aveva, sulla città e sull'area suburbana, per due miglia destinate a diventare poi quattro in funzione di una concessione imperiale del 1041.
Con Olderico Manfredo (morto nel 1034) la Casa marchionale prese possesso dell'importante base di Ivrea (1015).
Successivamente la marca pervenne a sua figlia Adelaide (destinata ad acquisire importanza in Liguria occidentale per varie donazioni che fece alla Chiesa), che in terze nozze sposò Oddone di Savoia: ad Adelaide non sopravvissero però figli maschi sì che alla sua morte, avvenuta nel 1091, i possedimenti arduinici si frammentarono in varie strutture di matrice feudale.

OBERTENGHI: sono chiamati in tale modo i discendenti da un Oberto, vissuto nel secolo X, dapprima conte di Luni, poi investito da Berengario II, probabilmente nel 951, della marca della Liguria orientale comprendente i comitati di Genova, di Tortona, di Bobbio, di Luni e, forse, anche quello di Milano. Questo Oberto discendeva da Suppone, duca di Spoleto e conte palatino e, dal817, conte di Brescia. Fu dapprima seguace di Berengario II ma se ne staccò per accostarsi a Ottone I, che, sceso in Italia, lo reinvestì della marca. Ebbe parecchi figli, fra cui Adalberto e Oberto II.
Quest'ultimo diede i natali a Ugo, Alberto Azzo e Oberto Obizzo I che parteciparono col padre alle lotte arduiniche contro Enrico II.
Sconfitto Arduino, furono condotti prigionieri in Germania, ma riuscirono a fuggire e a ristabilire il loro dominio.Sotto i loro discendenti il casato si frazionò sempre più in vari rami, alcuni dei quali ebbero nella storia un posto di rilievo.
Per esempio i discendenti di Oberto Obizzo I diedero origine ai Malaspina mentre quelli di Alberto Azzo agli Estensi.
Da Adalberto I, figlio di Oberto I, discesero invece i Pallavicino, i Cavalcabò, i marchesi di Massa-Parodi, di Massa-Corsica, di Gavi. 
La COMPAGNA fu un'associazione medievale genovese sorta tra fine XI sec. e primi del XII in seguito alla scomparsa della Marca Obertenga.
A prescindere dalla peculiarità dell'essere fenomeno tipico di Genova la COMPAGNA è espressione tipica dell'associazionismo medievale, mezzo idoneo a difendere le comunità dei liberi dall'oppressione feudale.
Gli statuti della Compagna son posteriori al 1100 ed i principali si datano del 1157.
La Compagna era un'associazione volontaria e giurata cui facevano parte tutti gli uomini dai 16 ai 70 anni e la capeggiavano 8 consoli.

da Cultura-Barocca