Powered By Blogger

sabato 12 dicembre 2015

Il Pok-a-tok degli Amerindi

  "In questo modo giocavano gli INDI, con una palla gonfiata che colpivano con il deretano abbassandosi fino a terra. Una pelle rigida, per consentire un solido rimbalzo della palla, ricopriva le parti posteriori. Portavano anche dei guanti di pelle". COME SI VEDE, NELL'IMMAGINE SOPRA PROPOSTA fatta con disegno a penna colorato all'acquerello, ora nel CODICE CHE DA LUI HA PRESO NOME (conservato al Museo di Norimberga), Cristoph Weiditz (nel XVI secolo al seguito di CORTEZ e dei CONQUISTATORI SPAGNOLI) verisimilmente ha rappresentato la prima PALLA DI CAUCCIU' nota nel mondo. All'epoca, data la SCOPERTA DI UN NUOVO MONDO era comune che tra i "Conquistadores" vi fossero personaggi deputati ad effigiare immagini che si sarebbero potute disperdere con le guerre = rimane emblematico ed enigmatico anche questo RITRATTO DAL VIVO DELL'ULTIMO IMPERATORE INCA.
Con la PALLA DI CAUCCIU', molto più efficiente delle PALLE E DEI PALLONI (realizzati comprimendo stracci od usando pelli animali diversamente riempite e quindi ben cucite) utilizzati in molti dei GIUOCHI STORICI DI CUI QUI SI PROPONE UN ESAURIENTE INDICE TEMATICO variamente in uso in Europa, gli Amerindiani giocavano in grandi SFERISTERI OVE SI PRATICAVA UNA SORTA DI GIUOCO SACRO DETTO "POK-A-TOK", DAGLI EUROPEI PRESTO DEFINITO "GIUOCO DELLA PALLA".
Può sorprendere come, anche, alla base del loro tipo di PALLONE e della loro ABILITA' risiedette l'affermazione, con crescente successo anche per le rappresentazioni ludiche anche come giocolieri con altri attrezzi cui furono costretti come schiavi ad esibirsi dietro compenso a pro dei padroni in Europa dai talora criminosi MARCANTI DI MERAVIGLIE nelle Corti ma poi anche nelle Piazze in occasione di Fiere e Mercati.
All’interno dello Stadio o più propriamente Sferisterio (molte città ne avevano, questo è per molti lati il più celebre ovvero lo sfristerio di "Chichen Itza" il cui toponimo è traducibile nel significato “Alla bocca del pozzo degli Itza) veniva praticato il gioco del Pok-a-Tok ossia il gioco della palla: su cui esistono, con qualche lacuna documentaria, interpretazioni anche divergenti, seppur senza grosse distinzioni ma che non aveva tanto una valenza ludica come per gli stadi od anfiteatri allestiti già ai tempi di Roma ma che comportava forti valenze religiose e mistiche connesse con valenze sia strologiche che astronomiche. Il campo da gioco raffigurava la Terra mentre la palla simboleggiava il Sole di maniera che la palla cadeva era come se al Sole non fosse concesso di risorgere dalle Tenebre e dar vita al mondo.
Nel gioco, se così vogliamo chiamare quella che primieramente era una cerimonia, si affrontavano due squadre rispettivamente costituite da sette giocatori che dovevano far passare la palla negli anelli (uno di questi si vede nell'immagine proposta) utilizzando i gomiti, i polsi, le cosce e le mani (sull'uso delle mani con verosimiglianza i narratori antichi non concordano).
La palla, che era di caucciù, superava i cinque chilogrammi di peso, per cui la vittoria era sempre e comunque una sorta di impresa nel corso della quale nell'interpretazione di Pietro Martire d'Anghiera testimone oculare ai tempi della Conquista del Nuovo Mondo il capitano della squadra vincitrice avrebbe avuto diritto a tutti i vestiti e gioielli degli spettatori mentre all'opposto il capitano della squadra sconfitta avendo alterato gli equilibri universali, anche facendo cadere a terra la palla, sì da consegnarla all'oscurità e alle tenebre invece che al sole sarbbe stato sacrificato agli Dei.
Qui nell'immagine dello sferisterio della celebre città maya di Cichen Itza ai lati estremi del campo si vedono i resti di due templi uno dedicato al Sole e uno alla Luna: obbiettivamente anche in questo gioco sacro sussisteva una sorta di religione (cultura) del sangue che gli Aztechi ebbero in comune con i Maja e che applicarono a pro degli Dei del loro immenso Pantheon (vedi qui da testo antiquario l'elenco delle divinità).
Il gioco, inteso dagli Europei come un processo esclusivamente ludico, non aveva però l'innocente funzione che gli si attribuiva e che fece ritenere gli indigeni precolombiani dei provetti giocolieri: esso rientrava in un complicato SISTEMA RELIGIOSO proprio dell'arcana CULTURA SPIRITUALE DEL SANGUE. Quando se ne avvidero, i conquistatori europei fecero rientrare anche questo "giuoco rituale" nel contesto delle RELIGIONI PRECOLOMBIANE CONNESSE AL CULTO: PER DEI SANGUINARI, DAI CONNOTATI DIABOLICI, STREGONESCHI E VAMPIRESCHI. Assieme ad altre aspetti delle civiltà amerindiane OGNI COSA DISTRUSSERO FIN ALLA RADICE; ancora una volta trassero il destro per annegarla, con le splendide città di cui faceva parte, in una efferata tragedia di sangue poco connessa alla soppressione di qualche barbara ritualità, quanto primieramente motivata dalla frenesia di trovare sempre nuove motivazioni per far conquista e arricchirsi smodatamente. Non a caso i GIOCOLIERI AZTECHI non furono lasciati in AMERICA O NELL'ANAHUAC nella CONDIZIONE DI SCHIAVI LAVORATORI, ma per sfruttare la loro perizia vennero sì schiavizzati per essere venduti a MERCANTI DI MERAVIGLIE,  ONDE ESSER ESIBITI IN EUROPA NELLE PIAZZE MA ANCHE NELLE CORTI QUALI FENOMENI DA BARACCONE PER IL LORO FUNAMBOLISMO NEL TRATTARE LA PALLA.
Le ragioni formali di questa distruzione sono qui leggibili per intiero nelle "LETTERE DI FERDINANDO CORTES AL SERENISSIMO ED INVITTISSIMO IMPERATORE CARLO V INTORNO AI FATTI DELLA NUOVA SPAGNA O MESSICO anche se le sue affermazioni (si VEDA DOVE SCRIVE DEI TEMPLI E DELLA RELIGIONE AZTECA) sono state abbondantemente riviste da storici e studiosi.