Nell'immagine (incisione da
Cultrivori Prussiaci curatio singularis di DANIEL BECKER
edito a Lione nel 1640) è riprodotto un singolare caso: l'asportazione
di un coltello ingoiato per un singulto da un contadino prussiano mentre
si cercava di aiutarlo a liberarsi col vomito del troppo cibo
ingurgitato: l'operazione chirurgica che lo salvò fu all'avanguardia per
l'epoca. All'epoca però si riteneva che il vomito di oggetti solidi e
insoliti fosse soprattutto una caratteristica di INDEMONIATI e POSSEDUTI
indotti a rigettare siffatti materiali incredibili e quindi DIABOLICI
in forza di un procedimento di ESORCISMO.

Sugli esorcismi scrive Antonio Zencovich (pp. 97 sgg.): "dalla Controriforma,
in seguito all'inasprirsi della demonizzazione degli istinti, in
particolare di quelli sessuali, cresceva in misura diretta il numero
degli individui posseduti. Si sviluppò di conseguenza una significativa domanda di pubblico,
da parte dei religiosi preposti a simili conforti; essa portò al
proliferare di testi che, pur mantenendosi nel rispetto dell'ortodossia,
proponevano formule inedite, delle quali gli autori vantavano una
superiore efficacia rispetto a quelle già esistenti. Si parlava perciò di esorcismi terribili e potentissimi, scongiuri formidabili, rimedi efficacissimi per scacciare gli spiriti maligni,
promettendo efferatezze varie ai danni del nemico, a base di fruste (o
bastoni) e flagelli per diavoli, così come suonavano alcuni titoli dello
specialista GIROLAMO MENGHI.
Tutto, peraltro, si esauriva nel campo della retorica: si trattava di
orazioni di particolare veemenza in grado, talvolta, di conseguire un
effetto suggestivo su chi veniva fatto oggetto dell'intervento.
L'esorcismo poteva costituire, per esprimersi secondo concetti moderni, una forma più o meno inconsapevole di psicoterapia.
Ma a quel tempo l'interpretazione era diversa e si riteneva che gli
scongiuri agissero in maniera concreta sull'invasore il quale,
terrorizzato dagli improperi e dalle minacce, decideva di sgomberare dal
corpo della vittima."
Talvolta il rito serviva a risolvere sospetti casi di stregoneria.
Infatti, sebbene il patto col demonio non implicasse automaticamente di
esserne posseduti, la pratica delle arti magiche era una delle
condizioni che favorivano l'ingresso dei diavoli nei corpi degli umani.
Perché, se qualche volta la causa di un infortunio del genere era
involontaria, come nel caso di chi finiva vittima di un maleficio, più
spesso si trattava di azioni deliberate, fatte con piena consapevolezza
di rendere offesa a Dio.
Henricus Lancelotz indicava al riguardo
tredici cause più frequenti: 1) infedeltà e apostasia; 2) abuso dei
sacramenti e in particolare dell'Eucarestia; 3) blasfemia contro Dio e i
Santi; 4) frequente invocazione del nome del demonio; 5) studio della
necromanzia, chiromanzia, idromanzia e altre arti proibite; 6) forte
perturbazione dovuta all'ira; 7) maledizione da parte dei genitori; 8)
ozio e accidia; 9) invidia; 10) tristezza; 11) superbia; 12) libidine
sfrenata; 13) curiosità eccessiva.
Per riconoscere gli indemoniati si doveva osservare la presenza di sintomi specifici, descritti nei manuali per esorcisti, come l'
Exorcismarium in duos libros dispositum (1639) di Ilario Nicuesa.
Il principale consisteva nel possedere poteri che andavano oltre i
limiti umani: essi mostravano perciò una forza prodigiosa, muovevano
oggetti da lontano, parlavano lingue sconosciute, erano in grado di
predire il futuro o interpretare alla perfezione brani musicali, pur
essendo digiuni di quell'arte.
Inoltre rifuggivano da ciò che avesse
a che vedere con la religione, come le chiese, le tombe dei Santi e le
loro reliquie: facilmente, davanti a esse, erano colti da accessi d'ira e
sudori freddi.
Accusavano inoltre dolori che cambiavano di posto,
correndo lungo il corpo, quando si facevano il segno della Croce. Non
pronunciavano i nomi aventi a che fare con la divinità o, tentando di
farlo, balbettavano e non riuscivano a terminarli. Soffrivano
nell'ascoltare discorsi di religione, funzioni sacre e letture dei
Vangeli. Quando un sacerdote li toccava sul capo, avvertivano un gran
senso di pesantezza e, sempre davanti a un ministro di Dio, erano colti
da brividi e si muovevano
come rane e serpenti. Erano oppressi da visioni orribili e turpi, accompagnate da sgomento e tremore.
Amavano i luoghi bui e solitari e rifuggivano dalla luce. Senza ragione
si davano a fughe improvvise, si percuotevano coi sassi o si davano
fuoco.
E ancora: battevano i denti, emettevano versi ferini e avevano
la schiuma alla bocca come cani rabbiosi. Mostravano occhi lucidi e
spaventati, erano colti da terrori repentini, spesso si strappavano le
vesti e si laceravano la pelle. Facilmente perdevano i sensi o erano
colti da profondo sopore, soprattutto davanti a oggetti sacri;
pronunciavano frasi senza senso e deliravano. A volte si rifiutavano
ostinatamente di mangiare e sopportavano inedie lunghissime; altre
invece, erano colti da fame vorace. Opprimevano del proprio odio gli
amici, soprattutto quando questi si dedicavano a pratiche religiose.
Immotivatamente piangevano, spesso senza rendersene conto.
Quando, ricorrendo tali segni o almeno alcuni di essi, ci si convinceva di trovarsi davanti a un
posseduto, l'esorcista lo interrogava, rivolgendosi allo spirito maligno che gli stava dentro.
Non era però consentito addentrarsi in particolari in merito alle
frequentazioni tra l'uomo e il maligno: il sacerdote doveva evitare di
indulgere alla curiosità e limitarsi a conoscere le cose indispensabili.
Il RITO PRELIMINARE [dell'ESORCISMO STRAORDINARIO] iniziava con questa FORMULA:
Ego
indignus Sacerdos, et Minister Altissimi, auctoritate mihi tradita a
Sancta Romana Ecclesia supra inferni Principes, praecipio tibi nomine
Divinae Maiestatis, ac Domini nostri Jesu Christi...nec non imperio
potentiae Throni Sanctissimae Trinitatis, ut statim, nulla mora
interiecta et fallacia, patefacias mihi nomen tuum...
('Io, indegno sacerdote e ministro dell'Altissimo, in virtù dell'
autorità conferitami dalla Santa Romana Chiesa contro i Principi dell'
Inferno, in nome della Maestà di Dio e di nostro Signor Gesù Cristo,
nonché della potenza del Trono della Santissima Trinità, ti ingiungo di
rivelarmi subito il tuo nome, senza indugio né menzogna').
Proseguiva
poi con l'interrogatorio, formulato in latino nel testo (ma poi, al
lato pratico, pronunciato nella lingua dell'ossesso, perché se questi
non era una persona di cultura, era poco probabile che rispondesse a
tono).
'Qual è il tuo nome?' era la prima domanda rivolta all'occupante, il quale replicava per tramite della vittima.
Ovvero, a volte lo faceva, a volte no.
Nel secondo caso si riteneva che non volesse manifestarsi e ci fosse bisogno di speciali orazioni per indurlo ad ascendere in linguam.
Ma anche nella prima eventualitaà bisognava usar cautela, perché volentieri il demone declinava nomi falsi.
'In quanti siete là dentro?' chiedeva l'esorcista.
'A quale schiera dell' Inferno appartenete? Chi vi comanda? Chi sono i vostri complici (socii, ministri, fautores)?
Da quanto tempo vi trovate lì? E come ci
siete entrati? Forse per un incantesimo? E, se sì, di che tipo? E'
ancora attivo? E' stato rinnovato? In quale esatto giorno siete entrati
in questo corpo?'.
Per sapere se l'indiavolato era vittima di un maleficio, bisognava vedere se ricorrevano gli indizi caratteristici. Cioè se:
1) era di colorito pallido, giallo o verdastro;
2) aveva un senso di oppressione allo stomaco o di soffocamento;
3) vomitava dopo aver mangiato o sentiva il cibo indigesto;
4) avvertiva un dolore puntorio alla bocca dello stomaco;
5) accusava male ai reni o alla nuca;
6) era soggetto a sincope;
7) manifestava ottenebramento cerebrale;
8) pativa di oppressione di cuore e dei visceri;
9) aveva improvvisi dolori per il corpo;
10) provava una grande stanchezza;
11) si sentiva debole in ogni parte del corpo;
12) soffriva di gonfiore di ventre, con presenza di aria;
13) era malinconico e taciturno;
14) tutte le medicine che avrebbero potuto curare tali sintomi non avevano con lui alcun effetto.
Qualcuno potrebbe osservare come tali sintomi siano tutt'altro che rari
anche ai nostri giorni, in vari malanni di origine psicosomatica ma quel
tempo, pervaso di superstizione e soprattutto caratterizzato da una medicina che come si ricava dall'introduzione al Manoscritto Wenzel (vedi) era alquanto empirica e spesso incapace di determinare la causalità del male sussisteva la tendenza a
reputare la malattia come una punizione divina avverso un individuo malvagio od al contrario, mutatis mutandis, quale la conseguenza di una possessione diabolica di individui psicologicamente e spiritualmente fragili.
Ma proseguiamo col nostro
Exorcismarium.
Se
si stabiliva invece che maleficio non c'era, bisognava scoprire la
causa per cui Dio aveva consentito che il diavolo (o i diavoli) fossero
andati a cacciarsi pro prio 1ì.
A tal fine, proseguendo nell'indagine, si chiedeva agli spiriti:
1) a qual ordine angelico fossero appartenuti prima della loro ribellione a Dio;
2) in che regione del mondo Egli li avesse manda per punizione: se in
quella orientale, occidentale, meridionale o settentrionale;
3) di che natura fossero: se ignea, aerea, acquatica o terrestre;
4) quale potenza angelica li avversasse;
5) quale Santo avessero in particolare antipatia.
A questo punto colui che interrogava l'ossesso aveva in mano gli
elementi per decidere in che momento era meglio intervenire, quale
esorcista fosse più adatto al compito e dove convenisse procedere: se
era il caso di scegliere una chiesa o la tomba di un Santo.
L'ESORCISMO era un RITO COMPLESSO
che prevedeva, come nella Messa, PARTI FISSE e MOBILI, contemplando la
lettura di testi sacri, orazioni, responsori e litanie, variabili a
seconda del calendario liturgico.
Esisteva perciò, analogamente alle altre funzioni, un
exorcismarium de tempore e uno
de Sanctis: il primo ordinato nelle varie parti dell'anno, l'altro secondo i giorni in cui ricorrevano le feste dei Santi.
Dapprima si svolgeva una fase preparatoria, con l'aspersione del luogo, accompagnata dalla recita di preghiere, litanie e salmi.
Poi il sacerdote leggeva un'epistola, imponeva la mano sul capo
dell'esorcizzando, lo aspergeva con acqua benedetta e attendeva che il
demonio si manifestasse, come detto sopra,
in linguam.
Lo cingeva quindi con una stola e, se si trattava di un maleficiato, recitava una speciale formula adatta alla circostanza.
Poi gli faceva mettere le mani sull'altare, sul Vangelo o sul
Crocefisso, e costringeva il demonio a sottoscrivere un'impegnativa che,
nella formula, era abbastanza simile a un atto notarile e,
liberamente tradotto, suonava così:
Io sottoscritto diavolo di nome
Tale, di mia spontanea volontà, prometto a te, ministro di Cristo, di
dire il vero e di obbedire a quello che Dio vorrà per mezzo tuo.
Altrimenti invoco su di me l'ira di Dio stesso, che mandi contro di me
l'arcangelo Michele, il quale mi faccia prigioniero e mi getti nel fuoco
dell' Inferno, dove vedrò aumentate le mie pene di momento in momento,
fino al giorno del Giudizio.
Solo a quel punto poteva aver luogo
la procedura vera e propria, che cominciava ripetendo l'interrogatorio
di cui abbiamo già parlato, continuando per diverse pagine di scongiuri e
citazioni dall'antico e dal nuovo Testamento.
E' probabile che un'impresa del genere avesse come conseguenza
l'estenuazione fisica tanto dell'esorcista quanto dell'esorcizzato: una
circostanza utile senz'altro alla buona riuscita dell'intervento.
Però non era detto che ciò avvenisse.
C'erano infatti casi in cui i demoni si mostravano resistenti e
ricorrevano a vari espedienti per evitare di venire scacciati: si
rifiutavano con ostinazione di rispondere, o facevano in modo che la
loro vittima perdesse i sensi, cadesse in preda a convulsioni, fingesse
di addormentarsi, simulasse paura, bestemmiasse, invocasse Satana o
insultasse il sacerdote.
Per ognuno di questi casi, nonché per altri su cui sorvoliamo, erano previsti supplementi di preghiere.
In ultimo, se tutto andava bene, veniva recitata la formula detta Gratiarum actio pro demoniaco ab immundo spiritu liberato che, dopo un Te Deum di ringraziamento, ulteriori letture dai Vangeli e responsori, si concludeva con l'invettiva finale contro il Nemico in rotta:
Fuge
ab hac vita fur, serpens, Balial, scelus, mors, hiatus, draco, belua,
nox, insidiae, rabies, chaos, invide, homicida... Christus te, cum
assedis tuis nequissimis, vel in mare, vel in scopulos, vel denique in
porcorum gregem... fugam corripere iubeat, absque ullius laesione.
Proinde liget te, et vos omnes nequissimos, Deus Jehova, coerceat vos,
Deus Sabaoth, confundat vos Deus Adonay, comprimat vos Deus Sother,
conculcet vos Deus fortis, compellat vos Deus Tetragrammaton, maledicat
vos Christus Jesus, imo et sancta, atque indivisa Trinitas Trina, atque
indivisa Dei unitas, Patris et Filii et Spiritus Sancti Amen.('Esci
da questo corpo, tu, ladro, serpente, Balial, crimine, morte, abisso,
drago, belva, notte, inganno, furia, caos, invidioso, omicida. Cristo ti
costringa a fuggire, assieme aituoi pessimi settatori, o in mare, o tra
gli scogli, oppure in mezzo a un branco di porci, senza permetterti di
provocare danno ad alcuno. Poi leghi te e tutti voialtri malvagi Dio
onnipotente, vi domi Dio degli Eserciti, vi confonda Dio nostro Signore,
vi comprima Dio Salvatore, vi calpesti Dio forte, vi imprigioni Dio del
Tetragramma, vi maledica Cristo Gesù e così pure la santa e indivisa
Trinità trina e l'indivisa unità di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Amen').